I gemelli Bernardini: la memoria storica della canapicoltura italiana
Dalla saggezza dei suoi anni (portati benissimo!), Domenico Bernardini compie un ampio gesto della mano, a indicare gli stand che affollano uno dei saloni del Palacavicchi di Roma, in occasione dell’ultima edizione di Canapa Mundi: “Noi siamo il passato, ma questo è il futuro, e sta crescendo”. E’ emozionante confrontarsi con l’entusiasmo di questo giovanotto dai capelli bianchi il quale, insieme al garbato fratello gemello Settimio, da venti anni (era il 1997!) porta in giro per l’Italia (con tappe anche all’estero) una Mostra Itinerante sulla Canapa, a testimonianza di un passato e di una cultura contadina che riusciva a trarre tanto del suo fabbisogno quotidiano da una sola pianta.
“Il nostro cammino alla riscoperta della Canapa prese le mosse nel 1996, da un articolo di giornale apparso su Nuovo Consumo, a firma di Giorgio Nebbia, intitolato Declino e resurrezione della canapa“. E una copia dell’articolo era infatti esposta nello stand dei fratelli Bernardini in fiera, allestito con alcuni dei rari pezzi che compongono il Museo Itinerante: manufatti tessili e attrezzi per la macinatura della canna di canapa e la filatura delle fibre. “Un secolo fa – si legge nell’articolo – la produzione italiana della fibra di canapa arrivava a 35-40mila tonnellate l’anno”.
Le caratteristiche fondamentali di questa fibra sono: la lucentezza, la facilità di tintura, la capacità di traspirazione, che dona una sensazione di fresco, l’elevata resistenza sia alla trazione che all’usura. E’ una fibra più lignificata rispetto alla lana e perciò in passato veniva utilizzata essenzialmente per la produzione di corde, spaghi e sacchi.
Nel campo tessile domestico se ne derivavano tessuti per arredamento e per la casa come lenzuola, tende, canovacci, tappeti e stuoie. Con le qualità migliori è possibile ottenere tessuti per abbigliamento estivo, lucidi e confortevoli. I vestiti fatti di canapa erano d’uso comune nell’Europa centro-meridionale già nel XIII secolo. I tessuti di lino italiani di prima qualità, un tempo, erano fatti di fibre di canapa e lino e in alcuni casi il tessuto veniva ricavato mescolandole entrambe tra loro.
La fibra di canapa è stata, sin dal V secolo a.c., fino all’invenzione dei battelli a vapore (XIX secolo), il materiale con cui venivano tessute la maggior parte delle vele. L’Italia, per quasi un millennio, è stata uno dei maggiori produttori ed esportatori di tessuti realizzati con tale fibra; il suo miglior cliente, per oltre cinque secoli, è stata la Marina inglese.
Attraverso un paziente lavoro di recupero delle testimonianze orali di diversi anziani abitanti nel territorio di Pisoniano, in provincia di Roma, i gemelli Bernardini hanno dato vita a un volume che racconta la coltivazione e l’uso della canapa, ritornando alle “nostre radici” (come si legge nel sottotitolo del libro “La Canapa”, giunto alla sua terza edizione).
Si comprende, nella lettura, quanto la Canapa fosse vitale per l’economia contadina dell’epoca, che sapeva utilizzarla mediante attrezzi e tecniche di lavorazione oggi completamente scomparsi. Fa dunque immenso piacere vedere negli occhi dei fratelli Bernardini la scintilla di gioia e di speranza perché l’Italia recuperi almeno in parte, grazie alla nuova normativa, un tesoro vegetale del suo passato.
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