Salvare il suolo della Sardegna con la coltura della canapa
Risanamento ambientale e dei terreni contaminati da metalli pesanti. Febbraio è stato il mese della Cannabis Sativa per la Sardegna, regione dove è stato dato il via libera a un progetto reso possibile grazie a uno stanziamento regionale da 450.000 euro suddiviso in tre anni contemplato già nella finanziaria regionale 2015.
A essere interessate sono aree per un totale di 445.000 ettari nelle regioni del Sulcis-Iglesiente, Guspinese e quelle di Porto Torres che vedranno l’impianto di coltivazioni di Canapa Sativa L. Sono in corso incontri con imprenditori agricoli e proprietari terrieri per le adesioni al progetto.
La Sativa è contemplata nella recentissima legge nazionale per lo sviluppo della filiera della canapa in Italia (leggi l’articolo in merito), pianta che, fra le sue proprietà e componenti organiche, ha un bassissimo contenuto di Thc, principio attivo psicotropo per eccellenza, contenuto al massimo nello 0,6 per cento.
Come già sottolineato in merito a Roma durante l’ultima Fiera Internazionale Canapa Mundi (guarda la galleria fotografica), la canapa è preziosa per la molteplicità dei suoi utilizzi che contemplano ambiti come quello alimentare con la produzione di olio e farine e l’abbinamento di semi ad altri alimenti, la bioedilizia grazie a speciali mattoni con misto di canapa e calce o con argilla, componenti edilizi con spiccate qualità termiche, di resistenza e di autoregolazione ambientale sul fronte dell’umidità assorbendone l’eccesso per rilasciarla in periodi secchi. Ma il fronte di utilizzo della pianta non si ferma a questo, basta pensare alle fibre con le quali creare tessuti che, opportunamente trattati, divengono simili al cotone o l’utilizzo più spiccatamente industriale e versatile con la fabbricazione di carta o componenti che hanno capacità simili a superfici in fibra di carbonio, già oggi utilizzate dall’industria automobilistica (un modello della celebre Casa tedesca dalla stella a tre punte).
L’agenzia della Regione Sardegna per la ricerca scientifica, la sperimentazione e l’innovazione tecnologica nei settori agricolo, agroindustriale e forestale, l’Agris Sardegna, è stata ben chiara in merito, sottolineando come il progetto che prenderà corpo nell’Isola sia estremamente articolato, da disegnare nei suoi particolari e carico di grandi opportunità grazie alla versatilità della canapa. Un volano economico di grande spinta per il mondo agricolo.
La depurazione dei terreni dai metalli pesanti è possibile grazie alla tecnica della “fitodepurazione”, in questo caso legata alla grande capacità della pianta di assorbirli liberando i suoli da questi contaminanti. La coltura viene proposta agli agricoltori mentre il supporto scientifico e le sementi certificate saranno opera dell’Agris che curerà direttamente questo aspetto.
Il progetto prevede degli indennizzi identificando due soglie limite, dai 500 euro a ettaro per un campo non inquinato ai 1.500 euro per ettaro in aree da depurare.
Importanti saranno i tre anni successivi alla semina, 36 mesi che trascorreranno studiando la capacità e il grado di assorbimento dei metalli pesanti dai terreni contaminati, monitorando la capacità depurante della canapa, senza contare che nello stesso periodo dovrà prendere corpo il progetto di vera e propria filiera, quindi, quello di utilizzo delle colture.
Tutto questo richiama alla memoria progetti già avviati, come nelle Marche a marzo 2016, quando Monsano, comune dei Castelli di Jesi, festeggiò il titolo di “Borgo della canapa” lanciando un progetto di filiera (già prevista dal Psr 2014-2020 delle Marche) legato a questa coltura. Un ideale ritorno al passato, agli inizi del XX secolo, quando l’Italia era seconda solo all’Impero Russo, poi Unione Sovietica, nella produzione mondiale di canapa. A quei tempi Jesi deteneva un grande primato come fornitrice della Marina Inglese per le cime in fibra di canapa fornite ai vascelli britannici.
In quella speciale giornata del marzo 2016 i produttori locali e i 200 sostenitori dell’associazione Borgo della Canapa, ottennero dal sindaco di Monsano il marchio De. Co., “Denominazione comunale della canapa”. Proposte interessanti dalle aziende agricole fino a quelle tessili, sottolio con carciofi e semi di canapa, la piadina da farine di canapa, fino ai tessuti o le scarpe con suole ricavate grazie a una mescola fra fibra vegetale della pianta e gomma naturale. L’obiettivo marchigiano è quello di arrivare a 500 ettari coltivati a canapa nell’area con la denominazione comunale e avviare l’installazione di un impianto per la trasformazione della pianta, struttura piccola ma, oggi, ancora costosa prevedendo circa un milione di spesa-investimento.
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