Sud Italia e canapa, potenzialità enormi per Sicilia e Calabria
Continuando in nostro viaggio tra le realtà della canapicoltura italiana, è bene dare uno sguardo verso il Meridione. Sud Italia e canapa, condizioni particolari del clima e dei terreni offrono caratteristiche particolari alle coltivazioni. Inoltre, il settore può rivelarsi un’ottima via per lo sviluppo del comparto agricolo. Tutto dipenderà sempre da come, a livello nazionale, saranno disciplinati i vari aspetti riguardanti la filiera, la lavorazione della materia prima e le tantissime applicazioni della coltura.
“Canapa industriale dalle più varie applicazioni; ma in Calabria si potrebbe ripetere l’esperimento iniziale sulla canapa a scopo medico fatto in Toscana, a Firenze, presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, fase che ha confermato le alte possibilità della pianta – dice Antonino Chiaramonte presidente dell’Associazione Canapa e Filiera – Possiamo ripeterlo in numeri più grandi, abbiamo serre ad alta tecnologia con laboratori sulla genetica e studio sugli innesti, abbiamo realtà dove si producevano fiori che andavano in tutto il mondo, ma oggi in crisi: il mercato è cambiato. Sarebbe perfetta una loro riconversione in questa striscia di terra dove, nello spazio di otto chilometri, ti trovi dal livello del mare fino a una quota di 1.200 metri, aree che fanno crescere la canapa in maniera sorprendente”.
“Terre particolarmente vocate in Calabria quindi, quelle dell’Aspromonte e della Sila tra quote che variano dai 700 metri ai 1.300, in linea d’aria a poca distanza sia dallo Jonio che dal Tirreno. Vi cresce una canapa sfruttabile per tutti gli utilizzi – rimarca Chiaramonte – A queste si aggiungono molte aree della Sicilia, isola che era conosciuta come granaio d’Italia e che ha tutti i numeri per diventare il canapaio d’Italia. Il tutto alla luce delle analisi sulle farine, sulla pasta sui semi”.
“Sud Italia e canapa – prosegue – hanno un ottimo futuro potenziale. In Sicilia la terra e il clima conferiscono caratteristiche uniche alla pianta, facendo sì che semi e prodotti derivati abbiano gusto e proprietà spiccate, tipiche. Ideali sono le colline interne, tra i 400 metri d’altezza e gli 800: la canapa come viene lì, non viene da nessun’altra parte. Alto il contenuto di Omega 6 e Omega 3; per l’uso alimentare è favolosa , un superalimento per eccellenza. Il calore maggiore e la moderata escursione termica fra il giorno e la sera condizionano la pianta, che viene messa continuamente sotto stress e obbligata a un certo tipo di sviluppo. Al contrario, nelle aree cui accennavo in Calabria, con clima più fresco nelle ore serali, la canapa vegeta in maniera differente”.
“In altre zone d’Italia, le condizioni favoriscono altre modalità di sfruttamento della pianta. La Toscana, per esempio, dà un ottimo seme, però è più vocata per la fibra – descrive Chiaramonte – Ancora più a Nord, con temperature ancora più basse, la canapa cresce maggiormente in altezza per recuperare sole e luce: le sue proprietà e metodi di utilizzo mutano in maniera evidente, anche se i semi non hanno una qualità che sia all’altezza di quella che caratterizza i semi da latitudini più meridionali”.
Dopo un primo esperimento, imprenditori e agricoltori di Calabria e Sicilia si stanno organizzando. Un esempio fra i possibili nel rapporto fra Sud Italia e canapa, giunge proprio dall’Associazione Canapa e Filiera. Ai vertici, come soci, Antonino Chiaramonte appunto come presidente, proseguendo con “Franco Belmonte, direttore Confederazione Italiana Agricoltori della Calabria, Antonella Greca, vicepresidente dell’associazione Donne in Campo nonché vicepresidente di Canapa e Filiera. E ancora, Onofrio Maragò, ingegnere nella presidenza regionale di Legacoop nonché sindaco di Sant’Onofrio in provincia di Vibo Valentia, interessatissimo alla bioedilizia. Poi Andrea Vaccari, giovane imprenditore con un’azienda per la lavorazione del legno, interessato alle biomasse, Mariolina Cacciola, imprenditrice agricola della zona di Sibari dove producono riso, infine Carmela Servino che è il cuore organizzativo nonché segretaria dell’associazione e produttrice di canapa nell’azienda di famiglia”.
“Abbiamo costituito una srl e coinvolto realtà produttive che utilizzano la nostra canapa. Quindi, birrifici, mulini e tante altre realtà oltre alle aziende agricole – racconta Chiaramonte – Come il Molino Biologico Morelli a Vibo Valentia per le farine, lì sono grandi conoscitori di grani antichi. A Crotone Astorino Pasta che da tempo ha scommesso anche sulla canapa. In Sicilia con l’Esa, l’Ente di Sviluppo Agricolo isolano con il quale abbiamo effettuato sperimentazioni nella zona di Corleone. Ma non ci siamo fermati al Sud. Contatti con Annalita Polticchia, sindaco di Bevagna per dare vita a una nostra sede in Umbria. Contatti con il comune veneto di Cavallino Treporti, vicino Venezia, dove, due settimane fa, abbiamo organizzato incontri con sindaci, imprenditori di Cia e Coldiretti, affiancati dall’assessore all’agricoltura: anche lì abbiamo pianificato varie cose, e avvieremo coltivazioni di canapa”.
Antonino Chiaramonte se ne intende di canapa, oltre a coltivarla ha scritto anche dei libri: “Il primo volume intitolato ‘A tuo padre‘ sugli anziani, le relazioni con la famiglia, il sostegno, politiche sociali, le possibilità terapeutiche, in cui affermavo pure che la legislazione andava cambiata in merito all’utilizzo medico della canapa. L’ho pubblicato nel passaggio 2012-2013 e presentato all’Università di Cosenza non senza poche difficoltà: lo regalai anche all’allora ministro Cancellieri. Fui ispirato dalle applicazioni mediche della canapa, prendendo spunto anche da esperienze estere”.
Secondo volume “Juana, una storia nell’erba”, il più recente, dove Antonino ha voluto evidenziare alcune contraddizioni del sistema legislativo italiano, che pongono questa pianta tra i mali della società attuale nonostante siano note le sue proprietà terapeutiche. Chiaramonte lo ha inviato come dono anche a Papa Francesco.
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