BioVerSi: tentare il dialogo con il consumatore sul tema della canapa in ogni occasione possibile
Che dire della sorte toccata a un settore nel quale l’Italia era leader nel passato, come quello della canapa? Simona Bernardini ha le idee tristemente chiare: “Non solo è stato dimenticato, ma è stato completamente distrutto. Diversamente da altri Paesi come Francia o Germania, dove una filiera della canapa è rimasta ancora vitale, l’Italia alla fine della Seconda Guerra Mondiale ha aderito completamente all’idea, tutta americana, che la canapa andasse estirpata in toto, in quanto equiparata a una droga”. E non le sfugge un sorriso ironico a questa affermazione, perché svilire una produzione agricola di altissimo pregio e versatilità come la canapa a una semplice sostanza stupefacente, demolendo dalle basi un intero asset produttivo e agroindustriale, ha davvero dell’incredibile.
Simona, insieme alla sorella Vera e al resto della famiglia, da 20 anni sostengono e condividono il percorso intrapreso dal padre, Domenico Bernardini e dal loro zio Settimio: i due gemelli fondatori del Museo Itinerante della Canapa. Simona ribadisce come l’avventura del Museo sia nata nello spirito di un reale servizio pubblico al recupero di una conoscenza, di una storia, di un’antica tradizione contadina, oggi leggibile – alla luce degli avanzamenti tecnologici e delle sfide più attuali – come una grande opportunità di sviluppo sostenibile.
“Giocando sulle parole biologico, e sui nostri nomi propri, io e mia sorella Vera abbiamo dato vita nel 2016 all’azienda BioVerSi, che in sé richiama anche la poesia (i versi, appunto), a evocare tutta la struggente bellezza di un mondo perduto”. BioVerSi non è solo un impresa commerciale, come sottolinea la contitolare: “Vogliamo prima di tutto fare cultura, divulgare i pregi dei tanti prodotti che si possono ottenere a partire dalla canapa“. E in effetti l’assortimento merceologico proposto è molto trasversale, includendo prodotti tessili, alimentari, cosmetici e una neonata linea dedicata al wedding (ma non solo).
Simona spiega infatti che, in collaborazione con i ragazzi della Associazione l’Isola Che C’è, questo nuovo filone di attività propone oggettistica originale per eventi quali non soltanto matrimoni, ma anche compleanni, battesimi o prime comunioni. “E’ un modo per regalare un’occasione di manualità e di creatività a ragazzi disabili quali quelli della Associazione l’Isola Che C’è”, sottolinea Simona, consapevole anche dei risvolti sociali di questa attività.
Gli elementi critici che le titolari di BioVerSi segnalano per la filiera sono essenzialmente due: innanzitutto la mancanza di macchinari appositi per la raccolta della canapa (la famiglia Bernardini ne possiede un piccolo appezzamento da 500 mt); in secondo luogo i costi di trasporto e trasformazione, data la scarsità dei centri di raccolta e prima lavorazione esistenti in Italia. Per i macchinari, Simona prospetta una possibile soluzione solo attraverso l’aggregazione tra operatori della filiera, che potrebbero condividere il noleggio di apparecchiature altrimenti troppo costose per ciascuno di loro separatamente.
“Il problema è anche la mancanza di investimenti, sia da un punto di vista tecnico sia nel settore tessile. Un vero peccato, se consideriamo la grande storia, tradizione e capacità che l’Italia ha dimostrato nei secoli. Un tempo fu lo stesso Armani a lanciare una collezione di abiti di canapa! Oggi parliamo di una iper-nicchia” Un tessuto che, tra l’altro, presenta indubbi vantaggi, come le sorelle Bernardini sanno bene: le magliette realizzate in questo materiale, misto a cotone, risultano calde d’inverno e fresche d’estate. Grazie alla capacità della canapa di assorbire l’umidità, gli abiti così realizzati sono paragonabili a quelli di lino, con il vantaggio però di non sgualcire. Purtroppo oggi nel tessile prevalgono i materiali sintetici e, nel caso che si voglia utilizzare fibre naturali, si tende a importarle dalla Cina o da altri paesi dove la materia prima è più a basso costo.
A tal proposito, BioVerSi ha invece compiuto una chiara scelta di campo, privilegiando tutti prodotti di origine italiana per il proprio assortimento. “Nonostante questo, e malgrado la grande artigianalità dei prodotti che noi proponiamo, è molto difficile fare breccia su un consumatore che, pur aspirando al naturale e al sostenibile, non è disposto a pagarne il giusto prezzo. Paradossalmente, incontriamo maggiori difficoltà nel dialogo con il consumatore di grandi città come Roma, che non con quello che abita in provincia. Se io e mia sorella non avessimo altre attività lavorative, certamente non potremmo mai vivere soltanto di questa”.
Per maggiori info:
bioversi16@gmail.com
www.bioversi.it
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