Caserta, canapa e risanamento della Terra dei Fuochi: riprende slancio un progetto del 2014 mentre Ecoremed lavora
Aumenta di circa il 34 per cento la semina di canapa in Campania, il 2017 si apre sotto i migliori auspici per questa filiera. La situazione è perfetta per nuove e vecchie idee. Riprende vita un connubio a Caserta: Canapa e risanamento della Terra dei Fuochi, il tutto grazie a un piano che era stato ideato quattro anni fa.
L’idea nacque appunto nel 2014 prendendo spunto dalla capacità della pianta di essere adoperata per la fitodepurazione di siti inquinati da metalli pesanti e anche da materiale radioattivo, come si sta facendo in varie aree di Černobyl’. Per quanto riguarda il risanamento dei suoli, proprio la città di Caserta rappresenta un esempio della poliedricità della canapa grazie al progetto sopra menzionato che ha disegnato modalità e procedure per bonificare i terreni inquinati della Terra dei Fuochi.
Molto recente una prima e importante sperimentazione di Biorimediazione chiamata “Ecoremed” coordinata dal Ciram, Centro interdipartimentale ricerca ambientale dell’Università di Napoli Federico II. Il sistema è stato applicato a San Giuseppiello di Giugliano, in piena Terra dei fuochi. L’intervento sperimentale ha riguardato un terreno di sette ettari che apparteneva all’imprenditore pentito Gaetano Vassallo, un tempo legato a clan camorristici. La proprietà, sottoposta a sequestro giudiziario, è a brevissima distanza dalla discarica della ex Resit, azienda che fino agli anni 90 utilizzò quei luoghi per lo smaltimento abusivo di rifiuti speciali e pericolosi: vi fu trovato un milione di tonnellate di rifiuti, di cui circa 350.000 pericolosi. L’analisi dei campioni dal suolo rivelò la presenza di metalli pesanti come stagno, zinco, arsenico ed altri fanghi industriali.
Il sistema di disinquinamento naturale ha utilizzato diverse piante e alberi: pioppi, canapa e brassicaceae come il cavolo e i ravanelli con grande capacità di assorbimento del cromo. Ma anche una selezione biotecnologica di ceppi di batteri biodegradanti e tipologie di funghi adatti allo scopo (il Trichoderma spp.). Tutto coordinato da Massimo Fagnano, docente di Agraria all’Università Federico II di Napoli, dal commissario alla bonifica della Resit, Mario De Biase, con il know-how messo a disposizione dalla facoltà di Agraria dell’Università di Portici.
La fitodepurazione Ecoremed sta interessando anche altri luoghi come il Litorale Domizio Agro Aversano, a Trentola-Ducenta Fondo Bove, Teverola Fondo Comunale, Giugliano Fondo Zacaria. Valutazioni in corso su un sito in località Soglietelle a Villa Literno.
A facilitare gli iter amministrativi, la canapicoltura e il connubio canapa e risanamento della Terra dei Fuochi, sono sia la legge nazionale 242 pubblicata a inizio anno, sia la legge regionale della Campania approvata a gennaio 2017 (link al testo della norma regionale), proposta il 23 novembre 2016 alla Commissione regionale Agricoltura, Caccia, Pesca, Risorse comunitarie e statali per lo sviluppo, dispositivo vocato alla promozione della coltivazione e dello sviluppo della filiera agroindustriale della canapa nella variante Sativa.
La stessa Regione, a inizio 2017, ha descritto la situazione campana fornendo alcuni dettagli: “Sono oltre cinquanta le imprese agricole campane impegnate nella coltivazione della Cannabis sativa su oltre 150 ettari (dati provvisori 2016). Un dato lontano dai 30mila ettari degli anni 50, che facevano della Campania la seconda regione produttrice in Italia, ma che rappresenta comunque una buona base di partenza con prospettive di rapida crescita per i prossimi anni. Grazie alle due norme in vigore, quella nazionale e quella regionale, i produttori attuali e quelli potenziali dispongono di un quadro di riferimento chiaro e possono investire con maggiore vigore su una coltura di grande interesse economico ed assoluta sostenibilità ambientale”.
Al primo articolo l’attuale norma campana è chiara, “promuove e favorisce il ripristino della coltivazione della canapa industriale (Cannabis sativa L.) sul territorio regionale quale coltura da reddito per i diversi impieghi dei suoi derivati, nonché quale specie vegetale in grado di ridurre l’impatto ambientale in agricoltura”.
Al punto 4 del primo articolo il passaggio chiave che riguarda proprio la fitodepurazione: “La Regione riconosce il valore della canapa anche per il suo ruolo strategico nella bonifica dei terreni, nel contrasto al dissesto idrogeologico, nella fitodepurazione dei siti inquinati, nella bioedilizia e nella bioingegneria”. Il fattore canapa e risanamento della Terra dei Fuochi torna quindi di forte attualità e rafforzato dall’adeguamento normativo.
L’obiettivo nel casertano, così come descritto tre anni fa e ribadito nel 2015, si proponeva di convertire la filiera del tabacco in filiera della canapa. L’idea era stata lanciata da Domenico Bovienzo, presidente dell’Associazione nazionale periti tabacco, condivisa da Umberto Riccio, a capo del Distretto turistico di Caserta.
“Non si parla più della vecchia canapa – disse Bovienzo – lasciata a macerare nei laghi, ma della nuova canapa, un prodotto che oggi può essere trattato con l’impiego di tecnologie che, con il minimo sforzo, esaltano sia la redditività che la qualità”. Da lì iniziò tutta una serie di convegni che fece tappa in vari comuni per sensibilizzare agricoltori, agronomi, tecnici e amministratori sull’argomento.
“La canapa – spiegò Riccio – funge da pompa di calore, assorbe i metalli pesanti dal terreno e li stocca nella foglia e nel fusto. Potrebbe essere questo un modo per ridare una chance i terreni inquinati della Terra dei fuochi”, riutilizzando la pianta per altre applicazioni come nell’edilizia.
Il progetto del 2014 fu preso in carico dall’onorevole Carmine Mocerino, all’epoca presidente della commissione Agricoltura della Regione Campania oggi presieduta da Maurizio Petracca. Al centro del piano, la filiera alimentare e nutraceutica. Già all’epoca era più che evidente la carenza di centri per la trasformazione delle paglie di canapa: scarsa era la domanda quindi mancava la convenienza per qualsiasi investitore di finanziare impianti e processi di trasformazione di canapuli e fibra. Sulla fitodepurazione c’erano già le prime evidenze di laboratorio che equiparavano la canapa a una vera e propria spugna assorbente per percolati e terreni inquinati, come sottolineò lo stesso Bovienzo.
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