Ricerca: il THC sembra contrastare alcuni effetti dell’invecchiamento cerebrale
Il delta-9-tetraidrocannabinolo o tetraidrocannabinolo, cannabinoide della canapa, pare possa innescare processi chimici e fisiologici che rallenterebbero forme di demenza e di decadimento cognitivo tipici dell’avanzare dell’età. In breve, il THC sembra contrastare alcuni effetti dell’invecchiamento cerebrale.
A questa prima conclusione è giunta una ricerca compiuta nei laboratori dell’Università di Bonn e della Hebrew University di Gerusalemme i cui ricercatori hanno inserito il tutto in una relazione scientifica pubblicata l’8 maggio 2017 su Nature Medicine.
Si amplia quindi lo spettro delle proprietà medicinali e terapeutiche di alcuni componenti della canapa, come già scritto in un articolo sul CBD cannabidiolo e sulle proprietà antitumorali.
“L’equilibrio tra processi dannosi, pro-invecchiamento, spesso casuali e basati su leggi probabilistiche e i contrastanti meccanismi che cercano di mantenere lo status quo biologico, determina in gran parte la progressione dell’invecchiamento – scrivono nella prefazione della pubblicazione – Ci sono prove sostanziali che suggeriscono come il sistema endocannabinoide (ECS) faccia parte di questa struttura biologica perché modula i processi fisiologici sottostanti all’invecchiamento”.
L’esperimento è stato portato avanti su topi, animali con un ciclo di vita breve, alle età di 2, 12 e 18 mesi, confrontando i gruppi con topi delle stesse età ma ai quali è stato somministrato solo del placebo.
In breve, l’attività dell’ECS diminuisce durante l’invecchiamento, in quanto l’attività del CB1 e l’accoppiamento con le proteine G sono ridotte nei tessuti cerebrali di animali anziani e i livelli del principale endocannabinoide 2-arachidonoylglycerol (2-AG) sono più bassi.
Nello studio due cose sono apparse chiare:
- non è stato dimostrato un legame diretto tra il tono endocannabinoide e sintomi di invecchiamento;
- una bassa dose di delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) ha invertito il declino delle prestazioni cognitive dei topi di età compresa tra 12 e 18 mesi.
“Questo effetto comportamentale è stato accompagnato da una maggiore espressione di proteine del marker sinaptico e da una maggiore densità delle sinapsi dell’ippocampo – sottolineano i ricercatori – Il trattamento con THC ha ripristinato i modelli ippocampali di trascrizione del gene in modo tale che i profili di espressione di topi trattati con THC di età compresa tra 12 mesi somigliassero a quelli di animali privi di THC di età entro i 2 mesi”.
In breve, i topi “anziani” hanno avuto una sorta di riconfigurazione che li ha avvicinati alle proprietà cerebrali di quelli ben più giovani. Il THC sembra contrastare alcuni effetti dell’invecchiamento cerebrale, infatti l’ippocampo è come ringiovanito e questa parte del cervello è importante nella memoria a lungo termine, nell’attenzione, nell’apprendimento oltre che nella percezione dello spazio che circonda un essere vivente (in modo da capirne le dimensioni, profondità, potersi muovere con facilità).
Per comprendere meglio l’importanza dell’organo cerebrale coinvolto, basta ricordare che negli affetti da Alzheimer l’ippocampo è una delle prime regioni del cervello ad essere colpite da danni.
“Il trattamento ha invertito completamente il normale declino cognitivo negli animali anziani” ha sottolineato Andreas Zimmer (Università di Bonn), coordinatore dello studio.
Il confronto con il gruppo di controllo cui è stato somministrato solo del placebo, ha evidenziato la differenza con quello trattato a base di THC. Nei topi ai quali è stato somministrato il placebo, il declino cognitivo è iniziato irrimediabilmente intorno all’età di 12 mesi.
Commenti recenti