Precisione Svizzera sì ma non nel decidere sulla cannabis
La Confederazione Elvetica è come un blocco di creta che non prende ancora una precisa forma sulla questione canapa. Ancora di più quando si sta sulla linea di demarcazione che riguarda il progetto di liberalizzazione, depenalizzazione. Precisione Svizzera sì ma non nel decidere sulla cannabis. È come se stesse bloccata in mezzo al guado e fra diverse contraddizioni.
L’analisi è apparsa piuttosto evidente fra eccellenze messe in luce e forti contrapposizioni politiche, in analisi sviluppate da RSI News Svizzera e da L’Express-L’Impartial.
Da una parte c’è chi ottiene l’autorizzazione a coltivare cannabis come succedaneo del tabacco, ma la pianta deve contenere Meno dell’1% di THC. Iniziativa di successo e che riguarda la BioCan, azienda diretta da Dario Robler e che cura la coltivazione di quattro appezzamenti tra il cantone di Schaffhouse e quello di Zurigo.
Si tratta, come intuibile, di colture indoor su larga scala e la BioCan è stata la prima ad ottenere il via libera per la commercializzazione di questo sostitutivo del tabacco già dall’agosto 2016.
Intanto sono arrivati a essere circa una trentina i produttori che propongono una rosa di soluzioni al consumo tutti con tanto di autorizzazione. A questo punto l’Ofsp, l’Office Fédéral de la Santé Publique svizzero ha dovuto agire con delle circolari di precisazione contenenti note esplicative e un’avvertenza sull’uso delle prescrizioni legali e sul succedaneo del tabacco l’organismo evelico precisa come sì, esiste un’autorizzazione, ma occorre una vera e propria autorizzazione per vendere il sostituto del tabacco, a circa 10 franchi al grammo e questa viene concessa dall’Amministrazione Federale delle Dogane come assoggettamento all’imposta del tabacco stesso assegnando un numero di classificazione.
Quindi il passaggio per il via libera definitivo a un’operazione commerciale del genere ha iter più complessi di quanto appaia.
Prendendo l’esempio in questione, quello della BioCan, le piante crescono in serre refrigerate sviluppando radici in un terreno fatto di particolari perle di coltura sotto le quali scorre l’acqua di irrigazione. Si tratta di una vera e propria azienda che unisce conoscenze scientifiche e di botanica, di necessità di luce delle piante e quindi di studio, progettazione e impianto di un sistema studiato ad hoc.
Un’impresa del tutto lontana da una pura azienda agricola.
C’è chi è del tutto contrario a questo uso del tabacco in Svizzera e quindi all’autorizzazione data, perché l’uso al posto del tabacco, pur con tenore di THC a meno dell’1 per cento, è il più dannoso (come per qualsiasi sigaretta), come affermato da Jean-Félix Savary, segretario generale del Grea, Groupement romand d’études des addictions, che invece caldeggia altri utilizzi della canapa come prodotto naturale adattissimo in ambito terapeutico ma da regolamentare con estrema precisione per evitare possibili effetti secondari.
Per quanto riguarda l’uso alimentare della canapa in Svizzera, sembra sussistere un atteggiamento istituzionale strabico con prodotti contenenti cannabidiolo CBD limitati nelle autorizzazioni quando non proibiti: per prodotti alimentari come olio e farine, il produttore deve presentare una precisa documentazione all’Ufficio federale della sicurezza alimentare e degli affari veterinari, mentre il CBD puro per “singola” preparazione, non gode di alcuna possibilità di autorizzazione.
In più, in caso di domanda di autorizzazione per alimenti, queste devono ormai compilate come prodotti “novel food” e indirizzate agli uffici preposti.
Da questo agli scontri politici sugli studi da poter autorizzare sulla cannabis, il passo è breve, lo stesso Jean-Félix Savary si riferisce all’operato della parlamentare Verena Herzog (UDC/TG) che vuole stabilire delle “eccezioni per la ricerca prevista dalla legge sugli stupefacenti”, quindi vietare le prove di distribuzione di cannabis preparate per Ginevra, Berna, Zurigo e Basilea per monitorare scientificamente il fenomeno del consumo illegale di cannabis in caso di eventuale legalizzazione.
Tanto per fare un esempio concreto, a Berna si investiranno 750.000 franchi dal Fondo nazionale svizzero, 100.000 da parte dell’Università e altrettanti dalla stessa città: l’intento è quello di valutare empiricamente le conseguenze di un’eventuale depenalizzazione, in vista del dibattito civile e politico.
Come procederanno? Dal 2018 un team di ricercatori seguirà e intervisterà circa 500 consumatori abituali “non problematici”, quindi privi di problemi relazionali o di salute, ai quali sarà data la possibilità di acquistare canapa legalmente per un massimo di tre anni. C’è già il via libera da parte della Commissione etica bernese, si aspetta quello dell’Ufficio federale della sanità pubblica.
A completare il quadro dello scenario svizzero, i Verdi hanno depositato in Parlamento la proposta su una nuova legge che dovrà depenalizzare la canapa prevedendo il prelievo di un’imposta e l’assemblea legislativa sarà chiamata a discutere sull’argomento.
Prende forza nella Confederazione il movimento internazionale “legalize-it” e proprio la Cancelleria federale sta vagliando un’iniziativa popolare per la depenalizzazione della coltivazione e del consumo, quindi dovrà decidere se autorizzare la richiesta per l’inizio della raccolta firme.
Una consultazione popolare c’era stata già nel 2008 ma fu rifiutata dal 63 per cento della gente perché nella proposta non esisteva un divieto per i minorenni e non era prevista un’imposizione fiscale adeguata.
Fra i promotori della raccolta firme proprio Dario Robler, il direttore della BioCan, ma anche lui nota atteggiamenti ambigui anche fra coloro che, in un primo momento, avevano dichiarato di appoggiare l’iniziativa. Precisione Svizzera sì ma non nel decidere sulla cannabis, è bene ripeterlo. Difficoltà similari a quelle di molti dei paesi che si trovano ad affrontare questo tema.
Comunque, tanta carne sul fuoco in Svizzera e occorrerà mettere ordine in questo mare in continua mutazione.
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