Il groviglio di leggi federali e statali Usa lascia a secco i campi di canapa per un improvviso divieto. Il caso della Helena Valley
È la storia di Kim Phillips, coltivatrice di canapa. Trasferitasi dall’Idaho al Montana, nella Helena Valley, ha dato inizio alla sua attività seguendo le norme federali e statali in vigore, costruendo una casa, affittando un campo e investendo 6.000 dollari nel raccolto futuribile. Il problema è arrivato però da un punto fondamentale che ha bloccato la sua operazione: il groviglio di leggi federali e statali Usa lascia a secco i campi di canapa per un improvviso divieto.
E la pioggia manca. Quei cinque ettari scarsi, a poca distanza dal Lago Helena, sono colpiti dal sole. Poche le piantine di canapa sopravvissute, vive grazie alle ultime tracce di umidità lasciata nel suolo dalle piogge primaverili. Ed è canapa con livelli trascurabili di THC, come da normativa federale Usa.
Per quanto si ha notizia, tutto è accaduto in questa regione del Montana, Stato dell’Ovest confinante con il Canada, ma tutto lascia presagire che di questi casi se ne potranno registrare molti altri.
È un vero e proprio pasticcio fra leggi e competenze diverse od opposte che si sovrappongono, un aspetto che somiglia tanto ai gineprai normativi tipicamente italiani. Questo esempio statunitense deve servire da emblema ai legislatori italiani per fare sì che nel nostro Paese non accadano episodi identici, ma neppure simili.
Ecco quindi cosa è accaduto nella Helena Valley.
Durante il 2013, grazie alla legge federale sulle aziende agricole, i singoli stati sono stati autorizzati a rilasciare autorizzazioni per la coltivazione di canapa utile alla ricerca da parte dei dipartimenti dell’agricoltura statali e delle università. Il pasticcio è tutto nel riuscire ad armonizzare le leggi locali con il CSA – Controlled Substances Act, lo statuto federale che regola la fabbricazione, il possesso, l’uso e la distribuzione di determinate sostanze (articolo consigliato: Usa, la Hemp Industries Association contro la Dea che equipara cannabinoidi ed estratti da marijuana).
L’acqua distribuita dal Distretto della Helena Valley Irrigation, sotto contratto con il Bureau of Reclamation, viene dal Canyon Ferry, un bacino idrico che è sotto controllo federale.
Il programma pilota del Montana per la canapa industriale ha seguito quanto concesso a livello federale, così alla Phillips è stata rilasciata una licenza per coltivare la canapa in quest’anno agricolo, materia prima che sarà parte della ricerca svolta dal Dipartimento dell’Agricoltura del Montana.
Ebbene, nonostante tutto sembrasse sistemato, lunedì 26 giugno il Dipartimento dell’Agricoltura del Montana ha confermato una decisione federale di negare l’acqua di irrigazione ai campi di Kim Phillips. Acqua già negata dal giovedì precedente da parte del Distretto della Helena Valley Irrigation perché le piantine di canapa presumibilmente non possono godere dell’acqua controllata a livello federale.
Dal primo stop all’acqua avvenuto giovedì 22, Cort Jensen, avvocato del Dipartimento dell’Agricoltura del Montana, era sembrato più che fiducioso contattando il Bureau of Reclamation perché la Phillips è nel pieno rispetto delle normative statali e federali sulla canapa industriale e non è in violazione del Controlled Substances Act del 1970.
Invece il responso finale, del tutto inaspettato, è stato di negazione totale del rifornimento idrico.
Volete sapere dove è il nodo di tutto questo pasticcio che distruggerà un’impresa agricola e i suoi investimenti?
Il Bureau of Reclamation, incaricato appunto di regolare e distribuire l’acqua dai serbatoi federali, ha una sua norma che vieta l’uso delle acque di sua competenza per le cosiddette “sostanze controllate” elencate nel CSA, quindi anche canapa, marijuana e altre ancora. Non importa se un singolo stato federato ha autorizzato una di queste materie prime per il settore agricolo con le finalità concesse a livello nazionale.
Resta l’amarezza della coltivatrice che per anni ha cercato di districarsi fra leggi federali e statali per trovare la via corretta e prescritta, “Dopo due anni di salti mortali e facendo tutto nel modo giusto, non potevo credere che l’accesso all’acqua potesse diventare il problema – ha detto la Phillips – Mi batterò con il governo visto che sono costretta a farlo, ma di certo non è quello che avrei immaginato di dover fare”.
Kim vorrebbe utilizzare delle autobotti per approvvigionarsi d’acqua da alcuni pozzi, ma come le hanno detto i funzionari del Distretto, sarebbe un’operazione del tutto vietata (senza fornirle una spiegazione legale in merito).
(con il contributo da Montana Standard e Independent Record)
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