Approfondimento: CBD come trattamento del DOC disturbo ossessivo compulsivo
L’argomento non è nuovo ma la ricerca va continuamente avanti fra sperimentazioni e confronti di laboratorio. Al centro il cannabidiolo CBD come trattamento del DOC disturbo ossessivo compulsivo.
Su questo punto Canapa Oggi aveva già fatto un accenno nell’ambito di un articolo che tracciò una panoramica sulle proprietà del CBD, sostanza non psicotropa fra i componenti tipici della pianta di canapa. Bisogna infatti considerare che una delle chiavi principali per la cura di simili disturbi è legata proprio alla presenza di cannabidiolo, mentre il THC, sostanza psicoattiva della stessa pianta, può complicare la situazione soprattutto in forti assuntori di marijuana, come da analisi protrattesi in più paesi negli scorsi dieci anni.
La vera meta per ristabilire un equilibrio mentale è l’utilizzo del CBD utile nei casi di disturbi ossessivi e di ansia, visto che la sostanza di origini naturali ha forti potenzialità come agente ansiolitico e antipsicotico.
Già nella ricerca portata avanti dall’Università di Medicina di San Paolo in Brasile grazie al team guidato da dottor Francisco Guimarães, pubblicata nell’ottobre del 2013 dalla rivista scientifica Fundamental & Clinical Pharmacology, il cannabidiolo rivelò proprietà ansiolitiche cliniche e precliniche. I risultati ottenuti grazie al marble-burying test -MBT- (utilizzato nella ricerca scientifica per descrivere in determinate condizioni l’ansia o il comportamento ossessivo-compulsivo osservando reazioni di ratti e topi) suggerirono che il CBD può indurre anche effetti anticompulsivi, “… i sistemi serotoninergici e cannabinoidi interagiscono per controllare i comportamenti ripetitivi…”.
Tanto per essere chiari, quando si scrive, si parla e si tratta di disturbo ossessivo compulsivo, si intende un disturbo caratterizzato da pensieri, immagini o impulsi ricorrenti. Nella mente si manifestano ossessioni incontrollabili, pensieri, immagini o impulsi su qualcosa che, secondo l’immaginario, starebbe per accadere o potrebbe avvenire in futuro, tutte manifestazioni sgraditissime ma non controllabili da chi ne è preda.
Questa successione mentale innesca ansia e, in un certo senso, obbliga la persona a compiere azioni ripetitive materiali o mentali.
È un vero e proprio incubo ininterrotto fatto da continui lavaggi delle mani per l’ossessione di possibili contaminazioni, da ripetuti controlli che la porta o il rubinetto del gas siano ben chiusi o il non riuscire a camminare sulle fessure fra i listelli del parquet o fra le mattonelle.
Accade non poche volte che queste azioni vengano etichettate, in maniera del tutto sbagliata, come manie o fissazioni che, invece, sono altra cosa e non hanno sempre eccezioni negative come, per esempio, una cura molto forte per un interesse o un hobby.
Al livello attuale degli studi, il CBD ha manifestato la capacità di aumentare l’attività dei segnali all’interno dei recettori della serotonina, aumenta il rilascio di questa sostanza e i processi di trasmissione del glutammato.
A livello anatomico, chi è affetto da ansia sembra avere nell’ippocampo, area cerebrale, uno dei centri dei suoi problemi a livello neurale.
Ne parla con chiarezza una ricerca che ha viste riunite realtà accademiche e cliniche spagnole, studio pubblicato sul National Center for Biotechnology Information, portato avanti su topi da un gruppo di professori e ricercatori dell’Istituto di Biomedicina e Biotecnologia dell’Università di Cantabria a Santander (lo stesso dove la scienziata italiana Federica Bertocchini ha scoperto larve mangiaplastica insieme a Paolo Bombelli dell’Università di Cambridge), del CIBERSAM, Centro de Investigación Biomédica en Red Salud Mental – Instituto de Salud Carlos III -, del Departamento de Neuroquímica y Neurofarmacología, Instituto de Investigaciones Biomédicas de Barcelona.
“Il cannabidiolo (CBD), la principale componente non psicotomimetica della marijuana – sottolinea il rapporto accademico spagnolo – presenta proprietà ansiolitiche simili in molti test comportamentali, anche se il suo potenziale per la cura della depressione è stato poco esplorato… La microdialisi in vivo ha rivelato che la somministrazione di CBD ha significativamente aumentato i livelli di serotonina e glutammato nel vmPFCx in modo diverso a seconda dello stato emotivo e della durata del trattamento“.
* Spiegazione: per vmPFCX si intende la regione della corteccia prefrontale del cervello localizzata nel lobo frontale, parte bassa degli emisferi cerebrali; è coinvolta nell’elaborazione del rischio e della paura e ha un suo ruolo nell’inibizione delle risposte emotive e nel prendere decisioni.
“L’effetto potenziatore a livello di neurotrasmettitori che si verifica subito dopo la prima iniezione di CBD – rimarca la ricerca spagnola – potrebbe essere alla base delle rapide azioni antidepressive“.
Per comprendere al meglio altri meccanismi di azione a livello neuronale-cerebrale del CBD nonchéper la cura di gravi malattie, basta leggere altri due approfondimenti a cura di Canapa Oggi:
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