Sì alla cannabis ricreativa in Uruguay ma venduta solo in farmacia
Per l’acquisto ci si deve registrate, è previsto un sistema di riconoscimento con impronte digitali, altrimenti niente cannabis. Cinque grammi costano 187 pesos l’equivalente di 5,65 euro, costo inferiore ai prezzi medi del mercato nero. Sì alla cannabis ricreativa in Uruguay ma venduta solo in farmacia e le file davanti a questi esercizi continuano ad allungarsi.
Ai registrati – i dati restano sconosciuti al farmacista – è permesso possedere sei piante a uso personale per la coltivazione a domicilio. La norma del Paese sudamericano vieta la vendita ai turisti, quindi è aperta ai soli residenti in Uruguay per evitare forme di “turismo della marijuana”, tanto che la legge ne proibisce il trasporto fuori dai confini nazionali.
Per adesso solo 16 farmacie delle 30 pronte a vendere hanno iniziato la commercializzazione delle piccole bustine da 40 grammi. Nell’immediatezza dell’avvio alla vendita 4.959 persone si sono registrate in modo da poterle andare a comprare.
L’Instituto de Regulación y Control del Cannabis ha dichiarato che secondo le sue stime la prima giornata di vendite si è chiusa con circa 5.526 acquirenti: i maggior campione rappresentativo era composto da individui tra i 30 e i 44 anni.
Tutto inizia appunto dalla legge sulla legalizzazione del consumo a scopo medico e ricreativo, norma non recentissima, già in vita da quattro anni (proposta nel 2011 e attiva dal 2013), ma i cui passi di applicazione sono stati attivati gradatamente nel tempo anche vincendo forti resistenze.
Quindi via libera alla vendita nelle farmacie ma gli acquirenti devono avere almeno 18 anni e c’è un limite alla quantità di cannabis acquistabile: il massimo è stato fissato a 40 grammi per uso personale e al mese. Inoltre l’autorizzazione alle sole farmacie consente di rimanere fedeli ai dettami della legge che vuole un’identificazione/monitoraggio degli acquirenti e un controllo sul tetto massimo di dosi acquistabili.
Per attivare questa tipologia di vendita nelle farmacie, la produzione della sostanza è stata affidata dal governo dell’Uruguay alle aziende Symbiosis e IC Corp (International Cannabis Corp), con sorveglianza dell’esercito e non accessibile ai giornalisti.
Il titolare della IC Corp è Guillermo Delmonte, 30 anni, proveniente dal mondo della finanza poi gettatosi nella cannabis dopo l’approvazione della legge di legalizzazione nel 2013: ha una piccola fattoria e una rete di agricoltori dove si coltivava soia e altre tipologie di piante, a un’ora di auto da Montevideo; circa 4.000 piante di cannabis in serre (una ancora più moderna giunta dalla Spagna) sotto sorveglianza militare, autorizzato dal governo dopo un’attenta analisi che, fra le aziende candidatesi alla produzione della sostanza, doveva selezionare quelle sicuramente non connesse al cartello della droga.
La marijuana commercializzata attraverso le farmacie è stata suddivisa in due classificazioni, Alfa 1 e Beta 1, tutte e due con basso contenuto di THC, principale principio attivo psicotropo della cannabis: la percentuale di tetraidrocannabinolo è compresa fra il 2 e il 4%.
Questa conformazione della sostanza è stata frutto di un compromesso fra due fazioni, la proibizionista che rappresenta una larga fetta del Paese e quella favorevole alla vendita.
Da ricordare che l’Uruguay, prima nazione al mondo ad avviarsi verso la legalizzazione, è ancora sotto la condanna delle Nazioni Unite per questa sua decisione, anche se questa strada è ormai avviata, se non già sancita, in diversi altri stati. Si sta dando da fare anche il Canada (link all’articolo). Poi il caso di alcuni stati Usa (link all’articolo). Cambiamenti anche in Messico, Argentina e Colombia anche se riguarda soprattutto la cannabis terapeutica e per l’uso privato.
Nota curiosa: ottenuta l’autorizzazione uruguaiana per produrre la cannabis ricreativa, la IC Corp ha dovuto avviare un iter separato per avere la licenza sulla tipologia terapeutica…
In Uruguay esiste un’altra limitazione che, però, riguarda anche le sigarette “normali”: non si può consumare il prodotto in luoghi pubblici.
Nel Paese sudamericano funzionano anche i club per il consumo della sostanza con addetti che coltivano le piante per tutti gli iscritti in queste cooperative (circa 100 dollari al mese è la quota pagata da ogni iscritto che può avere i 10 grammi massimi consentiti per legge a settimana).
Come indicato dal quotidiano spagnolo El País, uno studio della Facoltà di Scienze Sociali ha sottolineato che l’esistenza di club di cannabis e l’autorizzazione di coltivazione personale (63 club in funzione e 6.948 autocoltivatori) ha tolto il 20% del mercato ai trafficanti di droga.
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