Efficacia dei cannabinoidi contro l’emicrania: uno studio italiano presentato al Congresso 2017 dell’Accademia Europea di Neurologia
Amsterdam, RAI Convention Centre, al III Congresso dell’Accademia Europea di Neurologia hanno fatto sensazione e destato curiosità i risultati di una ricerca della Fondazione Sicuteri – Nicolodi di Firenze: l’efficacia dei cannabinoidi contro l’emicrania sia come profilassi che nel trattamento acuto delle emicranie e di quelle “a grappolo”.
A guidare il team di ricercatori che ha portato a queste evidenze, la dottoressa Maria Nicolodi Sicuteri, presidente della Fondazione. La notizia è stata da poco ripresa da diverse testate estere come il The Daily Mail-MailOnline o da Hemp Science News, solo per citarne un paio.
Di cosa si tratta?
“Siamo stati in grado di dimostrare che i cannabinoidi sono un’alternativa ai trattamenti consolidati nella prevenzione delle emicranie – ha detto la dottoressa Nicolodi – Detto questo, sono solo adatti per l’uso nel trattamento acuto delle emicranie di cluster nei pazienti con una storia di emicrania sin dall’infanzia“.
Il primo compito dei ricercatori è stato quello di trovare la giusta combinazione di cannabinoidi e il dosaggio migliore per avere la migliore risposta terapeutica. Così sono stati scelti 48 volontari con emicrania cronica
Due le combinazioni prescelte da somministrare a queste persone in una dose orale iniziale di 100 mg: una conteneva il 19 per cento di THC (tetraidrocannabinolo); l’altra non aveva THC se non trascurabili tracce, mentre aveva un contenuto di CBD (cannabidiolo) pari al 9 per cento.
Primo evidenza: se le dosi rimanevano entro i 100 mg, non era riscontrabile alcun effetto sulle emicranie.
Passando a 200 mg, sempre per via orale, il dolore acuto è sceso del 55 per cento.
Bisognava fare un confronto con un altro preparato, l’amitriptilina, antidepressivo triciclico comunemente usato per trattare l’emicrania: è stato deciso di somministrarne una dose giornaliera di 25 mg.
Il panel scelto è stato di 79 pazienti che potevano avere questo trattamento o 200 mg della combinazione THC-CBD.
Il tutto per un periodo d’osservazione degli effetti durato tre mesi.
Come riportato anche da PharmaStar, “48 pazienti con cefalea a grappolo hanno ricevuto anche 200 mg di THC-CBD o una dose giornaliera di 480 mg del calcio antagonista verapamil. Per il dolore acuto, ulteriori 200 mg TCH-CBD sono stati somministrati per entrambi i tipi di cefalea, a grappolo e non”.
Bilancio: la combinazione THC-CBD ha fatto registrare appena migliore sulla diminuzione del numero di attacchi rispetto all’amitriptilina (-40,4 per cento contro -40,1) però i cannabinoidi hanno ridotto del 43,5 per cento l’intensità del dolore tra i pazienti con emicrania, identico risultato sul gruppo di volontari con emicrania a grappolo ma fra coloro che la avevano sin dall’infanzia.
Inoltre la dottoressa Nicolodi ha fatto notare che, rispetto ad altri trattamenti, quello con THC-CBD può anche portare a pochi dolori allo stomaco, ridurre il dolore nei muscoli e ridurre i sintomi della colite (infiammazione del colon).
La ricerca italiana convalida altri risultati ottenuti in precedenza da altri ricercatori nel mondo, basta prendere a esempio lo studio risalente al 2016 (Effects of Medical Marijuana on Migraine Headache Frequency in an Adult Population) dei ricercatori Danielle Rhyne Fixen, Sarah L. Anderson, Laura Marie Borgelt (University of Colorado Denver-Anschutz Medical Campus) e Margaret Gedde che appurarono una diminuzione della frequenza di cefalea emicranica da 10,4 a 4,6 mal di testa al mese.
Nel preambolo di quella ricerca Usa si legge che “gli effetti potenziali dei cannabinoidi sulla serotonina nel sistema nervoso centrale indicano che la marijuana medica può essere un’alternativa terapeutica”. Su un panel di 122 pazienti, effetti positivi su 48 (39,7%), con gli effetti più comuni nella prevenzione dell’emicrania, una ridotta frequenza di episodi (24 pazienti pari al 19,8%) e di emicrania abortita (14 pazienti pari all’11,6%).
Nello studio statunitense si precisa che per la somministrazione di marijuana medica sono state scelte le forme per inalazione per il trattamento acuto di emicrania e per abortire un attacco. Quello che le ricercatrici Usa si prefiggevano come successivo capitolo di studio era la correlazione e gli effetti dei diversi ceppi della Cannabis, la prova di diverse formulazioni dei preparati da somministrare e sulle “dosi di marijuana medica per comprenderne meglio gli effetti sul trattamento e sulla profilassi della cefalea emicranica”.
Su questi aspetti la ricerca italiana della dottoressa Maria Nicolodi è andata molto avanti.
Commenti recenti