Fitodepurazione con canapa in Sardegna a Sa Zeppara: fra poco la misurazione degli inquinanti assorbiti
In una frazione agricola di Guspini, nel Medio Campidano si va avanti con la sperimentazione del risanamento naturale dei terreni. Fitodepurazione con canapa in Sardegna a Sa Zeppara, si avvicina il momento di iniziare a misurare gli inquinanti assorbiti dalle piante in un’area fortemente contaminata da sottoprodotti di estrazioni minerarie durate oltre un secolo.
L’agenzia della Regione Sardegna per la ricerca scientifica, la sperimentazione e l’innovazione tecnologica nei settori agricolo, agroindustriale e forestale, l’Agris Sardegna, ha avuto a disposizione tre ettari grazie alla locale cooperativa agricola di Sa Zeppara, come sottolineato dall’Unione Sarda che ha raccontato la vicenda.
Naturalmente è stata utilizzata la Cannabis Sativa. A oggi le piante sono cresciute un metro e mezzo o poco più, sono fiorite riuscendo a non soccombere per la forte siccità. La raccolta del seme è prevista per dopo ferragosto.
Dalla cronica mancanza di piogge è arrivata la necessità di un impianto di irrigazione per dare continuità alla sperimentazione, uno dei pochissimi studi della coltura di canapa sativa compiuti sul campo e non in laboratorio, in ambiente protetto con la terra sistemata in vasi dove mettere una pianta di canapa.
La conduzione in campo permette di mettere in conto tutto, dalle condizioni atmosferiche alle capacità degli agricoltori nel portare avanti la canapicoltura.
Il progetto di partenza è quello presentato mesi fa per salvare il suolo della Sardegna nelle aree contaminate soprattutto da metalli pesanti (link a precedente articolo di Canapa Oggi).
La fase decisiva sarà quella di laboratorio durante la quale si potrà comprendere l’efficacia della pianta, “Dobbiamo misurare quanti metalli pesanti assorbe la pianta e con quali concentrazioni nelle sue diverse parti, dalle radici alle foglie all’infiorescenza – ha tenuto a rimarcare Gianluca Carboni, agronomo dell’Agris – Nell’area sussiste un inquinamento da piombo e zinco che è pari a venti volte il limite di legge”.
L’area riguarda gli ex terreni della Società Bastogi, prima ancora ex possedimenti della Baronessa Luigia Serra Rossi, in buona parte acquisiti dalla Regione Sardegna, basta anche rammentare la rivolta e l’occupazione delle terra da parte dei braccianti proprio a Sa Zeppara, poi l’Etfas, Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna, nato nel 1951 nell’ambito del piano nazionale di espropriazione delle terre incolte, l’esecuzione di ampi progetti di colonizzazione e di trasformazione.
Dalle buone intenzioni alla corretta applicazione però ci passa il mare. E così fu.
Negli anni 70 del 1900, due decadi dopo, la stessa Regione diede vita all’azienda agricola e zootecnica Boscosarda assegnandole mille ettari, progetto tramontato anche dopo un lento processo di bonifiche parziali durate circa cinque anni, terre quindi ancora in parte inquinate dai veleni provenienti dalle miniere locali e dalla più remota invasione a valle i fanghi di lavorazione raccolti nelle vasche dell’area mineraria piombo-zincifera di Montevecchio, episodio risalente agli anni 30 del XX secolo.
Il tentativo di risanamento “istituzionale” anche economico culminò con la chiusura del piano Boscosarda ridistribuendo le terre alla cooperativa “Sa Zeppara” formata dagli ex dipendenti dell’azienda, ma con un lavoro tutto da fare per risanare vaste aree. Da qui le le speranze e le aspettative sulle capacità di fitodepurazione grazie alla canapa.
Grande ostacolo a una più larga partecipazione di agricoltori al progetto di fitorisanamento tramite canapa, come evidenziato dall’Unione Sarda, è stato quello riguardante i problemi burocratici, il rimpallo di competenze fra ministero dell’Ambiente, Regione e comuni per quasi ogni appezzamento che si voleva coinvolgere.
Contrariamente a quanto ci si aspettava, poche le adesioni nel Sulcis.
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