CNR e Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria sul seme di Cannabis Sativa: necessaria selezione genetica delle varietà
È un prodotto eccellente per la preparazione di alimenti e mangimi proprio per il contenuto proteico, per la composizione dell’olio e per il profilo aminoacidico, ma il contenuto di alcuni composti antinutrizionali e la grande varietà di piante deve essere considerato e analizzato per un miglioramento genetico della canapa e una ricerca di varietà ottimali, oltre che di processi produttivi più adatti. CNR e Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria sul seme di Cannabis Sativa hanno molto da dire. E lo hanno scritto in un ricco rapporto dopo una lunga serie di analisi.
La ricerca è firmata dalla dottoressa Incoronata Galasso insieme ai dottori Russo, Mapelli, Ponzoni, Brambilla, Reggiani.
L’introduzione di questa ricerca targata 2016-2017 è molto chiara: “La crescente domanda di oli vegetali e proteine, insieme con l’attuale consapevolezza circa il loro ruolo nutrizionale e funzionale nella dieta umana, ha reso indispensabile caratterizzare nuove fonti vegetali. A questo proposito, il seme della canapa (Cannabis Sativa L.) contenente proteine di alta qualità e circa il 75% di acidi grassi polinsaturi potrebbe costituire una nuova risorsa umana e degli animali”.
Ottima fonte di nutrimento viene proprio dai semi di canapa per la “discreta quantità di tutti gli aminoacidi essenziali. Le due proteine principali nei semi di canapa sono la 11S globulina (edestina) e la 2S albumina”.
La prima, secondo i dati rilevati, rappresenta da sola il 60/70 per cento del contenuto proteico totale.
Ci sono però fattori che possono influenzare in maniera determinante la migliore o peggiore qualità dei semi e questi elementi non sono pochi.
“La qualità nutrizionale delle proteine vegetali è influenzata da numerosi fattori – sottolineano i ricercatori – tra cui la composizione amminoacidica e la digeribilità. La composizione in amminoacidi può essere influenzata dalla variabilità genotipica o da condizioni agronomiche, quali la fertilità del suolo e la lavorazione post-raccolta che altera il rapporto tra i componenti dei semi, mentre la digeribilità delle proteine può essere influenzata dalla struttura delle proteine, da alcuni processi industriali che utilizzano alte temperature e dalla presenza di composti antinutrizionali”.
Questi ultimi giocano un ruolo determinante sulla bontà o non-bontà del prodotto finale.
I composti antinutrizionali hanno una loro funzione in tutte le piante e i semi perché fungono da difesa contro animali predatori e patogeni.
“Quando, però, il contenuto nei semi di questi composti antinutrizionali è molto alto – indica il testo – essi determinano un effetto depressivo sulla digeribilità e sull’utilizzazione delle proteine (inibitori di proteasi, lectine, composti fenolici, saponine), dei carboidrati (inibitori dell’amilasi, composti polifenolici) e dei minerali (acido ossalico, acido fitico) da parte dell’uomo o degli animali”.
Quali varietà di Cannabis Sativa contengono la quantità più bassa di antinutrizionali? Primeggiano positivamente i genotipi di origine italiana. Ma è bene andare con ordine.
Per questo studio i ricercatori hanno analizzato 20 genotipi ottenuti dalla banca dei semi, da ditte sementiere o da scambi con altri ricercatori. Varietà dioiche e monoiche di origine italiana ed estera.
Tra le dioiche, Finola, Carmagnola, Carmagnola Selezionata (CS), Fibranova, CAN19, 20, 24, 26, 39, 40, 48, 51, 58. Tra le monoiche, Fedora, Futura75, Felina32, Ferimon, Codimono, Carmaleonte, KC Dora.
Recentemente, è stato dimostrato che la farina di canapa contiene alcuni di questi composti antinutrizionali, inibitori di proteasi, tannini condensati, glicosidi cianogenici, saponine ed acido fitico. Quest’ultimo e gli inibitori di tripsina sono stati trovati in non moderata quantità nei semi di canapa.
“L’acido fitico (mio-inositolo esafosfato) è la principale forma organica di fosforo presente nei semi di moltissime piante. La sua presenza riduce l’assorbimento di macro e micro elementi nel tratto gastrointestinale dell’uomo e degli animali monogastrici (ndR: i non ruminanti, tanto per intendersi) essendo un forte chelante di cationi minerali come zinco, calcio, magnesio e ferro con cui forma dei sali”.
In breve questi minerali vengono legati chimicamente e resi non assimilabili. I fitati formano poi legami complessi con residui amminoacidici delle proteine, diminuendone così la digeribilità.
Da parte loro gli inibitori di tripsina possono bloccare gli enzimi digestivi diminuendo la capacità di assimilare le proteine.
Così i ricercatori sono andati ben a fondo e hanno analizzato i semi delle diverse varietà considerate. Hanno quantificato – come specificato nello studio – i contenuti di acidi grassi, proteine, e composti antinutrizionali, ed è stata determinata la composizione amminoacidica delle proteine.
Allo stesso tempo “è stata avviata una caratterizzazione dei geni che codificano per le proteine di riserva del seme (11S edestina e 2S albumina) volta ad individuare peptidi bioattivi (corte sequenze composte da 3 a 10 amminoacidi) aventi attività antiossidante, antipertensiva e cardioprotettiva”.
Tutti i genotipi sono stati coltivati e portati a seme nello stesso ambiente in modo da non avere variazioni dovute al suolo e alle condizioni climatiche.
L’analisi del profilo degli acidi grassi, in tutti i genotipi analizzati, ha confermato che l’olio è composto principalmente da acidi grassi insaturi e, come previsto, i più abbondanti tra gli acidi grassi polinsaturi sono risultati l’acido linoleico (18:2ω6) e α-linolenico (18:3ω3).
“Il contenuto proteico nella farina è piuttosto variabile tra i diversi genotipi. Le accessioni CAN20 e CAN40 hanno mostrato la concentrazione di proteine più alta (35,6 % del peso secco). In generale il contenuto medio di proteina nelle farine è significativamente più alto nelle accessioni (34,1%) rispetto alle cultivar (33,3%)“.
Sulla composizione amminoacidica delle proteine, le analisi non hanno rivelato grosse differenze tra i diversi genotipi di canapa, mentre il contenuto amminoacidico medio dei semi di canapa è comparabile col contenuto del seme di soia (il legume più consumato sul fronte umano e su quello della zootecnia).
Importante nei semi di canapa il contenuto di amminoacidi essenziali (istidina, treonina, valina, metionina, triptofano, fenilalanina, isoleucina, leucina e lisina): l’uomo e gli animali non possono sintetizzarli, quindi devono assimilarli con l’alimentazione. “Le nostre analisi hanno evidenziato che quattro amminoacidi essenziali (valina, metionina, triptofano, isoleucina) su nove sono presenti in concentrazioni più alte nelle farine di canapa rispetto alla soia” che, a sua volta, prevale leggermente nei rimanenti.
Sui composti antinutrizionali, i ricercatori dell’IBBA-CNR, grazie ad alcuni progetti (Velica e Filagro) finanziati dalla Regione Lombardia e dal CNR sulla valutazione nutrizionale del seme, hanno intrapreso questo studio già da diversi anni, analisi poco percorsa in Italia negli scorsi anni perché la canapa era poco considerata come materia prima per alimenti.
Il contenuto di acido fitico (tra 43,7 e 75,5 g kg -1 di peso secco) e dell’inibitore di tripsina (compreso tra 10,8 e 27,8 unità mg -1 di peso secco) è piuttosto alto, anche se molto variabile tra i diversi genotipi come visibile dai grafici della ricerca IBBA-CNR.
I genotipi Kc Dora, Carmaleonte, CAN40 e CAN26 presentano la quantità più bassa di entrambi i composti antinutrizionali.
“In generale – evidenzia il testo di questo studio – ad eccezione di CAN48, tutti genotipi di origine italiana (CAN19, CAN24, CAN40, Carmagnola, CS, Fibranova, Codimono, Carmaleonte) mostrano un contenuto di acido fitico ed inibitori di tripsina inferiore rispetto alle varietà francesi (Futura, Felina e Ferimon)“.
Sui peptidi bioattivi con caratteristiche antiossidanti e antipertensivi presenti nei semi di canapa, il gruppo di ricerca ha avviato un lavoro di identificazione e caratterizzazione dei geni che codificano per tutte le proteine di riserva del seme: “Sono state identificate tre principali famiglie geniche che codificano per le proteine di riserva del seme: 11S edestina, 2S albumina e 7S vicilina-like (quest’ultima mia riportata prima da altri autori)“.
Da qui la frase di chiusura che è naturale prosecuzione dell’invito a una prosecuzione sulla scelta genetica per trovare varietà di Cannabis Sativa L. più desiderabili e con le caratteristiche migliori: “I risultati ottenuti mettono in evidenza che esiste una buona variabilità per tutti i componenti del seme e che questa variabilità potrebbe essere utilizzata per migliorare la qualità del seme. Infine, le conoscenze acquisite sulla struttura primaria di tutte le proteine di riserva del seme potranno essere utilizzate, in un immediato futuro, per velocizzare il ritrovamento di nuovi peptidi bioattivi anche in silico (ndR: simulazione matematica tramite computer) mediante l’uso di diversi programmi informatici“.
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