Canapa Light, controlli a campione dei Nas: EasyJoint, “Così verrà eliminato ogni dubbio e con le istituzioni ci sarà confronto risolutivo sulle infiorescenze”
Fino al 14 settembre sono stati due giorni durante i quali i carabinieri hanno agito in oltre 50 grow shop d’Italia sui prodotti a base della cosiddetta canapa light. Sono stati dei controlli a campione dei Nas: EasyJoint, “Così verrà eliminato ogni dubbio e con le istituzioni ci sarà confronto risolutivo su infiorescenze”.
A sottolineare questo capitolo è Luca Marola, socio della stessa EasyJoint che in Italia ha creato uno specifico mercato sulle infiorescenze da canapa industriale dando vita a un vero e proprio fenomeno agricolo-commerciale (link a un precedente articolo).
Canapa Oggi (CO): Vi aspettavate la campionatura sui prodotti da parte dei Nas, i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma, azione che sta riguardando non solo il prodotto EasyJoint, primario del mercato italiano, ma anche altri marchi.
Luca Marola (LM): Era veramente l’ora che iniziassero queste operazioni di campionatura. Sottolineo che non sono sequestri come alcuni hanno detto. Le Forze dell’Ordine e le istituzioni preposte faranno adesso le loro verifiche di laboratorio, ogni dubbio sul nostro operato sarà finalmente eliminato e sarà tolto ogni elemento perturbatore di quel processo di confronto e dialogo chiaro con le istituzioni che rincalzeremo con forza. Porremo l’accento sul mercato delle infiorescenze e su quanto non espresso nell’attuale norma italiana.
(CO): Doppio passaggio, pulizia da ogni dubbio ed eliminare “buchi” nei dispositivi di legge sulla canapa industriale.
(LM): “È importante spazzare via il dubbio che si stia vendendo un prodotto illegale. Viene eliminato, almeno per quanto riguarda EasyJoint, tutto ciò che possa ricondurre agli stupefacenti, a un’azione contraria alla legge a qualcosa di penalmente rilevante. L’interlocuzione sarà ricondotta subito nell’alveo della canapa industriale. Ci sarà così la certezza che il prodotto è al di sotto del limite di THC entro e non oltre lo 0,2 per cento. Su ordine del ministero della Sanità i Nas sono andati in giro per l’Italia a campionare i prodotti EasyJoint e prodotti simili: siamo i più visibili, l’operazione è nata per verificare noi, ma i carabinieri hanno trovato altri marchi e hanno campionato anche loro. In molti grow shop neppure hanno campionato perché in altro negozio avevano già prelevato prodotto di quel lotto”.
(CO): Da cosa nasce EasyJoint, quale concetto, come gli avete dato vita?
(LM): Ci siamo incuneati in un semi vuoto legislativo. A oggi la coltivazione della canapa è permessa dalla legge 242, ma il concetto di infiorescenze è stato eliminato dalla stessa legge nel processo che ha portato alla sua definizione. Ci siamo trovati con una norma che aveva e ha questa mancanza, così abbiamo deciso di imporre quest’ultimo aspetto all’attenzione della filiera e delle istituzioni, utilizzando parametri per muoverci nella maniera più corretta, con stile, trasformare questa operazione in provocazione istituzionale positiva che favorisca il dialogo e la presa di coscienza che esiste una realtà imprenditoriale italiana che produce il fiore la cui commercializzazione non è esplicitamente vietata. Il punto di caduta, se così posso definirlo, del progetto EasyJoint e della sua positiva provocazione istituzionale, è sul come presentare l’infiorescenza da commercializzare.
(CO): E qui arriviamo alla vostra comparsa sul mercato.
(LM): Usando il testo della legge sulla canapa e controllando quello sugli stupefacenti, il livello massimo di THC tollerato in campo della canapa è pari allo 0,6 per cento, soglia che esclude la responsabilità dell’agricoltore. Appena il fiore si stacca dalla pianta e dal campo, la legge che determina di cosa si tratta è quella sugli stupefacenti, in Italia e in tutta Europa. Il limite massimo di THC allo 0,2 per cento è quello che fa da linea di demarcazione fra la canapa industriale e quella che non lo è. Con questi parametri siamo andati avanti mantenendo il prodotto nell’ambito della canapa industriale, entro lo 0,2. Tenendo presente la norma, abbiamo cercato una destinazione d’uso adatta nonché esistente nella legge: l’uso tecnico e lo scopo di ricerca è l’unico elemento su cui ci siamo appigliati. Qui sta il giochino provocatorio-lessicale.
(CO): E a quale contestazione vi hanno fatto i Nas?
(LM): I Nas che sono andati nei negozi a campionare hanno obiettato proprio sulla correttezza o meno della nostra etichettatura. È normale che l’istituzione dica “no, così non ci va bene”. Da questo punto inizia il tira e molla con le stesse istituzioni, confronto che porterà a individuare la giusta formulazione dell’etichetta e quindi la corretta destinazione e definizione dell’infiorescenza. In questo modo si capirà se la commercializzazione dell’infiorescenza è lecita o meno.
(CO): Se questa è la vostra seconda fase, quella “contrattuale” di definizione, strategicamente cosa ha definito la prima?
(LM): Prima abbiamo dato vita a un fenomeno concependo il progetto EasyJoint, raccogliendo velocemente l’attenzione generale su quello che stavamo facendo, valorizzando dal punto di vista economico le infiorescenze per motivare l’intera filiera della canapa nel seguire e nel partecipare a questo progetto. Così è stato: una fase da attuare prima dell’interlocuzione con le istituzioni. Adesso abbiamo 52 aziende produttrici di canapa che sono al nostro fianco, molte lo fanno da diversi anni, anche dieci. Abbiamo scelto di privilegiare la rete di distribuzione del prodotto tramite i grow shop piuttosto che vendere online, proprio per allargare il fronte di interesse e di complicità sul progetto.
(CO): Quindi, con le infiorescenze si apre un altro momento di confronto con le istituzioni. Parallelamente c’è la necessità di chiarezza che riguarda la mancata definizione del tenore massimo di THC nei prodotti alimentari per consentirne la commercializzazione.
(LM): La filiera della canapa è oggi impegnata sui due fronti: quello della legittimazione e accettazione istituzionale del mercato delle infiorescenze che, è bene dirlo, sta sostenendo il comparto; dall’altro l’innalzamento del tasso di THC tollerato negli alimenti derivati da canapa. In Germania sono già più avanti su quest’ultimo punto, sul dibattito dell’innalzamento non problematico del valore, il che non vuol dire fare cibo che fa sballare, non c’entra nulla, semmai significa accettare valori di THC presenti nella materia prima, quelli che non producono effetto psicotropo e che possono essere riportati sugli alimenti. Fra le diverse realtà della filiera si lavora insieme organizzandoci e valorizzando le rispettive competenze. Come Federcanapa è capofila su questa parte appena descritta, noi siamo la guida su quanto riguarda le infiorescenze.
Buongiorno, mi piacerebbe rimanere informato sul tema.
Massimiliano
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