Cannabis a uso terapeutico, tempi stretti in Parlamento per la proposta di legge. Cosa cambierebbe?
Oltre un centinaio di emendamenti (103), esame, discussione e voto da velocizzare, il ritorno in Aula il 27 settembre dopo questo passaggio in commissione Affari Sociali della Camera (coinvolta anche la commissione Giustizia). Per la cannabis a uso terapeutico, tempi stretti in Parlamento per la proposta di legge.
Tutto fa perno sull’Atto Camera 76 che riguarda la proposta di legge suddivisa in sei articoli e con primo firmatario Realacci più altri 46 parlamentari. L’esame in commissione Affari Sociali è iniziato il 18 luglio 2017.
Il documento riguarda le “Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di utilizzo di farmaci contenenti derivati naturali e sintetici della cannabis indica a fini terapeutici”.
Il preambolo della proposta di legge (già presentata il 15 marzo 2013) non lascia dubbi sul fatto che per i farmaci è previsto l’utilizzo di derivati sia naturali della Cannabis Indica che di sintesi, quindi frutto da estrazioni dalla pianta o di sole alchimie da laboratorio: “La presente proposta di legge intende disciplinare, sotto il profilo organizzativo e procedurale, l’utilizzo di farmaci contenenti derivati, naturali e sintetici della cannabis indica, di seguito «cannabinoidi», a fini terapeutici nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN)”.
Il testo fa poi precisi riferimenti alle sperimentazioni e prove cliniche, alle indicazioni terapeutiche già registrate o in prospettiva. Logica vuole che, visto l’alto numero di emendamenti, diversi particolari potrebbero cambiare rispetto a quanto descritto in questo articolo. Bisognerà aspettare ancora un po’ per la veste definitiva.
C’è da ricordare che nel nuovo disegno della disciplina nei confronti degli stupefacenti, “due principi attivi derivati dalla cannabis indica, il delta-9 tetraidrocannabinolo e il trans-delta-9-tetraidrocannabinolo (dronabinol)”, oltre a un cannabinoide di sintesi, il Nabilone, furono inseriti nel 2007 “nella tabella II, sezione B, allegata al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309”.
Il che vuol dire che dieci anni fa queste sostanze divennero utilizzabili terapia farmacologica.
Cosa cambierebbe con l’approvazione di questa proposta?
All’articolo 5 (Coltivazioni autorizzate) di questo nuovo provvedimento si parla di nuovi siti per la produzione ci canapa terapeutica e di come potranno essere individuate: “Con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono disciplinati i criteri per l’individuazione di aree idonee e le modalità di effettiva coltivazione della cannabis indica, la cui produzione è finalizzata esclusivamente a soddisfare il fabbisogno nazionale di preparati medicinali, in attuazione dei titoli II e III del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni”.
Sulle coltivazioni e produzioni vietate, viene proposta una variazione sostituendo il comma 2 dell’articolo 26 del testo unico di cui al DPR 9 ottobre 1990/309: “Il Ministro della salute può autorizzare enti, imprese, istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle piante indicate”. Vietata l’autocoltivazione da parte dei pazienti.
All’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990/309 viene proposto un nuovo comma, il 7-bis, che stabilisce proprio come il ministero della Salute, il Servizio Sanitario Nazionale e gli altri organi della Sanità debbano informare e formare gli operatori sanitari sull’uso appropriato della cannabis indica, dei farmaci contenenti derivati naturali o sintetici e sugli effetti indesiderati.
All’articolo 2 il testo viene cambiato per semplificare le procedure utili alla prescrizione dei farmaci contenenti derivati naturali o sintetici della cannabis indica (il nuovo comma 1-ter): “In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, la consegna di sostanze sottoposte a controllo può essere fatta anche da parte di operatori sanitari, per quantità terapeutiche di farmaci contenenti derivati naturali o sintetici della cannabis indica, accompagnate da dichiarazione sottoscritta da un medico di medicina generale, di continuità assistenziale o dal medico ospedaliero che ha in cura il paziente, che ne prescriva l’utilizzazione nell’assistenza domiciliare di pazienti affetti da una sintomatologia che risponda favorevolmente a tali preparati”.
All’articolo 43 (Obblighi dei medici chirurghi e dei medici veterinari) arriva un nuovo comma, il 4-ter, riguardante la compilazione di ricette per le prescrizioni di questi preparati, questi devono essere compilati “in duplice copia a ricalco in base a un modello predisposto dal Ministero della salute, prodotto e distribuito da tipografie autorizzate e completato con il timbro personale del medico chirurgo”.
Al comma 5-bis dello stesso articolo 43 si stabilisce che la prescrizione di questi farmaci “può comprendere fino a due preparazioni o dosaggi per cura di durata non superiore a un mese. La ricetta deve contenere l’indicazione del domicilio e del numero di telefono professionali del medico chirurgo da cui è rilasciata”.
All’articolo 45 (Dispensazione dei medicinali), si inserisce un comma 8-bis che stabilisce come decorsi trenta giorni dalla data del rilascio, la prescrizione medica anche dei farmaci contenenti derivati naturali o sintetici della cannabis indica non può essere più spedita.
“Salvo che il fatto costituisca reato“, la sanzione amministrativa per chi non rispetta quanto stabilito (nuovo comma 9), sale di parecchio rispetto al precedente intervallo compreso tra i 100 e i 600 euro: la sanzione minima è più che quintuplicata, 550 euro; quella massima si moltiplica per oltre venti volte, raggiungendo i 12.580 euro.
Per quanto riguarda le somministrazioni in ambito ospedaliero, queste saranno effettuate “nei limiti del bilancio aziendale, in coerenza con gli strumenti della programmazione delle aziende sanitarie locali” e sarà possibile solo alle seguenti condizioni:
a) la fase di inizio del trattamento si svolge presso strutture ospedaliere o a queste assimilabili;
b) l’eventuale prosecuzione del trattamento in sede di dimissioni assistite del paziente è condizionata all’esigenza di una continuità terapeutica con il ricorso ai farmaci contenenti derivati naturali o sintetici della cannabis indica già utilizzati nelle strutture;
c) i farmaci contenenti derivati naturali o sintetici della cannabis indica sono acquisiti tramite la farmacia ospedaliera.
Sull’acquisto esterno di farmaci (articolo 4 della proposta di legge) riguardante le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere e universitarie nonché le strutture private accreditate che erogano prestazioni in regime ospedaliero ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente, bisogna prendere come riferimento il decreto del ministro della Sanità 11 febbraio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 1997: è consentito solo quando altri farmaci disponibili si sono dimostrati inefficaci o inadeguati al bisogno terapeutico del paziente, in conformità a quanto previsto dall’articolo 2 del già citato decreto ministeriale dell’11 febbraio 1997.
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