Alcuni cannabinoidi potranno rappresentare nuove possibilità di lotta contro il cancro: la ricerca degli accademici serbi
Fuori da ogni trionfalismo o da qualsiasi atteggiamento opposto, è indubbio che alcuni cannabinoidi potranno rappresentare nuove possibilità di lotta contro il cancro. Questa probabilità (non certezza né altro) è stata data anche da uno studio della Facoltà di Medicina , Istituto Oncologico di Vojvodina, Sremska Kamenica e dal Dipartimento di Chimica, Biochimica e Protezione Ambientale, Facoltà di Scienze, entrambi all’Università di Novi Sad in Serbia.
Fra le conclusioni di questa analisi pubblicata dal The Journal of Alternative and Complementary Medicine e redatta dai ricercatori Višnja Bogdanović, Jasminka Mrdjanović e Ivana Borišev, è tracciato un periodo chiave: “Sono stati scoperti, sviluppati e utilizzati un gran numero di composti a base di cannabinoidi per studiarne gli effetti sui tumori in modelli di laboratorio. Tuttavia, pochi studi clinici sono stati condotti sull’uso dei cannabinoidi nel trattamento dei tumori negli esseri umani. Ulteriori studi richiedono un ampio monitoraggio degli effetti dei cannabinoidi da soli o in combinazione con strategie antitumorali standard. Con tale conoscenza i cannabinoidi potrebbero diventare un’opzione di terapia nell’oncologia contemporanea”.
Quindi, è una possibilità concreta. Tra i fautori, coloro che nel mondo hanno registrato risultati sperimentali in tal senso, si aggiungono quindi anche i ricercatori serbi.
Sono ulteriori evidenze in netto contrasto con quello su cui si intende discutere e decidere alle Nazioni Unite, la possibile inclusione del CBD cannabidiolo fra le sostanze che devono avere restrizioni internazionali come fosse una droga, inserito negli elenchi internazionali di farmaci psicotropi e narcotici, liste che si applicano a 187 paesi, secondo la Programmazione internazionale delle droghe, la Convenzione sulle sostanze psicotrope, la Convenzione unica sui farmaci nocivi (#UNhandsoffCBD – a questo link la sottoscrizione per tentare di bloccare questo processo).
Tra i ricercatori del mondo che stanno studiando una possibilità di lotta al cancro tramite cannabinoidi e in particolare con il CBD, basta ricordare un altro studio, quello del professore Massimo Nabissi (leggi articolo), ricercatore del gruppo di Patologia ed Immunologia della Scuola del Farmaco e dei Prodotti della Salute e del suo laboratorio all’Università di Camerino.
Oppure, le evidenze espresse durante il 27° simposio annuale della International Cannabinoid Research Society dove nuovi risultati sperimentali e clinici hanno messo il CBD cannabidiolo al centro di nuovi traguardi terapeutici per cancro, epilessia, Alzheimer, ipertensione (vedi articolo).
Tornando ai ricercatori dell’Università di Novi Sad, i loro risultati sono estremamente chiari: “La Cannabis Sativa è una pianta ricca di più di 100 tipi di cannabinoidi. Oltre ai cannabinoidi vegetali esogeni, sono stati identificati endocannabinoidi mammiferi e analoghi cannabinoidi sintetici. I recettori canadinoidi tipo 1 (CB1) e tipo 2 (CB2) sono stati isolati e contraddistinti dalle cellule dei mammiferi. Attraverso le linee di segnalazione di recettori dei cannabinoidi e non recettori, i cannabinoidi mostrano citotossicità (ndR: insieme di attività biologiche di cellule del sistema immunitario che porta alla morte per apoptosi di cellule infettate) specifica contro le cellule tumorali, proteggendo al contempo il tessuto sano dall’apoptosi (ndR: fenomeno controllato geneticamente che determina la morte programmata di una cellula a un certo punto del suo ciclo vitale). Utilizzando un’ampia gamma di linee di cellule cancerose sono stati studiati i doppi effetti antiproliferativi e proapoptotici dei cannabinoidi e delle relative vie di segnalazione”.
“I cannabinoidi mostrano anche una potente attività antitumorale – continuano i ricercatori serbi – contro gli xenograft tumorali (ndR: Pdtx – quando il tessuto canceroso da un tumore primario di un paziente viene impiantato direttamente in un topo immunodeficiente), compresi tumori con un’elevata resistenza ai chemioterapici standard. Pochi studi hanno analizzato i possibili effetti sinergici dei cannabinoidi con le terapie oncologiche standard e si basano sul concetto preclinicamente confermato di ‘sensibilizzanti cannabinoidi‘. Inoltre, studi clinici volti a confermare l’attività antineoplastica dei cannabinoidi sono stati valutati solo su un numero limitato di soggetti, senza conclusioni univoche sulla loro efficacia”.
Dalle osservazioni venute fuori nella ricerca, i cannabinoidi hanno quindi dimostrato di avere la possibilità di una potente azione antitumorale in molteplici cellule malate umane e animali in vitro e in vivo. Si ritiene che queste sostanze influenzano la crescita tumorale attraverso vari meccanismi, prevalentemente mediante induzione della morte cellulare o apoptosi e inibizione della proliferazione delle cellule tumorali. L’efficacia dell’attività antitumorale cannabinoide dipende dalla loro capacità di stimolare la morte cellulare apoptotica mediata dall’autofagia (nutrirsi di sé stessi).
“Secondo i dati disponibili in letteratura – proseguono – l’autofagia inibisce la trasformazione maligna nei primi stadi di sviluppo del tumore. Tuttavia, nelle fasi avanzate di progressione tumorale, l’autofagia fornisce energia per le maggiori richieste di crescita tumorale, consentendo alle cellule maligne di resistere alla terapia citotossica e alla morte cellulare”.
In breve, pur di resistere, in fase avanzata dei tumori, le cellule maligne riescono a sopravvivere alle terapie mirate anti cancro nutrendosi di loro stesse. Un meccanismo micidiale.
Una serie di esperimenti condotti su linee di cellule tumorali, melanoma, pancreatiche ed epatiche, ha confermato che l’attivazione dell’autofagia da cannabinoidi porta alla morte cellulare. Riguardo questo effetto, un cannabinoide che ha un ruolo chiave è il THC.
Volendo essere più tecnici, sperando che il lettore di questo articolo non abbia a soffrirne riportando quanto scritto dai ricercatori serbi, “il legame del THC ai recettori cannabinoidi porta alla stimolazione de novo della sintesi sfingolipidica e innesca percorsi, includendo la segnalazione relativa allo stress del reticolo endoplasmatico (ER) che, di conseguenza, promuove l’autofagia”.
Gli sfingolipidi sono tra i “mattoni” del plasmalemma e delle membrane biologiche in generale: hanno un ruolo chiave nel differenziamento cellulare, nella motilità cellulare, nell’apoptosi appunto e nella proliferazione cellulare.
“È stato dimostrato che il THC compie il suo effetto antitumorale nelle cellule del melanoma mediante autofagia (con conseguente apoptosi) e lo fa non solo mediante l’attivazione dello stress ER, ma anche da inibizione TRIB3-dipendente della segnalazione Akt/mTORC1 (ndR: in cellule normali necessaria alla progressione del ciclo cellulare, alla trascrizione, alla traduzione, al differenziamento, all’apoptosi, alla motilità e al metabolismo cellulare, ma sregolata da neoplasie maligne contribuendo alla patogenesi tumorale e all’induzione della resistenza alle terapie)“.
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