Radicali e associazione Adelaide Aglietta chiedono tavolo tecnico su cannabis terapeutica
Antonella Soldo, presidente dei Radicali Italiani e Giulio Manfredi dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta prendono posizione sulla cannabis medica: “Il ministero della Difesa e quello della Salute aprano subito un tavolo tecnico con gli operatori del settore e con gli assessori regionali alla Sanità per affrontare finalmente e seriamente la questione degli approvvigionamenti di cannabis terapeutica, senza intaccare le speranze di migliaia di malati e senza intaccare i bilanci dello Stato”.
Soldo e Manfredi prendono spunto anche dalla gara indetta per fornire lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze con cento chili di cannabis a uso terapeutico, sottolineando come al bando abbiano risposto solo due aziende tedesche. I Radicali rimarcano come sia “incredibile e inaccettabile che non si sia cercato nessun operatore in Italia. Inoltre, è incredibile e inaccettabile il costo dell’operazione”, circa 6.000 euro al chilo, per questo secondo gli attivisti occorre l’apertura di un tavolo di settore.
Ci sono però da rammentare due elementi: primo, l’urgenza di reperire altra materia prima per riavviare le forniture di cannabis terapeutica già molto scarse da mesi e finite da dicembre; dall’altra l’impossibilità normativa, fino a oggi e per qualsiasi realtà pubblica o privata, di produrre cannabis medica a esclusione del solo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze.
Per riuscire a definire produttori locali occorre tempo e in questo passaggio 2017-2018 l’emergenza era trovare subito una fornitura.
Il bando quindi non avrebbe mai potuto avere come partecipanti delle realtà italiane, pubbliche o private che fossero.
L’emergenza dei pazienti non può aspettare i tempi di un giusto e sacrosanto tavolo tecnico che disegni, senza attendere troppo, il sistema produttivo italiano per la cannabis medica. Ma la fornitura serve adesso (anzi, serviva già oltre due mesi fa) e questo punto andava slegato immediatamente dalle strategie di produzione locali.
Se si deve lavorare per una stabilizzazione, una fornitura almeno sufficiente e, perché no, diventare anche esportatori di cannabis terapeutica immettendosi nel ricco mercato internazionale, sarebbe prima di tutto il caso di dare il via a produttori italiani, che siano strutture pubbliche (vedi l’ipotesi di Grosseto) che private, dietro rilascio di autorizzazioni ben precise e come era stato delineato nella legge passata alla Camera il 19 ottobre 2017, norma che doveva avere il sigillo finale del Senato… ma l’iter si è bloccato per lo scioglimento delle Camere e l’indizione delle elezioni politiche il 4 marzo 2018.
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