Importazioni di Cannabis Light Legale, che confusione svizzera… o meglio, italiana?
Nel mare magnum di disposizioni, pareri e leggi sembra lievitare il caos, spesso alimentato da dispositivi contraddittori emessi negli anni. Questa volta tocca alle importazioni di Cannabis Light Legale dalla Svizzera.
Questa volta ad aggiungere incertezze, allarmismi e dubbi è un circolare riportante un documento datato primo marzo 2018, firmato dal dottor Maurizio Montemagno, direttore centrale dell’Agenzia delle dogane per il Friuli, etichettata nell’oggetto semplicemente come “importazioni di Canapa Sativa“.
Già così è molto generica, ma il vero nodo del contendere è la Cannabis Light o Canapa Legale d’oltralpe.
Alcuni ne hanno scritto dando ormai per spacciate le importazioni dalla Svizzera. Una cosa è sicura, dopo l’emanazione di questa circolare, l’aumento di confusione alle stesse dogane e tra rivenditori-importatori.
La valutazione finale espressa dall’avvocato Zaina insieme a scenari giuridici, tutto riportato in fondo a questo articolo, è una chiara sentenza sulla circolare e sul parere collegato.
Il parere sulle importazioni di Cannabis Light Legale dalla Svizzera: chi lo ha espresso
La circolare fa capo quindi a quanto comunicato dal ministero della Salute, Direzione Generale dei Dispositivi medici e del Servizio Farmaceutico alla Direzione generale di Prevenzione sanitaria Usmaf Sasn Lazio Marche Abruzzo e Molise U.T. Ciampino.
Come indicato nel documento, “Il parere suddetto è stato reso in risposta ad un quesito formulato dall Ufficio delle Dogane di Roma I. Sot di Campino concernente prodotti provenienti dalla Svizzera contenenti infiorescenze di Cannabis corredate di certificazione attestante un contenuto di THC inferiore allo 0.6% di THCA inferiore 0.6% e di Cannabidiolo superiore al 10%“.
Importazioni di Cannabis Light Legale dalla Svizzera: è vero blocco?
Il documento in questione è intestato “Direzione Centrale Antifrode e Controlli”.
Primo punto: non importa che il livello di THC sia basso ed entro lo 0,6%-0,2% o ancora al di sotto di tali limiti perché la legge 242 del 2016 sulla Canapa Industriale italiana si riferisce solo alle varietà certificate in Europa; tutte le altre sono classificate come stupefacenti quindi ricadono nel DPR 309/1990 – testo unico sugli stupefacenti.
Quindi, la circolare si riferisce all’articolo 1 della legge 242, comma 2 dove è sottolineato che la materia Canapa Industriale italiana “si applica alle coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”.
Per il cosiddetto catalogo si fa riferimento oggi alla XXXV edizione del Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole (articolo 17 della direttiva CE) e il suo sesto complemento, il più recente. Ma la lista viene continuamente aggiornata con nuove edizioni e complementi.
Punto dolente della circolare: “non risultano varietà di Cannabis sativa ammesse in Svizzera”, quindi non la si può importare
In Svizzera non ci sono colture di Cannabis Sativa? E da quando? Semmai l’unico punto da sottolineare era che non devono essere considerate le varietà di Sativa NON certificate in Europa.
L’avvocato Carlo Alberto Zaina, ben noto nel settore per i suoi pareri e interventi, attacca con asprezza il documento incriminato: “per Cannabis Sativa si intende unanimemente un unico genere e varietà botanica di piante di canapa, dalla quale si distinguono poi ulteriormente le sottospecie che prendono il nome di Sativa Indica e Ruderalis e che possono essere regolamentate per il loro livello di THC. Queste ulteriori denominazioni concernono il tipo di crescita della pianta, pur rimanendo come classificazione originaria quella della CANNABIS SATIVA. Dunque la Cannabis Sativa e le sue varietà sono ammesse anche in Svizzera”.
Eppure la circolare questo recita: “Il suddetto Dipartimento specifica, poi, che ‘non risultano varietà di Cannabis sativa ammesse in Svizzera (…)’… il Ministero così si esprime: ‘si ravvisa, pertanto, che i prodotti a base di Cannabis provenienti dalla Svizzera, paese in cui tra l’altro non risultano ammesse varietà di cannabis di cui al catalogo comune sopra citato, in assenza inoltre nella legge n 242/2016 di disposizioni in materia di importazioni di varietà di Cannabis di cui al medesimo catalogo comune, non possono essere autorizzati all’ingresso in Italia“.
E ancora, sempre nel parere-circolare: “Alla luce di quanto sopra illustrato in particolare alla indicazione espressa in ordine alla inammissibilità di autorizzare l’ingresso in Italia di prodotti a base di Cannabis provenienti dalla Svizzera, si dispone che le eventuali partite in importazione vadano rispedite in Svizzera, non essendo ammesse le importazioni della specie, alla luce dei chiarimenti al momento forniti. Per quanto riguarda le partite di merce già oggetto di procedimento penale, codesti uffici porteranno a conoscenza della A.G. procedente il contenuto della presente“.
Affermazione così sconcertante (scrivere solo “specie”, senza specificare, è assurdo) da spingere anche Alberto Spurio, noto esperto in fatto di Canapa Industriale, a rimarcare le perplessità: “Non si può considerare la canapa specie. Come si può vietare l’importazione di tutto comprese quelle delle varietà certificate solo perché arrivano dalla Svizzera?”.
Importazioni di Cannabis Light Legale dalla Svizzera: il CBD-medicinale? L’involuzione/confusione rispetto a precedenti circolari
È una stranezza che balza agli occhi, ma non perché sia l’unica. Riguarda la considerazione che bisognerebbe avere del CBD Cannabidiolo presente nelle infiorescenze: non è sostanza psicotropa, non è stupefacente, questo viene scritto, ma deve essere considerato come un medicinale, quindi nell’ambito del decreto legge 219/2006 sui medicinali…
Così le infiorescenze con CBD finiscono nel calderone dell’Aifa e dello stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, descrivendole come mezzo per produrre medicinali: sconcertante e non si comprende.
Ecco il testo: “l’impegno di tali infiorescenze per la produzione di medicinali può essere autorizzato solo nel rispetto delle norme in materia di medicinali che consentono unicamente ad officine farmaceutiche autorizzate dall’AIFA la possibilità di utilizzare le piante di cannabis, secondo specifiche procedure dalla coltivazione al confezionamento finale e alla somministrazione al paziente, come attualmente avviene per lo stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze“.
Eppure il 22 settembre 2008 in una risposta del Dipartimento dell’Innovazione Direzione Generale dei farmaci e dispositivi medici, non si faceva alcun riferimento al CBD come medicinale: si specificò solo che non era classificabile tra gli stupefacenti: “il Cannabinolo (CBN) ed il Cannabidiolo (CBD), pur avendo un’attività farmacologica riconosciuta, non sono stati inclusi nella tabella I come principi attivi con proprietà stupefacenti o psicotrope”.
Nulla di più.
Ma adesso il nuovo parere complica le cose secondo una nuova “visione farmacologica” del cannabidiolo così irregimentato.
A far risaltare questa distorsione è ancora l’avvocato Zaina.
“Nulla di più errato! – scrive deciso il legale – Dimentica o ignora il firmatario della circolare che l’articolo 2 comma 2 lettera a) della legge 242/2016 prevede fra le destinazioni d’uso della canapa industriale prodotti alimentari e cosmetici“.
“Allo stato attuale, il CBD è il componente principe di queste due tipologie di prodotto, che non sembrano proprio potere venire assimilate di farmaci – sottolinea ancora Zaina – A prescindere, poi, dalla considerazione che la sussunzione del CBD nella categoria dei farmaci è attualmente assolutamente arbitraria, in quanto tale molecola non gode, per ora, di alcuna sicura evidenza scientifica che le giustifichi a fini terapeutici o specificatamente medicali“.
Importazioni di Cannabis Light Legale e legge 242, altra incongruenza
“… in assenza inoltre nella legge n 242/2016 di disposizioni in materia di importazioni di varietà di Cannabis (ndR: dalla Svizzera) di cui al medesimo catalogo comune, non possono essere autorizzati all’ingresso in Italia“…
Anche qui non è chiaro il legame tra la materia trattata dalla legge 242/2016 e le importazioni dalla Svissera.
Da qui diventa di nuovo prezioso il parere legale espresso da Zaina.
“Anche questa affermazione è sicuramente errata e sorprende non poco – scrive l’avvocato – La fonte normativa per l’importazione di prodotti derivata dalla coltivazione della canapa industriale non può certo essere ravvisata nella L. 242/2016 che ha, all’evidenza, ben altri e differenti scopi”.
“La importazione dalla Ue e da paesi extracomunitari di prodotti derivati dalla canapa è libera e non soggetta a dazi doganali, se non al pagamento dell’IVA – prosegue Zaina – I prodotti devono avere due precise caratteristiche che vanno certificate all’origine e, semmai, verificate dall’agente doganale, prima di intraprendere provvedimenti eclatanti ed inutili e cioè il rispetto del limite dello 0,6% per il THC e la provenienza da colture effettuate con l’uso di semi certificati”.
“Dunque appare assolutamente ingiustificato – conclude l’avvocato – ed assertivo (siccome indimostrato) il divieto di importazione così sancito, che anche sul piano squisitamente giuridico non trova nessun serio e razionale fondamento”.
Le conclusioni dell’avvocato Zaina sulla circolare riguardante l’importazione di Cannabis Light Legale
“Il commercio con la Svizzera è stato bloccato sulla scorta di un atto che appare del tutto privo di valore giuridico estrinseco – sottolinea Carlo Alberto Zaina – potendo essere considerato al più una mera raccomandazione”.
“Se esso fosse, invece, ritenuto un ordine – scrive ancora il legale – si dovrebbe, allora, porre il problema giuridico della legittimità (o meno) di un ordine fondato su evidenze pseudo scientifiche del tutto errate e della doverosità, per il singolo sottoposto del rispetto di tale ordine ove ritenuto illegittimo (art. 51 c.p.)”.
“Pare di potere affermare – prosegue – che questa circolare, se interpretata come costituente un ordine vincolante, potrebbe – se valutata illegittima per palese infondatezza dei presupposti – comportare indubbi riflessi e conseguenze giuridiche. Ciò potrebbe avvenire, anche se, a cascata, l’emanante l’ordine potrebbe a sua discarico evocare la erroneità del parere del Ministero. In buona sostanza vedremo chi si assumerà la responsabilità di affermare che l’atto è legittimo e che i presupposti sui quali poggia sono corretti”.
“Resta il fatto di una situazione di rilevante gravità – chiude Zaina – rispetto alla quale è necessario un intervento anche di natura giudiziaria, per verificare la ammissibilità dell’atteggiamento assunto dalla Agenzia delle Dogane”.
Ottimo articolo! Bisogna sensibilazzare le persone e dare le giuste informazioni.