Cannabis terapeutica e lesione cerebrale traumatica, prospettive molto promettenti
Tumori cerebrali, Parkinson (PD), Alzheimer (AD) e lesione cerebrale traumatica (TBI – Traumatic Brain Injury)/encefalopatia traumatica cronica (CTE). Queste alcune delle condizioni che non hanno ancora avuto una soluzione farmacologica vincente per le terapie neurologiche capaci di andare oltre il trattamento sintomatico dei disordini neurodegenerativi. Cannabis terapeutica e lesione cerebrale traumatica (TBI), questa sembra essere una nuova e vincente frontiera dei trattamenti farmacologici, grazie a preparati della pianta di canapa.
Il tutto è stato evidenziato anche in una ricerca firmata da Ethan Budd Russo per l’ICCI, l’Istituto Internazionale Cannabis e Cannabinoidi di Praga (vedi a questo link) pubblicata su NCBI, National Center for Biotechnology Information/Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche – Biblioteca nazionale americana di medicina dell’Istituto per la salute statunitense.
Questa tipologia di traumi interessa per buona parte la popolazione giovanile, magari come conseguenza di un incidente durante il quale la testa sbatte contro il volante dell’auto (tanto per fare un esempio) o in cadute anche durante lo sport (amatoriale o professionale). Nessuna frattura al cranio, nessun gonfiore, nessun coagulo di sangue nel cervello o intorno a esso nelle forme più lievi che sono anche le più diffuse e le più subdole.
Dopo un evento traumatico di questo tipo, tutto sembra normale in un primo momento, solo qualche mal di testa, brevissimi attimi di offuscamento della vista, sonnolenza per alcuni istanti, ma anche confusione, vertigini, incapacità di sopportare il suono e la luce, problemi di memoria e concentrazione, cambiamenti d’umore, affaticamento.
Sembra qualcosa di poco conto, ma il danno alle cellule cerebrali c’è stato. Poi esistono naturalmente i traumi più gravi che, come conseguenze, provocano ecchimosi, emorragie interne fino alla morte neuronale e/o perdita di tessuto cerebrale.
Cannabis terapeutica e lesione cerebrale traumatica: la casistica nel TBI
Ogni anno più di un milione e mezzo di individui hanno lesioni cerebrali traumatiche: tra questi, circa 800.000 richiedono prime cure ambulatoriali e 270.000 sono ricoverati in ospedale. Ogni anno ci sono circa 52.000 morti e 80.000 riportano permanenti disabilità neurologiche grave causate da un trauma cranico più intenso.
Per buona parte i casi di lesioni alla testa vengono considerati di forma lieve e si consiglia in prevalenza il riposo… senza prescrivere trattamenti farmacologici.
Purtroppo la casistica ha messo in evidenza come le persone colpite da lesione cerebrale traumatica (TBI) hanno un’aspettativa di vita che peggiora notevolmente rispetto al resto della popolazione.
Chi è affetto da questi traumi può presentare neuroinfiammazione e rottura cerebrovascolare, subire effetti tossici di alcuni particolari amminoacidi sui neuroni (Eccitossicità), fenomeni che ne determinano l’eccitazione fino a provocarne la morte.
Il tutto è associato a un enorme peggioramento della qualità della vita perché comporta effetti a lungo termine con evidenti disturbi fisici, cognitivi e psicologici.
Cannabis terapeutica e lesione cerebrale traumatica: l’influenza del sistema endocannabinoide nel riparare i danni
Nelle ore, nei giorni e nelle settimane che seguono un evento traumatico di questo tipo, si manifesta il potenziale riparatore del tessuto cerebrale da parte del sistema endocannabinoide. Le prove sono sempre più evidenti e numerose.
Nei momenti di osservazione pre clinica è stato dimostrato dimostrato che nelle ore successive al trauma, nel cervello vi è un aumento graduale del cannabinoide endogeno, l’anandamide (principio farmacologico neuromodulatore: il suo contenuto nel cervello aumenta in seguito a stress) suggerendo che forse questo riflette una risposta auto-neuroprotettiva.
Dopo l’urto e il danneggiamento iniziale, l’area della contusione viene indicata come la lesione primaria e l’area circostante viene definita come paracontusionale.
Non solo l’area di impatto è danneggiata, ma anche la fisiologia dell’area circostante viene influenzata, quindi si espande l’area del cervello che presenterà un danno.
Molto promettenti sono le terapie neurologiche che incorporando i fitocannabinoidi neutri tetraidrocannabinolo (THC), cannabidiolo (CBD), i loro precursori acidi, THCA e CBDA, oltre ai terpenoidi (composti correlati ai terpeni con atomi diversi dal Carbonio a far parte dell’anello del composto ciclico e differente struttura molecolare).
Come sottolineato dalla ricerca dell’ICCI di Praga, vengono messi in moto meccanismi endocannabinoidi sia mediati dall’attività diretta su CB1 e CB2 (tetraidrocannabinolo, THC, cariofillene), recettore-gamma attivato dal proliferatore dei perossisomi (PPARγ; THCA), 5-HT1A (CBD, CBDA) o anche approcci nutrizionali che utilizzano prebiotici e probiotici.
Da sottolineare che questi stessi trattamenti si dimostrano vincenti non solo nei casi di lesioni cerebrali traumatiche, ma anche in quelli di epilessia intrattabile, tumori cerebrali, Parkinson e Alzheimer.
Gli effetti antiossidanti neuroprotettivi dei cannabinoidi (ndR: Hampson et al., 1998) sono particolarmente rilevanti nella loro capacità di contrastare l’eccitossicità del glutammato che porta alla morte neuronale dopo un trauma cranico (TBI).
La morte dei neuroni immediatamente successiva a una lesione cerebrale traumatica, viene notevolmente ridotta con la somministrazione di agonisti del recettore CB2 o inibitori di enzimi che normalmente degradano gli endocannabinoidi.
Le combinazioni diverse di THC e CBD sono state estremamente utili nel trattamento dei sintomi di encefalopatia traumatica cronica (CTE): mal di testa, nausea, insonnia, vertigini, agitazione, abuso di sostanze e sintomi psicotici.
La demenza pugilistica o “sindrome del punch-ubriaco” ha attirato molta attenzione per la sua apparente frequenza tra i giocatori veterani del football americano (il 96 per cento di questi ha evidenziato un decorso degenerativo delle capacità cerebrali), incluse le vittime di traumi cranici ripetitivi per cause diverse: altri sport di contatto, soldati e persino nel calcio per contatti traumatici dovuti a colpi di testa tra giocatori.
Come rimarcato dal neurologo Ethan Budd Russo, i benefici neuroprotettivi dei fitocannabinoidi, in particolare del CBD, hanno fornito un utilissimo supporto per gli studi di questi agenti nella sindrome post-traumatica e nella prevenzione delle CTE.
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