Nicomede Di Michele (Fracta Sativa): l’articolo di Quattroruote sulla Cannabis Light, un’occasione mancata per una riflessione sull’importanza della Canapa Industriale in Italia
Si moltiplicano le considerazioni sull’articolo pubblicato dal mensile automobilistico Quattroruote sulla Cannabis Light cercando erroneamente di ricomprendere così l’intero universo della Canapa italiana.
Dopo il comunicato e le considerazioni dell’Associazione Canapa Sativa Italia CSI su questo fatto, ecco che ha preso posizione anche dell’avvocato Nicomede Di Michele, figura ben nota nel settore della Canapa Industriale, presidente dell’Associazione Fracta Sativa Unicanapa che organizza e realizza l’annuale Fiera nazionale “Canapa é” (vedi a questo link) in quel di Frattamaggiore (Napoli). Evento che ogni anno vede la fase finale del concorso nazionale sul migliore olio di canapa (premiati i primi tre durante la manifestazione) e una ricca serie di approfondimenti su ogni aspetto legato alla filiera della canapa italiana, oltre a una ricca esposizione di produttori soprattutto sull’alimentare e sul tessile.
“Più che a facili battute, l’incipit dell’articolo avrebbe potuto essere l’occasione per una riflessione sull’importanza che oggi la canapa industriale, tra cui l’infiorescenza cosiddetta Light, sta riscuotendo in Italia, soprattutto tra i giovani – sottolinea l’avvocato Di Michele – A parte l’opinione negativa di alcuni ricercatori, dettata forse più da un timore per l’assenza di dati clinici sugli effetti dell’uso prolungato della Cannabis Light, che da risultati scientifici, le conclusioni cui è giunta l’inchiesta di Quattroruote pubblicata sulla rivista di novembre 2018, secondo cui l’assunzione di cibo a base di cannabis light può determinare una modifica dello stile di guida, a ben vedere non presentano elementi tali da supportare l’impressione iniziale. Anzi, si potrebbe addirittura sostenere il contrario“.
Il presidente di Fracta Sativa Unicanapa rincara la dose e analizza quanto affermato da Quattroruote sulla Cannabis Light (il mensile nomina solo questa): “Ma vediamo nel particolare quali sono i punti di non condivisione del testo. Innanzi tutto non è esatto dire che la legge 242 del 2016, recanti disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (Cannabis sativa L.), non consente la vendita delle infiorescenze. L’art. 2 comma 2 lettera g), tra i possibili usi, contempla espressamente la coltivazione destinata al florovivaismo e la circolare del MIPAF del maggio del 2018 ne ribadisce la liceità”.
“Salvo a voler ritenere la normativa una contraddizione in termini – prosegue – tutti i prodotti che si ottengono dalla canapa industriale, ossia da varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, sono da considerare perfettamente legali e non proposti “come legali”. La precisazione non è di mero stile, ma tende a precisare che una tale locuzione sottace una condizione di tollerabilità”.
“Il test eseguito dalla rivista, al fine di verificare eventuali incidenze sulla guida di cibi a base di cannabis light – rimarca Di Michele – ha una sua meritevolezza purché ovviamente l’indagine sia effettuata con rigore scientifico e le notizie riguardanti l’esperimento divulgate in maniera tale da non creare confusione nel lettore. Avendo l’indagine in questione riguardato la canapa come alimento, dal tenore dell’articolo si è portati a ritenere che la parte edibile della Cannabis Sativa L. sia solo la “Cannabis Light”, includendovi in tale definizione oltre all’infiorescenza anche il seme di canapa. In realtà non è così: i semi e le infiorescenze sono due parti della pianta completamente differenti per caratteristiche e qualità”.
“L’eccessiva generalizzazione può indurre facilmente il lettore nella convinzione che, per scongiurare pericoli alla guida sia da evitare il consumo di tutto ciò che provenga dalla canapa, compresi i semi – avverte l’avvocato – Così non è, ragion per cui urge una precisazione, non fosse altro per evitare possibili influenze negative in un settore in continua espansione come quello della canapa alimentare, le cui qualità nutraceutiche sono acclarate e scientificamente provate”.
“Attualmente la parte edibile della pianta di canapa è costituita dal seme, privo, si ribadisce, di principi attivi – sottolinea Di Michele – Il seme può essere utilizzato tal qual, decorticato o per estrarre l’olio, mediante apposito procedimento di premitura. Inoltre, con la farina, che si ottiene a seguito del procedimento di estrazione, si possono realizzare innumerevoli prodotti da forno, come la pasta, il pane, i biscotti e quant’altro la fantasia di chi è addetto ai fornelli è in grado di suggerire”.
“A differenza delle infiorescenze – descrive con precisione decisiva l’avvocato – il seme di canapa è dotato di ben altre qualità: è ricco di proteine, acidi grassi polinsaturi (90%), vitamine ed enzimi, oltre a contenere tutti gli otto aminoacidi essenziali al nostro organismo. È un alimento a tutti gli effetti ed è riconosciuto tale dalla circolare del Ministro della salute del 22 maggio 2009: cosa che invece non avviene per l’infiorescenza (cannabis light) venduta appunto per uso tecnico, ricerca, sviluppo, collezionismo”.
“Altro punto non condiviso dell’articolo è l’automatismo con cui l’autore fa dipendere l’assunzione di cannabis (light?) con lo stato di alterazione psicofisica – rimarca Di Michele – A determinare tale stato concorrono ben altri fattori, quali il tempo di assunzione, la quantità e qualità della sostanza. Inoltre, per l’applicazione dell’art. 187 del CdS occorre che sussistano entrambe le condizioni, giacché la sola assunzione di sostanze psicoattive non sempre determina un’alterazione psicofisica (Cass. Pen. 18786/2017)”.
“Inoltre qualche inesattezza si rinviene nel testo laddove l’autore attribuisce al CBD, principio attivo rinvenibile nelle infiorescenze, effetti “sedativi ed ipnotici” – evidenzia il presidente di Fracta Sativa Unicanapa – Tale sostanza, secondo quanto emerge dalla letteratura scientifica, non interferisce affatto sul sistema nervoso centrale e non ha effetti sedativi ipnotici, incidendo solo sul sistema nervoso periferico. Ad ogni buon conto, dalla condotta dei tester, ai quali sono stati somministrati in forme diverse prodotti ottenuti dai semini di canapa e dalle infiorescenze (al primo solo dolci, al secondo dolci e liquidi al terzo solo liquidi), non sono emersi elementi tali da avvalorare la tesi dei “prudentisti”. Tutt’altro. Dopo aver ingerito cibi a base di cannabis light nei soggetti non sono state riscontrate tracce di THC, CBD e CBN, così come nessuno dei tester nelle due prove ha abbattuto i birilli, per la pace dei detrattori”.
Infine, Nicomede Di Michele rimarca ancora e con forza l’incongruenza insita nell’articolo pubblicato da Quattroruote: “Nonostante il test non abbia evidenziato elementi tali da far ritenere pericoloso l’assunzione di cibi a base di cannabis light, l’inchiesta sconsiglia ugualmente l’uso del prodotto per ragioni prudenziali. Un eccesso di prudenza, dettato forse più da motivi ideologici che da ragioni scientifiche, per quanto legittimo nelle sue motivazioni, non contribuire certamente a chiarire eventuali problematiche, potendo costituire un danno soprattutto coloro che utilizzano la cannabis per motivi terapeutici”.
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