Debutto del Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa: garanzia per un prodotto Made in Italy di qualità, dialogo con le istituzioni contro preconcetti e retaggi devianti
Camera dei deputati, debutto del Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa, nato e voluto come sinonimo operativo di garanzia per un prodotto Made in Italy legale, di prima qualità, tracciato in ogni fase, dal terreno alle mani del consumatore.
Accentramento della raccolta delle materie prime, database con chiavi d’accesso fornite alle Forze dell’Ordine per scambio dati, valori e tracciature dei prodotti. Sigillo di qualità e trasparenza, quindi, su ciò che la filiera della Canapa industriale crea grazie al Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa che intende garantire tutto il processo, dalla coltivazione fino alla commercializzazione.
“Tutte le confezioni delle aziende aderenti al consorzio e dotate del marchio di certificazione, riporteranno numero di lotto e seriale univoco – ha annunciato Davide Galvagno, vicepresidente del Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa – In questo modo di ogni confezione si saprà la provenienza e chi deve venderla e tutti i dati relativi ai numeri seriali saranno a disposizione delle Forze dell’Ordine dando la chiave d’accesso al database”.
Cosa non secondaria di questa filosofia d’azione: il Consorzio intende liberare la filiera da catene-retaggi ideologici che danneggiano un settore dalle enormi potenzialità e che nell’ultimo anno ha visto nascere 700 nuove aziende.
Un marchio distintivo che “renda subito riconoscibile ciò che è serio, la Canapa industriale, da quello che non lo è”, come detto da Stefano Zanda, direttore generale del Consorzio che con questa trasparenza produttiva e tracciabilità garantite, auspica un’immediata e strettissima collaborazione tra canapicoltori, trasformatori, commercianti e Forze dell’Ordine.
Questi alcuni dei contenuti che hanno caratterizzato il debutto del nuovo ente giuridico di garanzia della filiera il 4 aprile 2019 alla Sala delle conferenze stampa della Camera dei Deputati. Una soluzione dovuta per un comparto in piena evoluzione, in Italia 3.000 ettari in produzione, 15.000 punti vendita, un fatturato che in Europa sarà di 28 miliardi di euro entro il 2021, “con l’obiettivo di portarne a casa, in Italia, tra i sei e gli otto miliardi facendoci forti del Made in Italy che non è solo un brand, ma un sistema di qualità reale facilitato da condizioni climatiche uniche”, ha rimarcato Zanda.
Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa, i relatori alla conferenza stampa-debutto di Montecitorio
Al tavolo centrale come relatori, Sara Cunial (deputato M5S) che ha dato l’avvio alla presentazione, Silvia Benedetti (deputato gruppo Misto) che in commissione Agricoltura ha portato una sua risoluzione che investe l’intero comparto chiarificandone possibilità, aspetti, produzione nella ricerca di colmare punti normativi mancanti.
Come esponenti del Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa, Ornella Palladino che ne è presidente, Davide Galvagno, vicepresidente e Stefano Zanda, direttore generale. Tutti e tre sono personaggi con grande esperienza imprenditoriale nel settore della Canapa, Membri di spicco diell’Associazione CSI-Canapa Sativa Italia, conoscono bene le criticità del comparto e le sue enormi potenzialità.
Hanno acquisito una notevole competenza nella filiera, frutto di tantissimi anni di lavoro, conoscenza che hanno messo a disposizione del Consorzio per renderlo operativo al massimo grado e pronto a toccare i punti salienti dell’intero processo produttivo e degli iter burocratico-legali.
Parlando di leggi e loro applicazioni, al tavolo dei relatori era presente anche l’avvocato Giacomo Bulleri, anch’egli ormai con una pluriennale esperienza dedicata al settore, professionista che sta alla base della definizione e operatività legale del Consorzio.
Definizione del Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa, interventi alla conferenza di debutto
L’idea del Consorzio, spiegano dall’organizzazione, nasce dalla necessità di creare un modo di pensare al positivo volendo correggere le deviazioni di chi, troppo spesso, non conoscendo bene di cosa si tratta, fa di tutta “l’erba un fascio”.
L’intento è dare la prova che il mondo della Canapa industriale è semplicemente un nuovo comparto agricolo che ha regole ben precise e operatori preparati nonché pronti a essere controllati e già ben attivi nel controllarsi tutelando il buon nome e la credibilità dell’intera filiera. In breve, il Consorzio è lo strumento giusto per fare la differenza dando continuità alla legge fondamentale del settore, la 242 del 2016 e rappresentando una filiera che include tutti gli operatori coinvolti, dalla canapicoltura alla commercializzazione.
Il consumatore è posto in primo piano nell’azione del Consorzio, visto che l’acquirente avrà modo di identificare e tracciare tutto il processo produttivo di quanto andrà a comprare.
Imprenditori, commercianti, agricoltori e operatori del settore rassicurati anche nel dialogo immediato con le istituzioni in modo da garantire serenità operativa, programmare tranquillamente gli investimenti e, per i “debuttanti” della filiera, avere la sicurezza di poter investire in questo settore che prospetta grandi sbocchi e interessantissimi guadagni. Da questo punto di vista è una serenità che è data anche a investitori esteri che oggi attendono una maggiore chiarezza interpretativa delle norme e un miglioramento di queste ultime per poter riversare le loro risorse nella Canapa industriale Made in Italy.
“Durante la scorsa legislatura si è riusciti a portare a casa la legge 242 grazie a un lavoro trasversale tra forze politiche – ha detto il deputato Sara Cunial – azione che ha anche semplificato una normativa dando una grossa mano al settore conferendo così un giusto riconoscimento agro-culturale e sostenendo fattivamente la costruzione della filiera”.
“Ci sono delle criticità ancora da sanare – ha aggiunto la Cunial – Nella 242 si era tentato di inserire un giusto riconoscimento alle infiorescenze, ma non ci si è riusciti. Ci si riprova adesso, in questa legislatura, sia al Senato che alla Camera: in quest’ultima con la proposta di legge 1038 di cui sono prima firmataria. Soprattutto in questo momento in commissione Agricoltura della Camera si sta discutendo la risoluzione Benedetti”.
Situazione legale del settore, il Consorzio, il rapporto con le istituzioni e le Forze dell’Ordine: parla l’avvocato Bulleri
“Da qualche anno mi occupo delle normative legate alla Canapa legale e sostengo alcune realtà aziendali italiane e straniere del settore – ha esordito l’avvocato Giacomo Bulleri – Quando mi hanno coinvolto nell’iniziativa riguardante il Consorzio, ho subito accettato con entusiasmo e soddisfazione perché proprio il Consorzio era una tipologia di soggetto, anche da un punto di vista strettamente giuridico, mancante all’interno della filiera. Questo Consorzio nasce dall’esigenza degli imprenditori della filiera di dare continuità alla legge 242 che è stata voluta per dare vita e sostegno alla filiera della Canapa industriale”.
“Quindi, prima di tutto, è fondamentale definire cosa si intende per Canapa industriale – ha proseguito il legale – Per definizione apparentemente molto semplice, la canapa è definita, per norma europea, come prodotto agricolo proveniente da varietà certificate iscritte in determinati elenchi-registri comunitari, con principio attivo THC (ndR: con effetti psicotropi) al di sotto di termini di legge che a livello comunitario è dello 0,2%, per altri paesi è lo 0,3%, fino alla Svizzera che fissa un tetto massimo dell’1%”.
“In virtù di tutta la normativa, a qualsiasi livello, internazionale, europea e italiana, la Canapa industriale non ha nulla a che vedere con sostanze stupefacenti – ha sottolineato Bulleri – Per Filiera della Canapa industriale, come indicato in legge, si intende tutta la fase di iter produttivo come avviene per tutti gli altri prodotti agricoli e per le altre filiere agroindustriali: quindi l’insieme di coltivazione, trasformazione e, come logico corollario, la commercializzazione dei prodotti che da questa filiera giungono. Limitare il commercio solo ad alcuni prodotti di filiera o ad alcune parti della pianta e non ad altre, significherebbe incentivare una filiera che non esclude il fiore, ma che semplicemente non ne parla, identificando un uso non meglio definito che oggi è stato compensato con indicazioni-tampone, come uso tecnico o altri termini da raccordare con le singole normative di settore”.
“Il nome Consorzio nazionale per la tutela della Canapa è già una definizione che pone l’accento sul suo scopo – ha detto l’avvocato Bulleri – Quindi, nell’accezione più ampia possibile, tutela della filiera della Canapa industriale, quindi tutela del consumatore che ha garanzia di utilizzare prodotti assolutamente sicuri frutto di una filiera identificabile e tracciabile. Tutela nei confronti dell’imprenditore, degli operatori di settore che hanno bisogno di certezze per programmare investimenti o, ancora più a monte, decidere se investire in questo settore che ha dimostrato di essere non solo fortemente innovativo, ma molto interessante dal punto di vista economico”.
“Tutela nei confronti delle istituzioni – ha proseguito il legale – perché in questa fase il Consorzio rappresenterà un nuovo soggetto giuridicamente corretto con il quale interfacciarsi e con il quale dialogare in massima trasparenza, efficacia e rapidità in ogni momento, anche durante le fasi dei controlli e per qualsiasi aspetto della coltura e produzione della canapa. Il Consorzio va a dialogare direttamente con le Forze dell’Ordine che in questi due anni, vuoi anche per dei retaggi derivanti da motivi culturali che inevitabilmente associano la Canapa industriale-prodotto agricolo agli stupefacenti, vuoi per forzature interpretative che in parte derivano pure dal settore, hanno finito per applicare degli strumenti e delle procedure tipiche della repressione e prevenzione rispetto agli stupefacenti, azioni nei confronti di un prodotto che stupefacente non è”.
“Il Consorzio si propone quindi di colmare quel gap all’interno del solco della legalità, azione che, però, deve essere reciproca – ha concluso l’avvocato Giacomo Bulleri – Se il Consorzio ha come fine quello di garantire la piena conformità dei prodotti di filiera alla normativa, dall’altra parte è necessario che gli operatori di settore garantiscano la piena legalità nei confronti di istituzioni e Forze dell’Ordine onde evitare provvedimenti restrittivi che l’esperienza ci dice essere frutto più che altro di paure infondate piuttosto che di dati effettivi. Il tutto considerando anche il presupposto sui pronunciamenti della Cassazione che ha già chiarito da molti anni, ancora prima della legge 242, come un valore di principio attivo THC che sia inferiore allo 0,5% non rappresenti effetti psicoattivi e quindi non identifichi una condotta punibile a livello penale”.
Filosofia e azione spiegate dai vertici del Consorzio Nazionale per la Tutela della Canapa
Per dare piena libertà di fare impresa eliminando i vecchi steccati culturali e le paure che con la Canapa industriale non hanno motivo di esistere, “serve creare un pensiero positivo attorno al mondo della canapa – ha sottolineato Ornella Palladino, presidente del Consorzio – Ci si è resi conto che, troppe volte, parlare di cose lontane dall’agricoltura limita la fiducia nel nostro settore. Il mondo della canapa è un mercato in fase embrionale, ma in pieno sviluppo. Non si può più prescindere dalla necessità di certificare il prodotto, sia a livello di qualità sia a livello di tracciabilità. Vogliamo che siano enti terzi a controllare”.
“Quel che viene creato dalla filiera della Canapa industriale deve essere soprattutto un prodotto di qualità a prescindere dall’utilizzo finale, dalla sua destinazione – ha aggiunto la Palladino – Questa proprietà deve essere riconoscibile con immediatezza e facilità. Pensiamo quindi all’applicazione di un marchio di qualità che permetta questa identificabilità, che permetta l’individuazione come prodotto italiano. Un marchio che deve essere percepito come un valore aggiunto e che elimini ulteriormente ogni accomunamento con commerci non legittimi, con la sostanza stupefacente”.
“Già dal 1961 con la redazione della convenzione sugli stupefacenti – ha concluso la presidente del Consorzio – all’articolo 28 la Canapa industriale e i suoi derivati venivano esclusi da questo ambito della convenzione stessa. Questa cosa è importante, è l’elemento che ci fa forti e che ci convince come il nostro lavoro non ha zone grigie, non ha zone d’ombra”.
“Il Consorzio, per le aziende aderenti o che collaboreranno, si occuperà dell’approvvigionamento delle varietà certificate alla fonte, viste le grandi quantità necessarie. Quindi con tracciabilità certa di partenza e a dei prezzi accettabili per tutte le realtà agricole, soprattutto per le varietà dioiche, scalzando i ‘movimenti’ speculatori già in atto da tempo – ha rimarcato Davide Galvagno, vicepresidente del Consorzio – Vogliamo sensibilizzare le associazioni attive perché abbiamo problemi a livello europeo proprio con le varierà certificate”.
“Perché questi problemi? Le varietà certificate sono bellissime, ma al 99 per cento dei casi non adatte ai prodotti del terzo millennio – ha proseguito Galvagno – molto indirizzate alla fibra, mentre sono migliorabili sia per le proprietà nutrizionali dei semi nella produzione alimentare, sia per la stabilità e per tutti gli altri utilizzi come l’estrazione: abbiamo bisogno di altro. Essendo varietà molto instabili con popolazioni varietali molto eterogenee, si cercherà di andare a sensibilizzare anche il Crea-Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria e Bruxelles per cominciare a parlare di riproduzione agamica che eviterebbe tutta una serie di problemi. Su questo punto bisogna informare proprio chi deve legiferare che non ne è a conoscenza”.
“Alla luce di tutto questo stimoleremo diverse organizzazioni come la Coldiretti per definire al meglio un disciplinare di produzione – ha concluso Galvagno – Inoltre, il Consorzio vuole mettere in piena sicurezza legale tutta la filiera, basti pensare che sul fronte analisi di laboratorio non esiste un protocollo univoco con le ovvie conseguenze, confusioni e differenziazione dei risultati: occorre definire al più presto un unico metodo da far applicare a livello nazionale”.
“Occorre creare un sistema limpido e utilizzabile da Forze dell’Ordine, dal consumatore finale e dai commercianti in modo da capire cosa acquistare, cosa promuovere, ma anche cosa evitare se non denunciare – ha sottolineato Stefano Zanda, direttore generale del Consorzio – Il mercato della Canapa industriale è in una fase iniziale e di espansione incredibile. Stando questa situazione, deve essere chiaro un pensiero: il Consorzio è un ente di garanzia che rappresenta un patto cruciale e di ferro tra i produttori, la linea del commercio e le Forze dell’Ordine, è veramente vitale farlo oggi per dare riconoscibilità alla serietà di questo settore che non ha nulla a che vedere con gli stupefacenti. Stiamo cercando di seminare fiducia mettendoci in mezzo tra i diversi attori del comparto, le istituzioni e i consumatori”.
“Negli ultimi dieci mesi, più o meno, abbiamo letto una media di tre articoli al giorno su sequestri di prodotti al giorno, azioni che avvengono per lo più nei punti vendita – ha proseguito Zanda – Un’ingrata immagine per chi lavora nella piena liceità e per chi produce in Italia creando parecchio lavoro realizzando prodotti di altissima qualità e salubri. Era ed è necessario, quindi, creare un sistema chiaro, facilmente leggibile dalle Forze dell’Ordine e dal rivenditore stesso che, ancora in questo momento, non ha del tutto la cultura, la conoscenza e la capacità necessarie per scegliere un prodotto lecito e salubre distinguendolo da un altro illecito, non salubre e al di fuori dalla Legge 242. Questo è l’aspetto più importante, rendere semplice la visibilità di un prodotto da scegliere, quello giusto, di qualità e corretto grazie a un sigillo brevettato, antieffrazione”.
L’importanza di non fare confusione tra un settore agricolo, produttivo, imprenditoriale e quanto sta nell’illegalità: unica ricetta per lavorare al meglio e fare norme efficaci
“Abbiamo capito che si tratta di un modo di fare impresa, che si tratta di un comparto produttivo – ha detto il deputato Silvia Benedetti (gruppo Misto)- Quello che purtroppo ho riscontrato è che non tutti i colleghi parlamentari e quelli della stessa commissione Agricoltura, hanno idea di cosa voglia dire fare impresa nel mondo della Canapa. Forse hanno pensato che quando abbiamo licenziato la Legge 242 del 2016, fare canapa significasse coltivarla per il piacere di vedere uno spettacolo di foglie nei campi e lasciarle lì senza tener conto dell’intera filiera produttiva, dei rilievi tecnici raccontati anche oggi dagli altri relatori”.
“Quello che ho cercato di dire con la mia risoluzione – ha continuato la parlamentare – è, diamo finalmente una risposta alle tante esigenze inevase del settore. Quando lincenziammo la 242 del 2016, si scrisse ai sensi dell’articolo 2 che, in sostanza, le infiorescenze fresche o essiccate non dovevano essere minimamente considerate lasciando in questo modo un vulnus, non rendendosi conto che un imprenditore coltiva sì Canapa, ma deve trarre dei prodotti e avere fonti di reddito”.
“La questione non è essere folcloristici lanciando delle proprietà miracolose, ma la questione è essere professionali – ha sottolineato la Benedetti – che i prodotti si possono fare con i giusti controlli, con la giusta tracciabilità: questa è la strada migliore per dare risposte a chi di altre forze politiche ancora non comprende il senso di questo mondo produttivo”.
“Abbiamo presentato la risoluzione con l’intenzione di risolvere questo nodo dal punto di vista della Canapa a uso industriale – ha concluso il deputato Benedetti – Sarebbe utile e molto importante che tutto il comparto della Canapa industriale facesse vedere a quelle forze politiche che hanno preso la canapa come fosse solo stupefacente, che invece sono due ambiti del tutto differenti. L’approccio corretto è quello pragmatico, quello ragionato. Politicamente questa è la strada migliore per rendere giustizia a un comparto che giustamente vuole crescere, che ha diritto di fare impresa ed essere un ottimo mercato. Nelle cose ragionate, nelle cose controllate, protocollate, dando già delle risposte nelle facilitazioni dei controlli, si trova la giusta strada da percorrere”.
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