Cannabis terapeutica, criticità infinita: pur ammessa dal Sistema Sanitario, se ne troverà ancora meno?
Non ce n’è e, forse, ne mancherà ancora di più. Eppure ne hanno bisogno pazienti farmacoresistenti, affetti da diverse patologie a cominciare da malattie degenerative del sistema nervoso, senza contare l’utilizzo per terapie del dolore durante chemioterapie per gli affetti da forme tumorali. Questi sono solo pochissimi esempi sui tanti casi per i quali la Cannabis terapeutica è prescrivibile dal Sistema Sanitario Nazionale.
Purtroppo ci si trova in continua crisi di fornitura nazionale, manca negli ospedali e nelle farmacie con differenziazioni notevoli da regione a regione e il disagio dei malati non trova conforto. Un caso già raccontato da Canapa Oggi è quello di Alessandro, ragazzo siracusano affetto da sclerosi multipla (link all’articolo).
Cannabis terapeutica, produzione italiana destinata a rallentare per mancanza di talee?
Allarmante la situazione già oggi sulla mancanza di fornitura e, forse il tutto potrebbe peggiorare come riportato anche da un quotidiano nazionale (Il Fatto Quotidiano del 14 ottobre 2019, argomento liquidato in una breve). La notizia riportata sarebbe che nessuno oggi produce più le talee destinate poi alla canapicoltura nell’unica struttura italiana preposta alla produzione della Cannabis terapeutica, lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM).
Le talee dovrebbero essere fornite dal Crea-Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ma la convenzione è scaduta il 30 giugno, termine che era già frutto di una proroga, quindi al centro ricerche di Rovigo la produzione di piantine si è bloccata il 13 settembre.
Ai vertici amministrativi dello Stato, in questo caso al ministero della Salute non sembrano preoccupati facendo conto sulle piantine prodotte a settembre attendendo il rinnovo della convenzione col Crea da parte del ministero dell’Agricoltura.
Si può restare “appesi” all’attesa di un rinnovo di convenzione, quando anche negli scorsi anni, in tempi di normale lavoro, la produzione italiana era già molto al di sotto del fabbisogno? A chi ne ha bisogno, chi ci pensa?
È stato fatto ricorso più volte a bandi di fornitura cui hanno partecipato aziende estere per dotare il sistema sanitario italiano di ulteriori quantitativi di Cannabis terapeutica. L’ultima vincitrice del bando del ministero della Difesa chiuso a giugno 2019, è stata un’azienda canadese del Gruppo Aurora: doveva fornire 400 chili, ma l’ultimo lotto da 40 chili ad alto contenuto di CBD è stato annullato.
Eppure lo stesso Crea si è proposto come produttore, mentre già da tempo molte regioni hanno sancito la volontà di predisporre siti produttivi. Però, senza una legge nazionale che permetta di produrre Cannabis terapeutica al di fuori dell’impianto militare di Firenze, non si potrà andare avanti.
La vicenda richiama riporta la memoria a cinque anni fa, al 2014 quando lo Stato era sì indirizzato a produrre la Cannabis terapeutica nello stabilimento militare di Firenze, ma il centro di ricerche di Rovigo del Crea (allora denominato Cra Cin di Rovigo), dove la Canapa era oggetto di ricerca scientifica e fornitura piante alla struttura fiorentina, rischiò la chiusura per la cosiddetta spending review: per la corsa a tagliare le spese delle infrastrutture statali si intendeva chiudere proprio il centro di studi e analisi buttando nella spazzatura quelli che, già allora, erano 12 anni di studio in materia (e non solo sulla Canapa).
Come si comprende, la storia della Cannabis terapeutica italiana è sempre stata in salita, mai una vicenda semplice. Una panoramica viene dagli articoli di Canapa Oggi scritti sul tema (link alla sezione).
Oltretutto, la nostra pianta di Canapa è tra le migliori al mondo grazie alla favorevole situazione microclimatica italiana, ma dobbiamo dare denaro ad aziende estere per sopperire (sempre in maniera insufficiente) alla mancanza di materia prima nostrana.
Panorama tragico per chi deve seguire terapie a base di Cannabis terapeutica
Passano gli anni e nulla cambia. Di Cannabis terapeutica non se ne trova a sufficienza e se un malato cronico prova a tenersi qualche piantina in casa, da solo rischiando dal punto di vista giudiziario, viene denunciato e tutto gli viene sequestrato. Come è accaduto ad Arezzo a Walter De Benedetto, disabile di 48 anni afflitto da artrite reumatoide da quando aveva 16 anni, su sedia a rotelle da diversi anni, invalido al cento per cento, compressione midollare che ha superato di molto i due centimetri (1,20 centimetri al collo), non può alzare molto la testa né girarla in pieno, e il dolore è fortissimo: la prescrizione del sistema sanitario, pari a un grammo al giorno, gli è ormai insufficiente a vincere il dolore, a permettergli di dormire e di mangiare con serenità e completezza.
Da anni ha chiesto di adeguare la dose alla sua situazione clinica, ma nulla. Così ha tenuto alcune piantine, undici (11), in casa per sopperire alla mancanza ma, per la dilazione di qualche vicino, sono arrivati i carabinieri che hanno sequestrato tutto e messo le manette all’amico che stava annaffiando le piante (Walter non riesce a fare neppure questa semplice operazione).
Perché lasciare questa indicibile sofferenza a Walter che nel suo futuro ha come traguardo finale la totale paralisi e l’essere intubato? Un esempio, questo, tra i tantissimi possibili su diversi gradi di gravità, uno scampolo di vita dolorosa che ultimamente ha fatto molto rumore e suscitato la solidarietà di tantissimi.
Ma non si può andare avanti così, poggiandosi solo sulla solidarietà, mentre il sistema sanitario nazionale non ha a disposizione materia prima sufficiente al bisogno dei malati e non adegua (o non può adeguare) le prescrizioni.
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