CBD anti Sars-Cov-2: nuove speranze e nuove evidenze sull’efficacia contro questo coronavirus
Le ultime notizie provengono da più fonti, dallo studio dei ricercatori del Medical College of Georgia-Augusta University, dalla panoramica tracciata nella pubblicazione Cannabis and Cannabinoid Research, Volume 5, Numero 2, del 2020 della Mary Ann Liebert, Inc e dalle società israeliane di ricerca e sviluppo Eybna e CannaSoul Analytics. Il risultato convergente è uno: l’efficacia del CBD anti Sars-Cov-2.
Un precedente articolo di Canapa Oggi sull’argomento comprendente un’altra ricerca, è leggibile a questo link.
Le sperimentazioni sono ancora in fase iniziale, è un settore nuovo per l’applicazione del CBD Cannabidiolo nel campo della terapia che contrasti malattie da virus. Ancora più nuovo nel tentativo di bloccare o attenuare le infezioni da questo particolare Coronavirus che ha scatenato una pandemia a livello globale.
Le evidenze CBD anti Sars-Cov-2 dal Medical College of Georgia
Come rilanciato anche dall’agenzia stampa Adnkronos, secondo la ricerca dei i ricercatori del Dental College of Georgia e del Medical College of Georgia che hanno sede nell’Augusta University, il CBD-Cannabidiolo, metabolita non psicoattivo della Cannabis Sativa L., può aiutare a ridurre la tempesta citochinica e l’eccessiva infiammazione polmonare che è stata letale per molti pazienti infettati dal Coronavirus Sars-Cov-2.
A dirigere lo studio il dottor Babak Baban, immunologo e decano associato ad interim per la ricerca presso DCG e il dottor Jack Yu, medico-scienziato e capo della chirurgia plastica pediatrica presso MCG.
In breve, il Cannabidiolo può avere un impatto positivo sull’ARDS o Acute respiratory distress syndrome – Sindrome da distress respiratorio acuto. Si tratta di un sintomo pericoloso nell’infezione COVID-19 causato da una risposta infiammatoria a volte indicata come “tempesta di citochine”.
“I nostri studi di laboratorio – ha detto Jack Yu, coautore dello studio insieme all’immunologo Babak Baban – indicano che il Cbd puro può aiutare i polmoni a riprendersi dall’infiammazione eccessiva o dalla tempesta citochinica causata dal virus e ripristinare i livelli più normali di ossigenazione. Attualmente, oltre alle misure di supporto, non esiste una cura definitiva per l’ARDS, il che evidenzia l’urgente necessità di modalità terapeutiche creative ed efficaci per trattare questa complessa e pericolosa condizione”.
Tutto sta a individuare i giusti dosaggi e la frequenza delle somministrazioni. Per arrivare a questo devono essere portate avanti sperimentazioni cliniche per fare in modo tale che il Cbd possa diventare parte del trattamento per l’infezione Covid-19. Intanto dati preliminari mettono in evidenza come il CBD potrebbe aiutare i pazienti con difficoltà respiratorie evitando trattamenti come la ventilazione meccanica riducendo pure rischi di morte per sindrome da ARDS.
Il CBD riduce specifiche citochine come l’interleuchina (IL)-6, IL-1b e IL-17, quindi l’infiammazione può essere significativamente ridotta ponendo fine alle difficoltà e ai danni respiratori.
Nel corso degli esperimenti, i topi trattati con CBD hanno visto ridotta l’espressione dell’IL-6, importante marker per le tempeste di citochine abbassando i livelli di altre citochine proinfiammatorie.
“Il trattamento con CBD – sottolinea lo studio – ha invertito tutti questi indici infiammatori e ha parzialmente ristabilito l’omeostasi”. Nei topi trattati con CBD i ricercatori hanno rilevato pure un aumento dei livelli di linfociti nel sangue con conseguente migliori possibilità da parte dell’organismo e del sistema immunitario di combattere l’infezione.
Terpeni e CBD anti Sars-Cov-2 per Eybna e CannaSoul Analytics
Dal canto loro le israeliane Eybna (sede nel moshav di Givat Hen, vicino Ra’anana, nel territorio del Consiglio regionale di Drom HaSharon) e CannaSoul Analytics (sede di riferimento a Cesarea, in Israele), suggeriscono una combinazione di CBD e terpeni.
Come hanno potuto appurare da loro sperimentazioni, rispetto al trattamento con desametasone corticosteroide (attivo contro il rilascio di sostanze che scatenano l’infiammazione) ritenuto capace, secondo uno studio britannico, di ridurre di un terzo la mortalità nei pazienti affetti dal coronavirus, la combinazione di quegli estratti da pianta di Canapa si è dimostrata di circa tre volte più efficace nel prevenire l’attività delle citochine causata dal Sars-Cov-2.
Si chiama NT-VRL, il composto costituito da 30 diversi terpeni, una combinazione definita dalla Eybna, tutti componenti estratti dalla Canapa e utili agenti antinfiammatori oltre che sicuri per il consumo umano.
I laboratori hanno sperimentato utilizzando il solo composto, il solo CBD e la combinazione CBD/NT-VRL:
- il CBD da solo ha inibito circa il 75% delle citochine
- i terpeni da soli hanno inibito circa l’80%;
- il CBD e il composto NT-VRL insieme, hanno inibito il 90% delle citochine;
- di contro, il desametasone ne aveva inibite circa il 30%.
Per essere chiari utilizzando una definizione da vocabolario Treccani, terpene in chimica organica, è il nome generico di un gruppo di idrocarburi di formula generale (C5H8)n, presenti in olî essenziali e in resine naturali. A seconda della struttura chimica e delle piante di appartenenza, ecco alcuni esempi: ocimene e il mircene; il limonene, il dipentene e il mentano; il pinene, il triciclene. Sono utilizzati nell’industria farmaceutica, cosmetica e dei profumi.
Tra i derivati che, per precisione, andrebbero chiamati terpenoidi, i monoterpenoidi aciclici cui appartengono numerosi alcoli (citronellolo, geraniolo, nerolo, linalolo), aldeidi e chetoni (citrale, citronellale); i principali alcoli terpenoidi ciclici rappresentati dai vari isomeri del terpineolo, del borneolo, del mentolo. Ai chetoni appartengono mentone, piperitone, pulegone, carvone, canfora ecc.
Come sottolineato da Forbes che ha annunciato lo studio ancora da pubblicare, questa analisi dei laboratori israeliani si concentra sulle cosiddette tempeste di citochine, uno dei sintomi da infezione del Sars-Cov-2, che causa infiammazione, gonfiore, dolore, perdita di funzionalità degli organi fino a portare alla morte delle cellule del corpo da parte dello stesso sistema immunitario.
Nadav Eyal, co-fondatore e amministratore delegato di Eybna, ha evidenziato tre punti, “che i risultati preliminari sono altamente positivi, il composto dimostra una significativa attività antinfiammatoria dei terpeni e che i risultati demoliscono la percezione che i terpeni siano solo aromi e profumi composti con un effetto placebo. Si sta aprendo un nuovo mondo per le formulazioni naturali sinergicamente efficaci”.
Panoramica sulla ricerca nella pubblicazione Cannabis and Cannabinoid Research
Nel numero 2 della rivista specializzata -volume 5-, il preambolo dà una chiara visione della situazione: “Questi sono tempi incerti mentre tentiamo di gestire le nostre vite durante la pandemia di Coronavirus Covid-19. Non sorprende, poiché vengono discussi possibili trattamenti per Covid-19, che le persone si chiedano un ruolo per i cannabinoidi, un altro argomento associato alla mancanza di chiarezza sulla loro efficacia terapeutica. I pazienti generalmente chiedono ai clinici i benefici e i rischi dei cannabinoidi e ora i pazienti hanno iniziato a chiedere dei cannabinoidi in relazione a Covid-19“.
Scenario preesistente descritto nella pubblicazione
Questi sono tempi incerti mentre tentiamo di gestire le nostre vite durante la pandemia di Coronavirus Covid-19. Non sorprende, poiché vengono discussi possibili trattamenti per Covid-19, che le persone si chiedano un ruolo per i cannabinoidi, un altro argomento associato alla mancanza di chiarezza sulla loro efficacia terapeutica. I pazienti generalmente chiedono ai clinici i benefici e i rischi dei cannabinoidi e ora i pazienti hanno iniziato a chiedere dei cannabinoidi in relazione a Covid-19.
Due cannabinoidi correlati al delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), dronabinol e nabilone, sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti per la nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia nel 1985, con il dronabinol che ha ottenuto una seconda indicazione per la stimolazione dell’appetito in altre condizioni, come l’AIDS, nel 1992.
Un terzo cannabinoide, cannabidiolo (CBD), è stato approvato dalla FDA nel 2018 per il trattamento di due forme di epilessia pediatrica, la sindrome di Dravet e la sindrome di Lennox-Gastaut.
Oltre alle quattro indicazioni per le quali i cannabinoidi sono approvati dalla FDA, la migliore evidenza sembra essere il dolore cronico (incluso il dolore neuropatico) e la spasticità muscolare risultante dalla sclerosi multipla. Queste condizioni hanno più studi randomizzati positivi controllati (RCT-esperimento casuale controllato) e più revisioni sistematiche a supporto del loro utilizzo medico-terapeutico.
Nella panoramica degli studi sull’efficacia dei cannabinoidi su situazioni cliniche di dolore cronico, esistono anche analisi discordanti che sminuiscono in parte l’efficacia di questi trattamenti.
Tant’è che la pubblicazione evidenzia come ancora “mancano la qualità e la quantità delle prove per i cannabinoidi per il dolore cronico. La qualità delle prove a sostegno dell’uso di cannabinoidi per il dolore è non ottimale: campioni di piccole dimensioni, eterogeneità nelle misure di esito e brevi periodi di studio sono ancora alcune delle debolezze degli studi valutate come parte delle citate meta-analisi“.
Anche gli studi sugli effetti anti virali o nati sintomi da infezioni virali da parte dei composti che contengono sia THC che CBD, sono ancora limitati.
Secondo la rivista specializzata, c’è ancora molto da valutare: “Il THC o il CBD possono essere utili nelle infezioni virali in cui la risposta infiammatoria dell’ospite è patogena.
Cosa si verifica con l’infezione Covid-19: il coronavirus SARS-CoV-2, per ragioni poco chiare, innesca una tempesta di citochine – la produzione di livelli eccessivi di citochine – con conseguente iperinfiammazione. I cannabinoidi potrebbero far parte di un regime di trattamento, con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e altri farmaci che colpiscono le vie immunitarie, che potrebbero sotto-regolare la tempesta di citochine. L’attività antinfiammatoria potrebbe essere anche uno svantaggio nella lotta contro i virus poiché può mitigare le risposte immunitarie dell’ospite alle infezioni virali acute.
Conclusioni
C’è molto da comprendere e la via illustrata nei precedenti punti di questo articolo sembra andare nel solco giunto per una ricerca efficace che individui il giusto utilizzo e mix di strumenti contro gli effetti del Sars-Cov-2.
Cannabis and Cannabinoid Research sottolinea come i nabiximoli (farmaco sviluppato dall’azienda britannica GW Pharmaceuticals per sviluppare estratti standardizzati di Cannabis) hanno migliorato l’attività motoria misurata dalla presenza di infezioni del sistema nervoso centrale, attività microgliale e danno degli assoni, ripristinando contemporaneamente la morfologia della mielina in un modello virale di sclerosi multipla. In uno studio su persone affette da HIV, l’esposizione alla cannabis è stata collegata a minori probabilità di compromissione neurocognitiva.
Il CBD ha diverse caratteristiche che lo rendono molto promettente per l’attività antivirale
A differenza del THC, il CBD non è tossico e non presenta alcun potenziale di dipendenza. Altri composti di origine vegetale con una varietà di strutture chimiche hanno mostrato attività antivirale. Inoltre, il CBD può indurre l’apoptosi nelle cellule di mammifero, ritenuto come fattore essenziale delle risposte dell’ospite alle infezioni virali.
Tre studi preclinici hanno esaminato un possibile ruolo del CBD come agente antivirale:
- uno studio ha dimostrato un effetto antivirale diretto contro il virus dell’epatite C (HCV) ma non contro il virus dell’epatite B nelle linee cellulari coltivate per produrre questi virus. La replicazione di HCV viene inibita a seconda della concentrazione fino all’86,4% (EC 50 = 3,2 μM), paragonabile all’interferone alfa a 10 UI/mL.
- un’altra indagine ha mostrato un’azione virale indiretta del CBD contro l’herpesvirus associato al sarcoma di Kaposi (KSHV) in un modello di cellule endoteliali microvascolari cutanee umane infette da KSHV (HMVEC). Il CBD fino a 10 μM non ha influenzato la capacità del KSHV di infettare gli HMVEC dopo 48 ore di pretrattamento, ma ha ridotto la proliferazione delle cellule infette da KSHV (IC 50= 2 μM) e apoptosi potenziata (EC 50 = 1 μM). Il trattamento con CBD ha anche impedito la trasformazione delle cellule normali in tumori associati al KSHV.
- uno studio finale ha dimostrato che il CBD ha mitigato gli effetti della neuroinfiammazione indotta dal virus dell’encefalomielite murina di Theiler (TMEV). Il trattamento con CBD (5 mg/kg) ha ridotto l’infiltrazione dei leucociti e l’attivazione della microglia (cellule gliali che si occupano della prima e principale difesa immunitaria attiva nel sistema nervoso centrale) nel cervello dei topi con infezione da TMEV, migliorando la sintomatologia motoria e la neuroinfiammazione nella fase cronica dell’infezione.
Come sottolineato nell’edizione indicata di Cannabis and Cannabinoid Research,“Questi studi suggeriscono che il CBD è un candidato ragionevole da analizzare in modelli preclinici di coronavirus. Siamo molto lontani dal livello di evidenza richiesto per considerare l’uso dei cannabinoidi come farmacoterapia per le malattie virali, ma l’alto livello di interesse perpetuo nei cannabinoidi come medicina rappresenta un’importante opportunità per i medici“.
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