CBD e Corte di Giustizia Europea: “Il Cannabidiolo non è uno stupefacente, non è un farmaco narcotico”
“Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del Cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi”. Su CBD e Corte di Giustizia Europea, questa è la sentenza 141/2020 emessa (link al testo in formato pdf) a Lussemburgo il 19 novembre 2020.
Il dispositivo giudiziario del Tribunale (link al sito web della Corte sezione in Lingua italiana) scardina qualsiasi tentativo di nazioni europee di inserire la sostanza anche nella lista dei farmaci che fanno parte di narcotici o stupefacenti, come da recente tentativo con decreto (poi ritirato) da parte del ministero della Salute italiano (link all’articolo di Canapa Oggi).
Estraibile dalla pianta, il CBD Cannabidiolo, a differenza del THC Tetraidrocannabinolo, NON è un metabolita psicotropo.
ʺLa sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiarisce che il cannabidiolo non è uno stupefacente, anche se estratto dalla pianta di canapa nella sua interezza – ha dichiarato Sergio Martines, amministratore delegato di Canapar Corp. – Questa pronuncia apre la porta all’affermazione del mercato europeo dell’industria del CBD e mette Canapar, la società più grande in Europa nella trasformazione della canapa, nelle condizioni di dominare il business mondiale del cannabidiolo”.
“Questo vantaggio non apparterrà solo a Canapar – ha proseguito Martines – ma anche a tutte le aziende agricole che, negli ultimi due anni, hanno creduto in noi e hanno lavorato con noi. Oggi è un giorno importante e siamo certi che questa decisione avvantaggerà tutto il settore che da tempo è limitato da pregiudizi e da interpretazioni restrittive, non orientate alla crescita economica. Inoltre, l’apertura della Corte consentirà di sviluppare prodotti di sempre maggiore qualità, frutto della ricerca e dello sviluppo che riteniamo parte imprescindibile del progetto e di cui ringraziamo tutti i nostri partner accademiciʺ.
CBD e Corte di Giustizia Europea, da cosa è scaturita la sentenza che ha ribadito quanto già appurato da anni in istituti di ricerca in tutto il mondo
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha esaminato la questione Cannabidiolo partendo dal caso del CBD prodotto nella Repubblica Ceca da piante di canapa coltivate legalmente e utilizzate integralmente, foglie e fiori compresi: il prodotto veniva poi importato in Francia per produrre cartucce per sigarette elettroniche. Ma proprio nel Paese transalpino esiste un divieto nella legislazione riguardante proprio la commercializzazione del CBD: la Francia consente l’estrazione solo da semi e fibre di cannabis, non dall’intera pianta.
Urgeva quinti un pronunciamento sovranazionale.
Valutando la situazione, il Tribunale ha concluso che, “Il giudice nazionale deve valutare i dati scientifici disponibili al fine di assicurarsi che l’asserito rischio reale per la salute non risulti fondato su considerazioni puramente ipotetiche. Infatti, un divieto di commercializzazione del CBD, che costituisce, del resto, l’ostacolo più restrittivo agli scambi aventi ad oggetto prodotti legalmente fabbricati e commercializzati in altri Stati membri, può essere adottato soltanto qualora tale rischio risulti sufficientemente dimostrato”.
L’organismo giudiziario europeo sottolinea pure che “esclude l’applicabilità dei regolamenti relativi alla politica agricola comune (PAC). Infatti, tali testi di diritto derivato si applicano soltanto ai «prodotti agricoli» di cui all’allegato I dei Trattati. Orbene, il CBD, estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza, non può essere considerato come un prodotto agricolo, a differenza, per esempio, della canapa greggia. Esso non rientra, dunque, nell’ambito di applicazione dei suddetti regolamenti”.
E ancora, “La Corte rileva, poi, che per definire le nozioni di «droga» o di «stupefacente», il diritto dell’Unione fa riferimento, in particolare, a due convenzioni delle Nazioni Unite: la convenzione sulle sostanze psicotrope e la convenzione unica sugli stupefacenti. Orbene, il CBD non è menzionato nella prima e, sebbene un’interpretazione letterale della seconda potrebbe indurre a classificarlo come stupefacente, in quanto estratto della cannabis, tale interpretazione sarebbe contraria allo spirito generale di tale convenzione e al suo obiettivo di tutelare «la salute fisica e psichica dell’umanità». La Corte sottolinea che, in base allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, di cui è necessario tener conto, a differenza del tetraidrocannabinolo (comunemente noto come THC), anch’esso un cannabinoide ottenuto dalla canapa, il CBD in questione non risulta avere effetti psicotropi né effetti nocivi per la salute umana”.
Concludendo, la Corte ha spiegato che l’azione legale francese contro l’azienda ceca, altro non è che una restrizione inutile alla libera circolazione delle merci perché la sostanza non rappresenta una minaccia per la salute umana.
La Coldiretti sulla sentenza che vede il CBD e la Corte di Giustizia Europea connesse nella sentenza finale
“La sentenza della Corte Ue apre nuove opportunità per centinaia di aziende agricole che in Italia hanno investito nella coltivazione della cannabis con i terreni coltivati che, nel giro di cinque anni, sono aumentati di 10 volte superando i 4.000 ettari – ha comunicato Coldiretti – La coltivazione si estende da Nord a Sud della penisola, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna”.
“Si tratta in realtà di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni 40 era più che familiare in Italia – ha proseguito l’organismo di rappresentanza agricola – tanto che il Belpaese con quasi 100.000 ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta».
“La controversia, che ha origine dal divieto contenuto nella legislazione francese di commercializzare il CBD, apre alla possibilità di un utilizzo in quanto sostanza diversa da uno stupefacente non risultando avere effetti psicotropi e nocivi per la salute umana – ha sottolineato Coldiretti – Viene meno, dunque, la scelta di classificare le composizioni per la somministrazione ad uso orale di cannabidiolo come medicinali insieme a interpretazioni restrittive che le autorità di controllo hanno ancora di recente adottato ai fini del rilascio del mantenimento e del rinnovo delle autorizzazioni alla vendita di prodotti tipici da inalazione”.
La panoramica è chiara, tanto che Coldiretti, impegnata da tempo in un lavoro con la Federazione nazionale Tabaccai per una filiera di produzione certificata del CBD, così ha concluso: “Si aprono, dunque prospettive commerciali del tutto inesplorate perché, sempre che i dati scientifici disponibili consentono di escludere l’assenza di rischi reali sulla salute in base a indici oggettivi e non ipotetici, è possibile costruire una filiera che dal campo arrivi alla immissione al consumo di prodotti da impiegare per sigarette elettroniche”.
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