Imprenditoria italiana del CBD, realtà che vogliamo eliminare dopo l’ultima scelta del ministero della Salute?
Oggi grande incertezza, eppure le prospettive erano entusiasmanti dopo che il settore della Canapa industriale ebbe piena dignità dal 2017 grazie ad apposita legge, la 242/16. L’imprenditoria italiana del CBD aveva trovato una sua strada e ne sta rintracciando altre. Eppure, per decisione del ministero della Salute, il CBD-Cannabidiolo è di nuovo nella tabella dei medicinali allegata al testo unico sugli stupefacenti. È come dare un calcio a una realtà di imprese in pieno sviluppo, in crescita da sette anni, un calcio a idee e posti di lavoro.
Una decisione ministeriale basata su cosa?
Un dubbio che per adesso rimane senza risposta e, semmai, si fa strada l’ipotesi del pregiudizio in quanto il CBD è estratto dalla Cannabis, tesi che spero sia presto smentita perché sarebbe assurdo che un ministro basasse decisioni del genere su pseudo ideologie. Oltretutto, un ministro che è anche medico, quindi dovrebbe avere coscienza scientifica. Non che sia un binomio certo medico-ricerca scientifica visto il comportamento di alcuni medici in merito alla pandemia Covid-19 e ai vaccini. In genere dovrebbe far parte del DNA di un medico il basarsi sull’accertamento svolto grazie a verifiche di laboratorio.
Il CBD-Cannabidiolo NON è uno stupefacente, come sottolineato anche da organismi internazionali, a cominciare da quelli di Giustizia come la Corte di Giustizia dell’Unione Europea:
la Corte osserva che le disposizioni relative alla libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione (articoli 34 e 36 TFUE) sono applicabili, poiché il CBD di cui al procedimento principale non può essere considerato come uno «stupefacente». Per giungere a tale conclusione, la Corte ricorda, innanzitutto, che i soggetti che commercializzano stupefacenti non possono avvalersi dell’applicazione delle libertà di circolazione poiché tale commercializzazione è vietata in tutti gli Stati membri, ad eccezione di un commercio rigorosamente controllato in vista dell’uso per scopi medici e scientifici.
La Corte rileva, poi, che per definire le nozioni di «droga» o di «stupefacente», il diritto dell’Unione fa riferimento, in particolare, a due convenzioni delle Nazioni Unite: la convenzione sulle sostanze psicotrope e la convenzione unica sugli stupefacenti. Orbene, il CBD non è menzionato nella prima e, sebbene un’interpretazione letterale della seconda potrebbe indurre a classificarlo come stupefacente, in quanto estratto della cannabis, tale interpretazione sarebbe contraria allo spirito generale di tale convenzione e al suo obiettivo di tutelare «la salute fisica e psichica dell’umanità». La Corte sottolinea che, in base allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, di cui è necessario tener conto, a differenza del tetraidrocannabinolo (comunemente noto come THC), anch’esso un cannabinoide ottenuto dalla canapa, il CBD in questione non risulta avere effetti psicotropi né effetti nocivi per la salute umana – sentenza 141/2020 emessa (link al testo in formato pdf) a Lussemburgo il 19 novembre 2020.
Non vado oltre a illustrare i diversi pronunciamenti in merito all’inesistenza di effetti psicotropi del CBD, in quanto su Canapa Oggi è stato già fatto più volte.
L’imprenditoria italiana del CBD e quella europea: quanto valgono?
Da sottolineare quello a cui si rinuncerebbe in questo Paese per scelte amministrativo-politiche senza senso.
L’Italia è stata storicamente uno tra i maggiori produttori ed esportatori di canapa nel mondo. Attualmente per condizioni climatiche e dei terreni, ha capacità produttive e qualitative tra le migliori del mondo. La nostra canapa è eccellente ed è per questo che l’imprenditoria italiana del CBD gode (godeva?) di ottime prospettive.
Già nel 2019 è stato fatto un attento e ampio studio economico sulle possibilità dell’imprenditoria globale del CBD e sull’imprenditoria italiana del CBD.
Il caso più eclatante riguarda l’analisi del The European Cannabis Report, giunto nel 2023 all’ottava edizione (link) che addirittura risale inizialmente al 2017, uno scritto che fotografa attentamente la situazione e che è già colmo di grandi promesse, quelle che dopo sei anni l’Esecutivo nazionale vuole buttare via.
Fa male leggere che nonostante le grandi potenzialità, peraltro già provate sul campo fino a oggi, dell’ambiente pedoclimatico italiano, le incertezze istituzionali e i blocchi stanno mortificando la nostra produzione mentre paesi come la Danimarca e il Portogallo stanno diventando sempre più i principali hub della coltivazione europea.
Ci dobbiamo far superare da tutti, mentre potremmo surclassarli? L’imprenditoria italiana del CBD deve essere mortificata?
Basta riassumere alcune delle cifre riportate dallo studio e divulgate da enti e organi che rappresentano anche l’imprenditoria italiana del CBD oltre che dell’intero comparto della Canapa Industriale, come CSI-Canapa Sativa Italia.
Ebbene, entro il 2028 la cannabis legale potrebbe generare 24,7 miliardi di euro solo nel settore della canapa industriale. Da ripetere ancora che la proiezione riguarda il prodotto non stupefacente (CBD e altre tipologie con contenuto di THC inferiore allo 0,6% per i produttori).
Se oltre a questa tipologia di produzione si aggiungesse quella indirizzata al mondo delle terapie mediche e indirizzate ai trattamenti medici (non comprese nel recente pronunciamento del ministero della Salute) quindi cannabis con alto tenore di THC, dal 2013 oggetto di norme in Italia e quella per uso adulto, come già fatto da Olanda, Stati Uniti, Spagna e Germania, la cifra lieviterebbe a 40,5 miliardi di euro, equivalente al 68% del fatturato totale dell’agricoltura italiana.
Tutto questo montante di miliardi soggetto a prelievo fiscale con grande gettito per le casse dello Stato.
Sempre dallo stesso rapporto – ottava edizione:
Il mercato europeo del CBD rimane complesso e per alcuni aspetti opaco, ma il quadro sta diventando sempre più chiaro. La normalizzazione di vari canali del settore sta lentamente procedendo, anche se continua l’attesa per le autorizzazioni per i nuovi alimenti. La dimensione combinata del mercato di tutte le categorie di CBD nel 2023 supera i 2 miliardi di euro.
Proprio in questo quadro di normalizzazione europea e di sviluppo nonostante le difficoltà, in Italia invece il governo nazionale si mette di traverso.
Difficile da comprendere.
A concludere il quadro c’è un altro settore della Cannabis, ricchissimo di prospettive, quello del terapeutico ma, come al solito, il Bel Paese rimane al palo.
Di seguito la descrizione The European Cannabis Report ottava edizione:
Le catene di approvvigionamento stanno diventando sempre più decentralizzate, già dall’anno scorso quando si è assistito a un notevole aumento delle forniture extraeuropee in arrivo in Europa, spesso come prodotti intermedi che necessitano di ulteriore lavorazione in Germania, Portogallo o Regno Unito, prima di raggiungere i pazienti. È in corso un passo promettente verso l’armonizzazione regionale nella standardizzazione dei prodotti, con una bozza di monografia sui fiori di cannabis terapeutica pubblicata recentemente dall’Agenzia europea per i medicinali. La pubblicazione della monografia finale rappresenterà la prima esistenza di un vero standard europeo per un prodotto a base di cannabis terapeutica […] L’industria europea della cannabis terapeutica ha registrato una crescita costante nell’ultimo anno e si prevede che raggiungerà oltre 550 milioni di euro di vendite entro la fine di quest’anno. Il Regno Unito è destinato a diventare il secondo mercato europeo più grande in questo periodo, come previsto da tempo dagli analisti.
Purtroppo anche sul fronte della produzione terapeutica della Cannabis siamo molto indietro, terribilmente in ritardo, a tal punto che il governo centrale deve da sempre bandire concorsi di fornitura, anno per anno: alle farmacie e negli ospedali manca continuamente la fornitura di materia prima per permettere ai pazienti di continuare con le loro terapie.
Naturalmente questi bandi vengono vinti puntualmente da imprese estere, spesso del Canada grande paese produttore. Del resto in Italia non è possibile ottenere cannabis terapeutica se non dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare Firenze.
Da anni, già in pre Covid, molte regioni italiane hanno indicato perfette aree di produzione, ma i governi centrali mai hanno affrontato seriamente la questione modificando la norma nazionale sui siti produttivi per la cannabis terapeutica.
Il destino dell’imprenditoria italiana del CBD tra forze ideologiche contrapposte e preconcetti senza significato
Basta parlare di cannabis anche se terapeutica o non psicotropa quando si intende per l’estrazione di CBD, ed ecco che tutto si blocca come da un indeterminato sacro terrore o per assurdo blocco mentale ideologico.
Su queste pagine di Canapa Oggi sono stati scritti innumerevoli articoli sulle proprietà alimentari, su quelle preziose per la salute, sull’ideazione di nuovi prodotti cosmetici e del food, sulle nuove frontiere mediche e terapeutiche riportando rapporti scientifici pubblicati dai primari organi del settore.
Canapa Oggi non è il solo organo di informazione a diffondere conoscenza.
La speranza è sempre quella, che orecchie così sorde al Sapere possano aprirsi indicando ai cervelli nuove rotte di ragionamento.
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