Canapa dai mille volti, un anno di analisi di atenei romani e laziali, aspetti svelati e ancora da scoprire
Un network di 30 persone fra associazioni legate al mondo della canapa industriale, agricoltori, accademici dell’Università La Sapienza e dell’Ateneo della Tuscia. Canapa dai mille volti: un anno di analisi, molti risultati, esigenze ancora da soddisfare. E’ quanto emerso dall’incontro-convegno dedicato alla canapa industriale svoltosi il 17 marzo 2017 presso l’Aula Magna del Dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco dell’Università La Sapienza di Roma.
Tra le iniziative presentate in aula, il lavoro incessante di studio nell’ambito di un progetto, l’e-ALIERB OpenLab della Regione Lazio, inizialmente nato per classificare essenze, piante autoctone del regionali ormai rare o non sufficientemente documentate. Il progetto ha poi accolto anche la realtà della canapa, rivoluzionaria nelle sue prospettive di lavoro, di prodotti innovativi, di proprietà terapeutiche, per la bioedilizia e la bioingegneria. Fino a oggi sono stati classificati circa 25.000 possibili utilizzi di questa cultivar e suoi derivati.
Così ha preso vita la giornata di studi voluta dall’Università di Roma La Sapienza, dall’Istituto di Metodologie chimiche del Cnr, dal dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell’Università della Tuscia e dall’associazione Canapa live, il tutto ospitato dal dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco del primo ateneo capitolino. Anche politici presenti, coloro che sono stati tra i protagonisti della nuova legge nazionale e di quella emanata dalla Regione Lazio.
Quindi gli onorevoli Adriano Zaccagnini e Filiberto Zaratti e ancora, Carlo Hausmann, assessore regionale all’Agricoltura, Caccia e Pesca, Antonio Rosati, presidente dell’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio, il consigliere regionale Marta Bonafoni.
A fare gli onori di casa il professore Bruno Botta del dipartimento universitario capitolino.
“La professoressa Mannina, molto nota nella scienza dell’alimentazione dal punto di vista chimico – ha raccontato il professore Botta – ha vinto un progetto finanziato della Regione Lazio, l’unico del settore e caratterizzato da alta qualità: obiettivo è lo studio di alcune specie che crescono nel Lazio, piante autoctone sulle quali non c’era una banca dati. Oggi su ogni specie esiste una scheda tecnica, provenienza, benefici e altro. Improvvisamente, da quel punto, è iniziata un’interazione inserendo anche lo studio sulla canapa. Abbiamo dialogato con l’associazione Canapa Live e abbiamo messo insieme le risorse”.
“Io vengo da un background di studio dei prodotti naturali, ma anche di colture di cellule vegetali – ha spiegato l’accademico – avevamo applicato dei disegni matematici per favorire la produzione di alcuni metaboliti rispetto ad altri e tutto questo lo stiamo applicato alla canapa. Quindi, utilizzo dello studio scientifico mirato agli effetti benefici. L’aspetto veramente interessante è che variando i metodi di coltivazione in ambienti identici come i monti della Tolfa, quindi variando i nutrienti, abbiamo assistito a varianti nel percorso metabolico di accumulo della pianta e questo è noto. Vengo dalla chimica degli anti tumorali: quando 25 anni fa si lavorò sul Tassolo (ndR: principio attivo in grado di inibire la mitosi, utilizzato nella chemioterapia del cancro) dal Taxus Baccata, un albero dell’ordine delle conifere, la Indena di Milano prese in affitto una serie di campi inutilizzati, soprattutto al Sud. In una serie di queste coltivazioni, variando i nutrienti, si registrò una varianza di concentrazione del Tassolo o dell’intermedio sintetico precedente al Tassolo stesso. Si accorsero, cosa rivoluzionaria per quei tempi, che in alcune plantule c’era un accumulo di alcuni metaboliti secondari, tale da consentire risparmio di tempo e denaro invece di aspettare la crescita di un albero intero”.
“Lo stesso metodo scientifico di studio è applicabile alla canapa anche perché la storica esperienza italiana su questa cultivar, messa insieme nei secoli, è andata persa e va ricostruita con i mezzi di oggi – ha concluso il professore – L’accumulo dei metaboliti è sorprendente: sbalorditivi alcuni risultati come in alcuni prodotti negli estratti oleosi, i cosiddetti oli essenziali, caratterizzati da concentrazioni molto alte. La nostra più grande attenzione è per l’eventuale applicazione al farmaceutico e su questo lavoriamo”.
È Proprio Emiliano Stefanini, presidente dell’associazione culturale Canapa Live, a rievocare la nascita di questo ampio gruppo di studio, “molto eterogeneo, doveva unire competenze diverse. Poi meeting continui, l’unione di ricerca e impresa, il coinvolgimento dell’Università agraria di Manziana che ha messo a disposizione dei campi, le risorse umane dell’Università della Tuscia e non potevamo non coinvolgere il professore Francesco Gasparrini della Sapienza, esperto nella chimica della separazione, quindi determinazione dei singoli componenti della cultivar, il contenuto di fitocannabinoidi della canapa del Lazio, inquadrare i problemi. Poi la professoressa Vinci, la sua grande competenza e capacità di seguirci ovunque”.
“È stato un grande lavoro che ha dato risultati molto interessanti, fatto allo stesso tempo di selezione, di comprensione delle capacità delle diverse cultivar, delle necessità di trattamento dal punto di vista dei nutrimenti necessari alle coltivazioni – ha concluso Stefanini – Il panorama di quanto fatto è completo e dà l’idea di quello che dovremo a fare per il futuro a cominciare da oggi”.
Come poi aggiunto da professore Botta, si proverà a fare una scuola superiore di Spettroscopia Nmr. È stato appena acquistato un apparato a 600 MHz. “La risonanza magnetica nucleare ci serve per la determinazione della struttura dei prodotti naturale, dei prodotti sintetici o degli intermedi sintetici”.
Fra gli altri interventi, quello del dottor Emanuele Radicetti, dell’università degli Studi della Tuscia, sulla canapa per un’agricoltura sostenibile, “possibilità di colture che riducano l’impatto ambientale e l’uso di prodotti chimici di sintesi. Oggi ci troviamo in una situazione molto difficile, i primi attori della realtà agricola si trovano in una situazione di dipendenza nell’utilizzo di prodotti chimici avendo una facilitazione nella loro attività, ottenendo rese estremamente elevate. Ma questo sistema non è più sostenibile. Per esempio, trovando in un supermercato un prodotto ortofrutticolo fuori stagione, quanto si è dovuto spendere per realizzare tale prodotto e quanto è stato speso per portarlo dal luogo di produzione al punto vendita? Non è più sostenibile e non abbiamo più cura delle nostre risorse naturali”.
“La canapa dai mille volti, rientra nell’ottica della sostenibilità e di valorizzazione della biodiversità – ha proseguito Radicetti – Volendo fare un esempio fra le colture utilizzate per ottenere fibre, basta considerare canapa e cotone: la canapa richiede un quinto in meno d’acqua e produce il doppio della materia prima. Il 25 per cento dei pesticidi impiegati al mondo, lo sono per il cotone, mentre per la canapa non se ne usano”.
Olio essenziale da canapa con estrazioni di bioerbicidi, cura dei suoli grazie al sistema della fitodepurazione, arricchimento dei terreni se la canapa venisse inserita in un regime di coltivazione a rotazione biennale con cereali, favorendo così del 20 per cento la produzione di questi ultimi. Sono solo alcuni degli esempi possibili di vantaggi già rilevati.
Per Enio Canapiglia dell’Università degli Studi della Tuscia, la canapa è destinata ad avere un grande ruolo nel futuro. Ogni filiera di questa coltura parte da un’unica materia prima che oggi, in Italia, ha un regime di produzione ancora molto basso. Quattro i punti saldi: l’utilizzazione di biomasse aeree tipiche delle tradizioni storiche per tessuti e similari ma oggi avvicinate da nuove scoperte tecnologiche; poi i semi legati all’esplosione del settore alimentare; le infiorescenze vitali per l’uso terapeutico; le foglie.
I problemi oggi sono molteplici, tutti da risolvere.
Per dare avvio alle coltivazioni c’è una forte dipendenza da semi acquistati all’estero (in Italia le banche del seme sono scomparse in decenni di abbandono della canapicoltura nostrana).
I semi giungono da paesi come Francia, Ungheria, Canada, ma sono semi prodotti in ambienti troppo diversi da quelli italiani.
Problemi legati al comportamento della pianta, situazioni da studiare a cominciare dalla fotorisposta, da come la canapa si accorge della lunghezza dei giorni adeguando la sua vegetazione.
Altro tema è la densità di semina, da comprendere al meglio affinché sia più adatta ai suoli e agli ambienti italiani. Non ci si può basare sulle indicazioni di chi ci vende i semi e li produce in ambienti del tutto differenti. I climi del Nord Europa per esempio, ben più umidi, caratterizzano la pianta e la vocazione dei prodotti finali si sposta soprattutto verso la produzione di fibre. “Le canape coltivate in Francia, hanno prodotto il doppio o il triplo di biomassa, proprio per le caratteristiche ambientali – ha sottolineato Canapiglia – Da quanto si è visto fino a oggi, l’Italia, con il suo clima, è invece molto vocata al seme”.
E la raccolta? La canapa ha una caratteristica/difetto: i semi maturano scalarmente, non è semplice comprendere qual è il momento giusto per la raccolta. Maturano i primi semi, ma gli altri no e quando questi ultimi lo sono, molti dei primi possono essere già caduti a terra.
Fra gli altri intervenuti all’incontro universitario, il professore Simone Vieri della Sapienza (La canapa: una nuova risorsa per il territorio), la professoressa Luisa Mannina dello stesso Ateneo (Caratterizzazione dei prodotti della canapa con e-Alierb), Francesco Gasparrini (leggi articolo cliccando qui), sempre della prima Università Capitolina (Determinazione del contenuto di fitocannabinoidi nelle infiorescenze della canapa del Lazio), Riccardo Sabatiello, presidente dell’Associazione Lucanapa. Sono tutti aspetti e interventi che verranno analizzati in successivi articoli di Canapa Oggi.
“Siamo molto soddisfatti per le due leggi, la nazionale e la regionale, che danno ossigeno a questo settore – ha sottolineato l’onorevole Adriano Zaccagnini – Non era così scontato questo percorso, ma le abbiamo approvate. C’è ancora tanto lavoro da fare, tante cose da definire insieme ai ministeri preposti affinché la canapa si avvii a una utilizzazione a tutto campo. Il grande bagaglio scientifico fin qui raccolto e che ancora sarà accumulato, verrà portato al ministero delle Politiche agricole, una raccolta di know-how in maniera comparata così che non vada disperso e sia applicato. Il nostro impegno è sempre stato quello di pianificare e rendere la canapa una produzione come le altre facendo sentire gli imprenditori agricoli a loro agio”.
“La questione oggi qui plasticamente rappresentata nella sua varietà e poliedricità, ci consegna un quadro straordinario di possibilità – ha detto Antonio Rosati, presidente di Arsial – Come ente, nonché braccio operativo dell’assessorato regionale all’Agricoltura, dobbiamo promuovere e sostenere le eccellenze del Lazio. Stamattina abbiamo firmato un protocollo con l’Ateneo della Tuscia con l’Università agraria, per nuovi studi, assistenza tecnica e monitoraggi su questa produzione. Nel frattempo si è costituito un consorzio di produttori dell’alto Viterbese dove potremo far confluire altre imprese che vogliono fare sistema. Questa realtà produttiva e agricola nel Lazio comincia a essere realmente importante. Siamo disponibili a nuove sperimentazioni, per esempio nella tenuta a Tarquinia o in quella di Cerveteri, fra le altre che sono a disposizione. Quando si è in crisi bisogna tornare alle origini, ai principi ispiratori. Per fare questo è importante il fattore terra. Siamo convinti che nel Paese deve esserci sempre una parte di terra destinata all’agricoltura anche con lo strumento dell’affido. Si è già capito che non tornando alla terra si rischia di rimanere in crisi”.
“Perché reintrodurre la canapa nel sistema agricolo e alimentare nel nostro Paese? – ha sottolineato Carlo Hausmann, assessore regionale all’agricoltura – La canapa oggi è per noi un’alternativa produttiva importante fra le colture tradizionali e, contemporaneamente, fra quelle del futuro. Avere una legge sulla canapa è stato per noi un momento vitale. È stato come avessimo detto che esiste un’alternativa, che la Regione si fa carico di quanto occorre per mettere a punto alcuni aspetti tecnici che non ricadranno sulle spalle delle aziende, quindi questa ricerca applicativa che permetterà al sistema canapa di funzionare. Dopodiché, la canapa avrà tutti i diritti di usufruire, come tutte le altre colture, dei nostri programmi strutturali. Adesso partiranno progetti pilota, progetti di ricerca applicata compiuti attraverso Arsial, che daranno forma anche a progetti di prodotto. Saranno di due tipi: gran parte delle cultivar disponibili non sono di produzione regionale, quindi devono essere testate e adattate agli ambienti della nostra regione, cosi come a tutti gli altri aspetti agronomici, disponibilità d’acqua, tipologia di nutrimento, climi, altitudini e altro; poi la destinazione food della canapa, il punto che ritengo il più importante. E qui si arriva in un mondo molto importante e prezioso dove non si può improvvisare, quello della nutraceutica, degli antiossidanti naturali ecc. Non è come fare la pasta di grano duro. Senza contare la destinazione della fitodepurazione: cosa fare di quelle piante che avranno assorbito i contaminanti dai terreni da salvare?”.
“Alla fine avremo dei modelli da poter utilizzare. Avremo nostre cultivar senza pagare royalty ad altri, a coloro ai quali siamo costretti a rivolgerci per comprare i semi da impiantare – ha concluso Hausmann – Quindi avremo nostre piante adatte ai terreni del Lazio. Poi i sistemi produttivi: è sempre necessario avere delle strutture centralizzate di trasformazione o ci sono alcune cose che le aziende possono fare da sole all’interno del loro ciclo produttivo? Non si può capillarizzare tutto altrimenti bisognerebbe rinunciare ad alcuni aspetti, come alla bioedilizia che ha bisogno di strutture di trasformazione centralizzate. Tutti questi elementi e tanti altri daranno indicazioni importanti per comprendere come utilizzare lo strumento di sviluppo rurale e come modellare bandi: si trasferiscono tutte le risorse sulla multifunzionalità delle aziende o sulla filiera agroindustriale con una rilevanza regionale? I progetti pilota devono partire molto presto per darci modelli certi sui quali basarci”.
Canapa dai mille volti e per ribadire il concetto provando direttamente cosa è possibile creare in ambito alimentare con questa preziosa materia prima, a fine convegno un nutrito desco per i partecipanti e per gli studenti, una vera e propria sorpresa di sapori, compreso il caffè.
Tutto con derivati dalla pianta a fare da base per le preparazioni, compreso uno stufato che fra gli ingredienti aveva semi e latte di canapa.
Coinvolti nella preparazione, AgriRistoro Il Calice e la Stella (consigliato da Gambero Rosso, Osterie d’Italia, Slow Food) di Canepina (Vt) e Canapa Caffè (spazio Facebook), realtà che ha sede a Roma e a Saracinesco (Rm).
Ed è stata un’ottima esperienza di gusto, oltre che salutare. Provare per credere…
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