Canapa e istituzioni per spianare la strada alla filiera di settore: Assocanapa, Federcanapa e CSI-Associazione Canapa Sativa Italia, audizione in Commissione Agricoltura della Camera
Audizione in commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati il 15 ottobre 2019, Assocanapa, Federcanapa e CSI-Associazione Canapa Sativa Italia per illustrare punti cardine da regolamentare e risolvere per il decollo della filiera della Canapa Italiana. A guidare la riunione, il presidente della stessa commissione, l’onorevole Filippo Gallinella (M5S).
Qui di seguito, oltre al video integrale posto sopra, in apertura di questo articolo, girato dalla stessa struttura della Camera dei Deputati, il lettore trova i testi enunciati dai rappresentanti delle tre associazioni-federazioni, dichiarazioni riprese dal video stesso e qui trascritte.
Raccomandazione: seguite dal minuto 32,20 l’intervento dell’avvocato Giacomo Bulleri. Qui un breve estratto di quanto a detto e a fondo articolo una trascrizione più ampia dei primi quattro minuti di quanto ha dichiarato rispondendo all’onorevole Susanna Cenni (PD) e al presidente della commissione.
Bulleri: “La Canapa industriale proveniente da varietà certificate è un prodotto agricolo per definizione del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: è così definito da uno dei trattati costitutivi della Comunità Europea e come tale inderogabile dalle norme dei singoli stati membri. Sul punto mi pregherei segnalare una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2003, la 462-01 del 16 gennaio del 2003, il cosiddetto caso Hammarsten, in cui è stata rilevata la non modificabilità e la disapplicazione di queste norme da parte delle leggi dei singoli stati membri, in quanto eventuali valutazioni sulla salute pubblica sono in realtà già state fatte dall’UE nel momento in cui è stata inclusa la Canapa – oltretutto senza distinzioni tra parti della pianta – tra i prodotti agricoli“.
Assocanapa
Occorre chiarezza sulla terminologia nel dialogo che avviene fra realtà private e pubbliche per capirsi sull’attività agricola della Canapa, altrimenti non ci si capisce e non si uscirà dal pantano argomentale e dalla confusione. È ormai assodato che la Canapa è una specie unica, tanto versatile che esistono varietà molto differenti che hanno altrettante vocazioni, fibre, canapulo, semi, infiorescenze, piante precoci, meno precoci o tardive, ecc.
Come già sottolineato da Assocanapa con produzione di documenti consegnati al ministero della Salute, la Commissione su alimenti e farmaci dell’allora Comunità europea, aveva già riconosciuto nel 1997 che le parti della pianta di Canapa e in particolare le infiorescenze, sono alimento o ingredienti per alimenti del novel food.
A nostro avviso l’interpretazione della Legge 242 non pone dubbi mentre sono mancate quasi del tutto da parte dei ministri più direttamente interessati (Politiche agricole, Salute, Interno, Sviluppo economico) quelle attività di cui avevamo segnalato la necessità fin dal 2014 per affrontare i problemi pratici che si sarebbero posti e la cui soluzione era indispensabile per gli addetti ai controlli e per i magistrati.
Da ribadire che nella normativa il limite massimo dello 0,2 di THC si riferisce sempre e soltanto al THC delle coltivazioni, dato che si misura con il metodo stabilito dall’Unione Europea (media del THC prendendo in esame un certo numero di piante presenti nelle coltivazioni sottoposte a controllo).
L’umore sollevato dalle diverse questioni negli ultimi due anni dai mass media, che non conoscono bene la Canapa, ha contribuito ad aumentare la confusione tanto che nel 2019 si sono azzerate in Italia non soltanto le vendite delle sementi di Canapa, ma anche quelle di prodotti alimentari contenenti Canapa.
In più, da molti mesi, l’Italia è zeppa soprattutto di tonnellate di infiorescenze di canapa, ma anche di derivati di lavorazione del seme come olio e farina che nessuno è riuscito a vendere, il tutto con gravissimo danno.
Dalle mail e dalle tante telefonate che riceviamo ogni giorno, risulta che in molti casi gli esercenti sono stati consigliati da più comprensivi agenti delle Forze dell’Ordine di non tenere più nei loro esercizi gli alimenti contenenti Canapa allo scopo di evitare grane. In altri casi, agenti meno comprensivi delle Forze dell’Ordine hanno cominciato a richiedere fatture, certificazioni impianti ed esercizi e con altre azioni che hanno spaventato gli esercenti più degli esami sul livello di THC nei prodotti che essi vendevano.
La Legge 242 voleva semmai dare maggiori certezze agli operatori del settore presupponendo che fossero da fissare, a seconda dei tipi di alimenti o cosmetici, dei limiti ragionevoli.
Nei discorsi che vengono fatti sugli alimenti che contengono Canapa, in genere si ignora totalmente la portata della modifica dell’articolo 26 del Testo unico antidroga.
A nostro avviso, per quanto riguarda gli alimenti la Legge 242 non voleva tornare indietro rispetto alla circolare del ministero della Salute del 2009 che aveva aperto all’uso dei semi e dei suoi derivati alla condizione che non contenessero THC.
Passando al discorso della ricostruzione di un patrimonio genetico italiano con varietà adatte alle condizioni italiane, ci sembra più che opportuno così come la creazione di varietà che vengano incontro alle esigenze di meccanizzazione della coltivazione e della domanda del mercato in generale.
I limiti thc stabiliti nella bozza di decreto inviata dal ministero della Salute alla commissione europea nel 2018, sono ingiustificatamente così restrittivi che i prodotti alimentari italiani risulterebbero fuorilegge: il ministero della Salute deve sedersi a un tavolo con gli operatori della produzione di alimenti per concordare nuovi limiti a modello di quanto già avvenuto in Svizzera, interessandosi anche di quanto sta avvenendo in ambito europeo per quanto riguarda il contenuto di CBD negli alimenti.
All’uscita quasi settimanale di nuove pericolose droghe sintetiche, quando si sente parlare di stragi per l’uso di oppiacei prescritti come farmaci, quando in Internet si trova di tutto, le cautele del consiglio di superiore di sanità a proposito dell’impiego della canapa, per quanto scientificamente argomentate, possono sembrare obsolete. Ormai da molti anni la nostra organizzazione ritiene che il Testo unico antidroga debba essere sostituito da una normativa molto più snella e più avanzata che si occupi imparzialmente di tutte le sostanze, compreso l’alcol.
Riteniamo soprattutto che si faccia più presto chiarezza da parte del Governo dal Parlamento su cosa si può fare e su cosa non si può fare: riteniamo che l’80 per cento delle questioni che si pongono, potrebbero essere risolte con circolari interpretative interministeriali. Diciamo anche che, prima di tutto la Cassazione a sezioni unite, ma anche alcuni tribunali del riesame, hanno fornito chiaramente la prova che non esiste contrasto tra quanto stabilito dalla Legge 242 e quanto stabilito dal Testo unico sulle droghe.
Riteniamo anche molto importante che la canapa sia inserita nell’elenco delle piante officinali, senza se e senza ma. Inoltre, che la commissione Agricoltura vigili affinché questo sia fatto rapidamente e che non siano introdotte limitazioni a vantaggio di pochi.
Che gli operatori delle Forze dell’Ordine operanti in materia siano adeguatamente formati e che siano dotati degli strumenti necessari per poter svolgere i compiti loro affidati.
Che sia effettivamente promosso dallo Stato e dalle regioni la creazione di impianti di prima trasformazione delle paglie come importante contributo al contenimento delle emissioni di CO2 e quindi a contrasto dell’effetto serra: questo tipo di attività è l’azione più efficace che si possa mettere in atto per l’attuazione degli accordi di Parigi, molto più efficace per contrastare l’effetto serra di quanto possa esserlo l’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili. Vogliamo ricordare che la prima fonte di energia rinnovabile e, soprattutto, sostenibile, è costituita dal risparmio energetico.
Che sia data attuazione a quanto previsto dall’articolo 8 della Legge 242, previsto non come una facoltà ma un obbligo di diffondere attraverso specifici canali informativi la conoscenza delle proprietà della Canapa e dei suoi utilizzi in campo agronomico, agroindustriale, nutraceutico, della biodinamica e della bioedilizia e, puntualizziamo, dell’edilizia in generale tornando al fondamentale tema del risparmio energetico.
Federcanapa
Beppe Croce e Rachele Invernizzi
Beppe Croce, presidente di Federcanapa – Concordiamo con Assocanapa soprattutto per quanto riguarda gli alimenti e l’ampliamento-rafforzamento delle varietà genetiche italiane di Canapa, punti molto importanti per lo sviluppo del mercato e su questo abbiamo lasciato un promemoria sulle nostre proposte.
Ci tengo a ricordare che il mercato mondiale della Canapa è radicalmente cambiato in questi ultimi anni. Dobbiamo tenerlo presente non parlando solo di scelte agricole perché ritengo che i membri della commissione Agricoltura dovrebbero farsi portavoce anche per quanto riguarda il completamento delle filiere, perché senza queste filiere la canapicoltura in Italia non farà molta strada.
Il mercato è cambiato innanzitutto per gli alimenti già qualche anno fa e negli ultimi quattro-cinque anni per la questione delle infiorescenze e sono venute conferme sempre più nette sul valore salutistico e terapeutico di vari cannabinoidi non psicotropi, a cominciare dal CBD-Cannabidiolo. E qui è nato un mercato, soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e dall’anno scorso anche in Cina, che sta crescendo a ritmi del 30-40 per cento annuo.
I canapicoltori italiani devono essere messi nelle condizioni di poter entrare in questo mercato, perché l’Europa, è bene ricordarlo, in questo momento è molto scoperta, ha un ruolo minore ma ha un mercato enorme fatto da 700 milioni di abitanti.
Non riusciamo in questo momento ad avviare filiere industriali in questo settore perché la legislazione ha bisogno di alcune precisazioni. Una di queste non riguarda l’agricoltura, ma è da citare perché è un punto fondamentale:
- oggi come oggi, la sentenza della Cassazione lo ha confermato, la Cannabis Sativa L. è considerata innanzitutto pianta da droga e solo poi pianta agricola;
- come ha ricordato la motivazione della sentenza, tutto questo è favorito dal fatto che non è posto un limite al contenuto di THC che possa distinguere cosa è pianta industriale e cosa è pianta da droga;
- se non sarà indicato questo limite e capisco che i primi competenti in materia sono il dicastero alla Salute e la commissione Sanità, difficilmente faremo molta strada. Questa la nostra prima richiesta, lasciamo poi che sia il legislatore a decidere se sia lo 0,2 lo 0,3 o lo 0,5 per cento.
Secondo punto riguarda invece strettamente l’agricoltura: basterebbe che nella Legge 242, che nel complesso riteniamo valida, venga specificato al suo articolo 1 “che il sostegno alla promozione della coltura della canapa è finalizzato alla coltivazione e alla trasformazione di qualsiasi parte della pianta, compresi i fiori, foglie, radici e resine. Il tutto una volta che è stabilito che è varietà europea, che è sotto quel limite di THC sotto lo 0,2 per cento, almeno per ora. Se poi il ministero competente e l’Europa daranno un altro limite massimo, tanto meglio.
Questi sono per noi di Federcanapa i due interventi fondamentali che sono la premessa di tutto.
Gli altri punti che riguardano l’agricoltura:
- riconoscere al punto 2 tra i prodotti e i materiali derivabili dalle coltivazioni, anche derivati quali foglie, fiori secchi e freschi o recisi, biomasse, estratti e preparazioni contenenti cannabinoidi con tenore di THC non eccedente lo 0,2 per cento;
- riconoscere per le colture di florovivaismo la possibilità di riproduzione anche per via agamica, un punto molto importante se vogliamo mantenere le nostre colture sotto il limite dello 0,2 e dargli un minimo di standardizzazione, la riproduzione per talea resta un punto vitale;
- decretare il limite di THC negli alimenti, però comprese le tisane, le bevande alcoliche, quelle analcoliche, come è stato fatto in Germania, perché non ci sono solo i derivati dal seme;
- attuare gli investimenti annui a favore dello sviluppo varietale, gli incentivi all’innovazione, punti che dovrebbero essere ovvi, ma li aspettiamo da tre anni;
- riconoscere la possibilità di classificare le infiorescenze di preparati ed estratti da canapa come alimenti o come integratori alimentari;
- riconoscere la possibilità di classificare le infiorescenze fresche ed essiccate come prodotti da inalazione, nel rispetto della disciplina del settore, quindi il decreto legislativo 6 del 2016 sui prodotti da fumo;
- includere la Cannabis Sativa L. come sottolineato da Assocanapa, nelle piante officinali e farlo per tutte le sue parti.
Rachele Invernizzi, vicepresidente Federcanapa e nel direttivo dell’EIHA, l’European Industrial Hemp Association – Una proposta che abbiamo avanzato e che già è stata accettata per una sua parte, è quello di portare il limite di THC allo 0,3 per cento in campo. Oggi viviamo con lo 0,2, chiediamo lo 0,3. Dovrebbe passare a breve in Comunità Europea e diventerà legge dal 2021.
Per cui, se in Europa sentite parlare di limite allo 0,3 per cento, sappiate che la federazione italiana Federcanapa e sicuramente tutti gli agricoltori, sono contenti se si accetta questo nuovo limite che sostanzialmente non cambia nulla, però di base si potrà lavorare su 500 varietà invece che sulle attuali 64.
Diventerebbe interessante, si rafforzerebbero le specie, si eviterebbero patogeni che sono conseguenza del lavorare sulle stesse varietà.
Canapa Sativa Italia
Mattia Cusani – Abbiamo studiato attentamente le risoluzioni depositate in questa sede e dopo alcune premesse, proverò a fornire nella maniera più accurata possibile la posizione, il punto di vista e i contributi degli operatori del settore di cui faccio parte.
La nostra associazione si sta impegnando fin dalla sua costituzione per fare sì che questo settore riesca a svilupparsi nel pieno rispetto delle regole. Per questo motivo abbiamo bisogno della definizione di una normativa chiara, come è stato già detto da chi mi ha preceduto, che ci metta nella condizione di lavorare al meglio.
Questo perché uno dei rami più fiorenti della Canapa, quello del mercato delle infiorescenze, è stato in assoluto quello che ha portato il maggiore sviluppo economico di questo settore. Tuttavia a causa del fumus legislativo si è registrato il collasso di migliaia di attività commerciali che sta spingendo gli agricoltori e le aziende specializzate a chiedere una normativa inequivocabile affinché questo non debba ripetersi.
Chiediamo quindi con estrema urgenza di intervenire in maniera efficace e ricreare le condizioni che possano consentire al nostro Paese di essere nuovamente soggetto trainante in questo particolare ambito. Ciò può rappresentare l’occasione di creare concretamente numerose possibilità di lavoro soprattutto nelle zone più marginali e svantaggiate che sono quelle più ricche di potenzialità latenti.
La soluzione che proponiamo oggi è quella di ribadire sotto forma di decreto il seguente dispositivo già enunciato dal ministero delle Politiche agricole nella circolare 23 maggio 2018 sul florovivaismo, ovvero la produzione e la commercializzazione di infiorescenze fresche ed essiccate per scopo floreale non è soggetta ad autorizzazione e rientra anche nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo purché tali produzioni derivino da una delle varietà ammesse iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e comunque certificate.
È altresì da tenere in considerazione la possibilità, come è stato detto, di inserire la cannabis, in tutte le sue parti, nell’elenco delle piante officinali. Importante e non solo in questo elenco.
Infine, ritenere lecita, già con la normativa attuale, la cessione da parte delle aziende agricole del raccolto ottenuto dalle coltivazioni, descritte dalla Legge 242, in forma di biomassa per la fornitura e le attività industriali, per l’ottenimento di preparati contenenti cannabinoidi non eccedenti le percentuali previste dalle normative di riferimento per le tipologie di prodotti previsti dall’articolo 2 della stessa Legge 242.
A parere nostro, ma soprattutto alla luce delle esperienze in ambito giurisprudenziale maturate negli ultimi 30 anni, il limite percentuale di THC sotto il quale la sostanza non può essere considerata drogante, è quello già previsto dalla Legge, esplicitato dalla tossicologia forense e ribadito da diversi tribunali: lo 0,5 per cento.
Tuttavia, è necessario chiarire che ogni singolo prodotto andrà normato per dose a confezione. Infatti, i limiti dovranno essere diversi a seconda dell’uso specifico a cui il prodotto è destinato prevedendo anche specifici codici doganali per l’esportazione.
A questo proposito vorremmo ribadire anche noi come la Legge non preveda l’istituzione del tavolo di filiera che, come avviene per altre colture, avrebbe il compito di definire le attività da intraprendere per il sostegno del settore a partire da un’analisi del comparto: ciò consentirebbe di mettere in luce le potenzialità e le criticità individuando le linee di ricerca che risultano più urgenti da perseguire.
A titolo di esempio, risulta fondamentale la redazione di un disciplinare condiviso da tutti gli operatori e in concerto con il ministero delle Politiche agricole: favorirebbe lo scambio di informazioni indirizzando, al contempo, l’utilizzo delle risorse a disposizione.
Diventa importantissimo disciplinare la destinazione a uso alimentare di tutte le parti della pianta, ivi comprese foglie e fiori, impegnando il ministero della Salute a individuare la soglia drogante tenendo però in considerazione gli esiti della votazione dell’Onu prevista a primavera 2020.
È importante ricordare che le indicazioni in percentuali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono infatti molto meno restrittive e arrivano fino alla soglia dell’uno per cento, percentuali che saranno oggetto di valutazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Riteniamo fondamentale per salvaguardare la vita di piccoli e medi produttori, che attualmente rappresentano la più grande percentuale degli operatori del settore, non assoggettare all’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato il mercato di infiorescenze di Canapa Industriale.
Condividiamo l’importanza di incentivare la sperimentazione di nuove varietà di Canapa per la costituzione di poli sementieri a garanzia della qualità e della tipicità italiana liberandoci dal giogo della leadership francese sulle varietà selezionate.
Aggiungiamo inoltre, che è necessario impegnarsi per adottare iniziative volte a ottemperare quanto riportato nel decreto del 5 aprile del 2011, quindi si parla di produzione agamica già da quel decreto, per quanto concerne registrazione e commercializzazione di varietà, appunto, a propagazione agamica.
Questo è un aspetto cruciale da chiarire in quanto permetterebbe di avere maggiore stabilità e certezza di rispetto dei limiti, facilitando soprattutto i lavori di controllo delle Forze dell’Ordine e aumenterebbe la competitività mondiale del prodotto Made in Italy. In Italia abbiamo tra i maggiori esperti al mondo di questa pianta e lo sviluppo scientifico genetico è fondamentale se vogliamo diventare un vero traino per il mondo. Quindi, questo è un aspetto fondamentale. Non può essere sottovalutato.
La corretta impostazione di una filiera della Canapa per l’Italia può costituire un modello virtuoso di economia circolare. Grazie alla varietà dei metodi di produzione e alla poliedricità propria del prodotto Canapa, dando seguito alle sperimentazioni in corso, sciogliendo questi nodi normativi si potrebbe finalmente attuare un processo di sviluppo della green economy.
Dobbiamo dare le possibilità a migliaia di lavoratori del settore con un’età compresa tra i 35 e i 40 anni, la più vessata dalle recenti crisi, di esprimere appieno le proprie potenzialità attraverso un processo che porterebbe benefici per tutte le tipologie di capitale di cui un sistema economico necessita per funzionare.
Ci teniamo infine a evidenziare come sia urgente e fondamentale smarcare la coltivazione della Canapa da numerosi e infondati pregiudizi, luoghi comuni ed etichette sociali e partitiche.
La Canapa non ha nessun colore politico.
Quella di oggi è l’occasione per ribadire quanto sia necessario il vostro sostegno affinché questo settore possa finalmente decollare contribuendo sensibilmente allo sviluppo del Made in Italy e del possibile ruolo di leadership in Europa e nel Mondo.
Avvocato Giacomo Bulleri, per l’occasione in rappresentanza di Federcanapa
La Canapa industriale proveniente da varietà certificate è un prodotto agricolo per definizione del trattato sul funzionamento stilato dall’Unione Europea: è così definito da uno dei trattati costitutivi della Comunità Europea e come tale inderogabile dalle norme dei singoli stati membri.
Sul punto mi pregherei segnalare una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2003, la 462-01 del 16 gennaio del 2003, il cosiddetto caso Hammarsten, in cui l’Unione Europea già ha affrontato la tematica del rapporto tra normativa comunitaria, nello specifico l’introduzione del regolamento sul limite di THC allo 0,2 che sta in una norma quasi di tipo fiscale di incentivi del premio Pac – oggi in discussione al Consiglio Europeo per l’innalzamento alla soglia dello 0,3 – in cui è stata rilevata la non modificabilità e la disapplicazione di queste norme da parte delle leggi degli stati membri: eventuali valutazioni sulla salute pubblica sono in realtà già state fatte dall’UE nel momento in cui è stata inclusa la Canapa – oltretutto senza distinzioni tra parti della pianta – tra i prodotti agricoli.
In caso contrario (ndR: modifiche o non applicazioni da parte di stati membri) ci sarebbe violazione del mercato europeo. Il prodotto agricolo è uno dei più rilevanti ai sensi dell’articolo 32 per determinare quello che è l’ambito del mercato agricolo stesso.
Quindi, una norma di un paese membro restrittiva rispetto all’uso della Canapa industriale come prodotto agricolo (nel 2015 il regolamento lo qualifica oltretutto come pianta industriale) determinerebbe una violazione delle regole organizzative comuni del mercato UE rendendo lo stato membro passibile di infrazione.
Su questa base assolutamente condivisa a Bruxelles, la rotta è chiara: è superato questo concetto di droga. Questa famosa soglia che tutti cerchiamo, messa adesso in discussione dalla Corte di Cassazione, è una soglia che, in realtà, già c’è, è stata valutata ampiamente. Addirittura si sta parlando in tutte le sedi di innalzare questa soglia, alcuni paesi la vorrebbero addirittura fino all’1 per cento.
Per riallacciarsi al tutto, la maggior parte dei paesi non ha il limite che ha l’Italia in virtù dell’accordo BelFrIt, stilato con Francia e Belgio, che per gli integratori alimentari limita l’uso della Canapa a solo a semi e derivati da questi. Gli altri paesi invece comprendono anche il fiore (il resto dell’intervento, iniziato al minuto 32,20 è da continuare ad ascoltare nel video dal minuto 36 in poi).
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