Federcanapa e la necessità di cambiare passo per una svolta della politica nazionale sulla Canapa
Giornata intensa a Roma, il 4 febbraio 2020, Palazzo San Macuto-Camera dei Deputati, per l’evento teso a sottolineare un’emergenza assoluta, quella delineata da Federcanapa e la necessità di cambiare passo per una svolta della politica nazionale sulla Canapa.
Questo che state leggendo è un articolo dinamico-evolutivo, concedete questa definizione: nei giorni successivi sarà arricchito con gli interventi dei tanti relatori all’evento di Federcanapa, protagonisti che hanno regalato una visione molto ampia e articolata della situazione vissuta e osservata da diverse prospettive. Per non allungare troppo questa pagina iniziale, l’articolo continuerà in una sua seconda parte (link per la lettura del pezzo).
Numerosi, appunto i relatori, dal mondo scientifico, da quello imprenditoriale, legislativo, associativo, tante le puntualizzazioni e i punti rimarcati, le richieste da parte di alcuni dei tanti presenti, dal mondo dell’imprenditoria che ha saputo stupire l’Italia, attirare capitali esteri, dare lavoro, “fare” economia intorno alla Canapa industriale. Realtà oggi in crisi per la forte incertezza sul quadro normativo che non dà serenità nel portare avanti il lavoro con la conseguente, forte trazione di investitori, fattori che potranno portare molte di queste realtà a trasferirsi in altre nazioni europee più sensibili e ricettive, per continuare a rimanere operative.
Riccardo Magi, deputato del gruppo Misto – Centro Democratico-Radicali Italiani e +Europa, ha illustrato l’iniziativa (non ancora nei contenuti che devono essere completati) di una proposta di legge che fino a oggi ha ottenuto le firme di 25 parlamentari delle più diverse formazioni: l’obiettivo è quello di ottenere un minimo di 50 adesioni prima di presentare il documento al Parlamento.
Alcuni casi emblematici di assurdità nella gestione pubblica del settore Canapa, fattore che deprime attività imprenditoriali
Il caso Canapar, a Ragusa, in contrada Piancatella (link all’articolo) è emblematico. Al convegno di Federcanapa è stato raccontato da Sergio Martines, presidente della corporate: nato come grande impianto estrattivo in Sicilia, frutto ulteriore di una multinazionale con capitale canadese, oggi in questa azienda stanno ipotizzando lo spostamento di gran parte dell’approvvigionamento di materia prima dall’Europa e dalla Bulgaria in particolare.
In Italia dovrebbe rimanere esclusivamente la produzione di Canapa in Sicilia, per circa 170 ettari, eliminando oltre 800 ettari di fornitura da altri luoghi del nostro Paese.
“Il quadro legislativo italiano è ancora poco chiaro – sottolineano da Canapar – e si ha la necessità di mettere in atto scelte economicamente razionali per una multinazionale come Canapar, al fine di non esporre a rischi l’investimento in Italia”.
Per quanto riguarda invece il gruppo Inalco, il primo in Italia a estrarre il CBD, ci si trova davanti al racconto di una situazione che ha dell’assurdo: un blocco ministeriale per l’introduzione di infiorescenze di canapa negli stabilimenti in quanto, riferiscono dall’azienda come dettato da tesi ministeriale, ‘i fiori sono droga’. Il ministero della Salute continua a rinviare l’autorizzazione all’azienda.
Forte e paradossale incrinatura nella tesi del ministero, non ha alcuna giustificazione medico-pratica in quanto il CBD non ha effetto drogante. Al contrario, ha proprietà scientificamente già provate in campo terapeutico oltre che per preparati che danno benefici per la salute.
Altro esempio venuto fuori all’evento di Federcanapa, la realtà di CanapAroma (link a un articolo sull’azienda), fondata da Emilio, Alessio e Francesco, tre amici dei Castelli romani. Coltivazione, produzione, studio e divulgazione sulla Canapa, nonché un prezioso sviluppo di genetiche molto interessanti per il loro sfruttamento nella cosmesi e nella farmaceutica. Anche per CanapAroma (link al suo sito web) si palesa la necessità di trasferirsi all’estero, in Canada, perché diventano ormai insormontabili i continui ostacoli messi in campo dalla burocrazia italiana ed è estremamente difficile, se non impossibile, procedere alla registrazione di nuove varietà.
“Sono solo tre esempi di quante occasioni – dice Beppe Croce, presidente di Federcanapa – un Paese con un’economia stagnante si permette di gettare al vento per colpa di una legislazione incompleta, di inerzie ministeriali e di ignoranza alimentata da certi politici secondo i quali la Canapa è uguale a droga”.
Federcanapa e la necessità di cambiare passo in Italia… altrimenti la filiera della Canapa industriale sarà indotta al fallimento
Si tratta di un pericolo serio per l’intero settore, di possibilità imprenditoriali e di sviluppo che potrebbero essere perdute tra chiusure e trasferimenti altrove, costringendo poi tutti noi ad acquistare prodotti dall’estero, mentre in Italia la qualità, l’unicità delle colture, la cura e il gusto avrebbero reso quegli stessi prodotti ben migliori, di spicco nel quadro internazionale e portatori di forti introiti.
Incertezze che derivano anche da folli manipolazioni fatte da alcune parti politiche confondendo il mondo della Canapa industriale con quello che NON è, con la marijuana, con il mondo della droga. Basterebbe informarsi un po’ per rispedire al mittente certe affermazioni basate sul falso e che stanno danneggiando un settore che, in potenziale, ha possibilità di grandissima crescita e far primeggiare l’Italia in quella che è la Canapa industriale basata sulla pianta senza elementi psicotropi (droganti) da varietà classificate in Europa e di riflesso in Italia, come piante agricole.
Convegno Federcanapa a Roma: i relatori e i partecipanti che hanno lasciato delle testimonianze, posto quesiti
Beppe Croce, presidente Federcanapa, che ha fatto gli onori di casa e ha ripresentato i punti nodali sui quali la Federazione fa pressione per determinare futuri provvedimenti sulla Canapa industriale e sul mondo della Canapa in toto. A seguire, Giuseppe L’Abbate, sottosegretario al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe Cannazza del CNR Nanotec e del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore-Università degli Stidi di Modena e Reggio Emilia, Lorenza Romanese, direttore Eiha, l’European Industrial Hemp Association-Associazione europea della canapa industriale, Giacomo Bulleri, avvocato ed esperto giuridico del settore, Gianpaolo Grassi del Crea.
E ancora:
- Giuditta pini, deputata del Pd;
- Sergio Martines, presidente della multinazionale Canapar;
- Emilia Marraffa, amministratore delegato di Evolution Bnk Srl;
- Alvaro Garro di CanapaLife;
- Luca Marola, fondatore di Easyjoint;
- Rachele Invernizzi, amministratore delegato di South Hemp nonché nel coordinamento di Eiha e vicepresidente di Federcanapa;
- Marco Ternelli, farmacista, FarmaGalenica SNC e Associazione MedicalCannabis;
- Alfonso Gallo, Dipartimento di Chimica/responsabile Canapa e Cannabinoidi dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno;
- Antonio Trionfi Honorati, titolare dell’Azienda agraria Trionfi Honorati;
- Federico Marchini, presidente di Anabio, l’Associazione nazionale agricoltura biologica della Cia-Confederazione italiana agricoltori;
- Luana Bagnoli, direttrice Inalco RSM;
- Francesco Mollame, senatore M5S;
- Alberto Battistini del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, esperto del settore Canapa;
- Piero Manzanares, presidente di Sardinia Cannabis, Associazione Canapicoltori della Sardegna;
- Michele Vizzini, KDM di Mantova;
- Fabrizio Faion di Canax, società costituita da diverse entità del settore che si occupano di estrazione dei principi attivi, una italiana, un’altra californiana, più un’altra italiana per produzione di Canapa indoor, in ambiente controllato;
- Riccardo Magi, deputato del gruppo Misto – Centro Democratico-Radicali Italiani e +Europa
Federcanapa e la necessità di cambiare passo in Italia: Beppe Croce e le proposte della Federazione
“Vogliamo contribuire a dare una spallata a questa situazione di blocco del settore Canapa dalle grandi potenzialità sia per il mondo industriale che per quello agricolo. E non è cosa da poco in tempi di magra. Abbiamo in Italia una legislazione incompleta – ha esordito Beppe Croce, presidente di Federcanapa – situazione che impedisce alle aziende italiane e soprattutto ai trasformatori italiani di investire nelle attività, impedimento anche nei confronti degli investitori esteri che hanno mostrato grande interesse per la realtà italiana”.
“Il problema fondamentale è quello delle infiorescenze della Canapa industriale che spesso sono state etichettate con il termine generico Cannabis Light, denominazione che a me non piace per nulla perché è equivoco, dà sempre l’idea che possa essere droga, anche se leggera – ha proseguito Croce – mentre quando intendiamo infiorescenze di Canapa industriale, noi vogliamo parlare di una parte della pianta che non è droga, anche perché non ha alcuna efficacia drogante. Qualcuno ci ha criticato per tutta questa attenzione che diamo alle infiorescenze: sappiamo bene che la Canapa è ben altro oltre a queste, ma ignorare oggi tale aspetto, significherebbe ignorare l’aspetto a maggior valore aggiunto per chi coltiva e per chi trasforma la Canapa. Senza il fiore non andiamo da nessuna parte”.
“Il problema è che nel fiore è presente anche questo benedetto principio attivo, il THC, oltre ad altre centinaia che non sono non psicotropi – ha rimarcato il presidente di Federcanapa – C’è sempre il rischio di confondere pianta industriale con pianta da droga. Per superare questa situazione di stallo, noi abbiamo avanzato delle proposte che non pretendono una trasformazione radicale della legislazione attuale, anzi. Solo degli aggiustamenti necessari, soprattutto due”.
La prima proposta è per il Testo unico sugli stupefacenti perché non si può ignorare che “anche quando si parla di Canapa industriale a basso tenore di THC, parliamo di una pianta che comunque è dentro le tabelle degli stupefacenti sia a livello nazionale che internazionale – ha sottolineato Croce – Come spiegato bene nella sentenza a sezioni riunite della Cassazione, non è chiaro quando inizi l’efficacia drogante del THC: nessun legislatore lo ha mai specificato. Quello che chiediamo al legislatore italiano, in particolare al ministero della Salute, è che si definisca un limite al di sotto del quale si possa utilizzare la Canapa in tutte le sue parti, con tutti i suoi derivati”.
Il che si traduce nell’inserimento di questo limite di THC nell’articolo 14 del Testo unico sugli stupefacenti, il 309 del 1990, in modo che tutte le parti della pianta e suoi derivati, quelli già specificati nella Legge 242 del 2016, tutto al di sotto di tale limite, siano utilizzabili senza alcun equivoco, strumentalizzazione, con serenità.
Successivo punto, l’integrazione all’articolo 1 della della Legge 242 del 2016 sullo sviluppo e promozione della filiera della Canapa industriale fissando che il sostegno e la promozione della coltura che comprenda qualsiasi parte della pianta, foglie, fiori, radici e resine. Impiego disciplinato da quanto previsto dai vari settori di utilizzo.
Altra integrazione all’articolo 2 della sessa Legge 242 del 2016: in breve, riconoscere tra i prodotti e i materiali derivabili dalle coltivazioni legali, anche derivati quali foglie, fiori secchi, freschi o recisi, biomassa, estratti e preparazioni contenenti cannabinoidi con tenore di THC non oltre lo 0,2 per cento (limite già presente nella legge e citato nelle sentenze di Cassazione). Materie prime che poi dovranno sottostare alle regolamentazioni dei diversi comparti cui saranno destinate, quindi alimentare, cosmesi e gli altri.
Dopo questi punti fondamentali, ne seguono altri nella proposta di Federcanapa.
- la possibilità di riproduzione anche per via agamica per le colture dedite al florovivaismo seguendo questa nuova tecnica, molto importante come garanzia superiore di controllo sulla pianta per mantenere i livelli massimi di THC consentiti per la Canapa industriale;
- sul decreto 4 novembre 2019 del ministero della Salute (link per leggerlo) pubblicato il 15 gennaio 2020 riguardante il livello di THC negli alimenti (Semi di canapa, farina ottenuta dai semi di canapa: 2,0 mg/Kg; Olio ottenuto dai semi di canapa: 5,0 mg/Kg; Integratori contenenti alimenti derivati dalla canapa: 2,0 mg/Kg), Federcanapa chiede che il limite riguardante l’olio venga innalzato a 10,0 mg/Kg, per dare maggiori garanzie sul prodotto visto che alle latitudini italiane l’olio finale può andare oltre le stabilite 5 parti per milione di THC;
- sul fronte investimenti si sta ormai aspettando da tre anni, quindi attuare quelli annui per lo sviluppo delle varietà di Canapa industriale italiana, oltre a dare avvio agli incentivi per l’innovazione della filiera come già fissato nella Legge 242 del 2016, in modo di togliere ostacoli e dipendenze dall’estero all’industria italiana;
- possibilità di classificare le infiorescenze, i preparati ed estratti dalla pianta di Canapa come alimenti o integratori alimentari, in questo si fa riferimento alle qualità salutistiche e nutraceutiche della pianta, del CBD-Cannabidiolo insieme ai tenti elementi della pianta, fattore che sta al centro di grandi affari e creazione di posti di lavoro nel mondo, quindi l’Italia non può restarne tagliata fuori e Federcanapa vorrebbe evitare che la “partita” resti nelle mani del solo settore farmaceutico;
- possibilità di classificare i preparati e gli estratti di CBD come cosmetici;
- possibilità di classificare le infiorescenze fresche ed essiccate (tracciate in modo da garantire livelli di THC ammessi) come prodotti da inalazione, quindi pagando le dovute accise;
- piante officinali, punto importante per gli agricoltori, c’è già una volontà di inserimento della Canapa in questo settore, ma non si comprende ancora come. Quindi bisogna far comprendere che la Canapa Sativa sia ammessa con tutte le sue parti e inserita anche nelle preparazioni erboristiche. Compreso quindi l’uso di fiori, foglie ed estratti purché non alterino la concentrazione di cannabinoidi naturalmente presenti nella pianta;
- ultimo nodo, il regime fiscale per la trasformazione delle paglie di Canapa industriale non è equiparato a quello della trasformazione di altre piante agricole, quindi ha un’Iva molto più pesante. La richiesta è che venga equiparato a quello delle altre colture.
(seguiranno gli interventi degli altri relatori e partecipanti che hanno raccontato situazioni e posto interrogativi)
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