“Canapa è” Premio per il miglior Olio di semi di Canapa: si amplia il metodo di analisi, il prodotto matura, si definisce sempre più lo standard
Il Concorso Internazionale “Canapa è” 2024 per il Miglior Olio di Semi di Canapa è stato l’occasione per celebrare le eccellenze di un settore in crescita anche nella sua fisionomia, ma anche per fare il punto sullo studio di questo prodotto e sulla definizione di precisi standard dopo anni di lavoro e di selezione.
Al centro di questo ritratto in evoluzione la professoressa Severina Pacifico del Dipartimento di Scienza e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, che ha riassunto sette anni di storia del Premio e quindi sette anni di crescita nelle analisi e nei risultati riscontrati.
Quest’anno la vittoria è andata a un olio giunto dalla Lettonia, prodotto dalla Obelisk Farm IK, seguito da quello di Caltagirone, dal Molino Crisafulli che ha sempre primeggiato nelle precedenti edizioni rimanendo sul podio, infine il francese della SAS L’Chanvre.
Nel quadro raccontato dalla professoressa Pacifico è emersa una continua professionalizzazione e un inquadramento scientifico-tecnico sempre più netto. Rimarcate sempre di più cause ed effetti che stanno alla base della produzione di un ottimo olio di semi di canapa o del fallimento di una produzione.
In Italia siamo facilitati dalla nostra lunghissima esperienza nello studio, trattamento e definizione dell’olio di oliva e non solo. È un grande lavoro che ha permesso di ottenere un vastissimo serbatoio di ricerche, di esperienze e di metodi. Sono tutti strumenti che permettono oggi di modellare un procedimento di studio e di standardizzazione per un prodotto diverso come è l’olio frutto della spremitura dei semi di canapa.
Nelle foto sulle premiazioni, Rachele Invernizzi, vicepresidente di FederCanapa e la professoressa Michela Grosso, vedova del compianto professore Alberto Ritieni cui è intitolato il primo premio per il Miglior Olio di Semi di Canapa (foto © Giuseppe Grifeo)
Prima di tutto è bene dare gloria ai vincitori, coloro che sono riusciti a focalizzare procedimenti e metodi ottimi, dalla raccolta del seme, alla conservazione, spremitura e stoccaggio.
Concorso internazionale per il Migliore Olio di Semi di Canapa “Canapa è” 2024, VII edizione, il 21 giugno a Frattamaggiore (Napoli), manifestazione ideata dall’Associazione Fracta Sativa Unicanapa presieduta dall’avvocato Nicomede Di Michele.
I primi tre:
1) Obelisk Farm IK (link), Lettonia (vince anche il riconoscimento per l’olio più saporito). Fondata nel 2017 da Andris e Débora nel villaggio di Obeliškas, distretto di Rēzekne, nella parte orientale della Lettonia. Nella sua proprietà sono presenti antichi fienili del 1922. L’azienda agricola è interamente dedicata alla canapa e vanta una grande varietà di prodotti oltre all’eccellente olio di semi di canapa. L’estensione degli appezzamenti coltivati a canapa varia ogni anno, ma mai sotto l’ettaro. Arricchiscono i terreni con compost naturale e utilizzano la rotazione delle colture e i trifogli come colture di copertura per migliorare la sostanza organica e la struttura del terreno
“Gulbji”, Obeliškas, Dekšāres pagasts,
Rēzeknes novads, LV-4614
E-mail: obeliskfarm@gmail.com
Tel: +371-25123595;
2) Molino Crisafulli (link), a Caltagirone – Sicilia (i titolari loro sono sempre ai vertici del concorso… quando non lo vincono). L’azienda ruota attorno a un perno storico, il proprio il mulino esistente da circa un secolo: le splendide le macchine “Officine Meccaniche Reggiane” lavorano da oltre 60 anni, quasi ipnotiche nei loro continui movimenti. La famiglia Sammartino è stata la prima a riportare in Sicilia l’antica coltura della canapa unendola a quella dei grani antichi siciliani. Risalgono al 2016 le prime colture sperimentali di canapa. Tutto è in regime biologico. Dai semi, oltre all’olio, ricavano soluzioni superfood a cominciare dalle soluzioni che arrivano dalla farina proteica da combinare con altre farine per ottenere pasta ancora più saporita e benefica
Soc. Coop. Molino Crisafulli a.r.l.
Via Circonvallazione, 288
95041 Caltagirone (CT)
Telefoni: 0933 22202
E-mail: info@molinocrisafulli.com;
3) SAS L’Chanvre (link), Francia, fondata nel 1998 da Christophe Latouche che dalla Bioedilizia a base canapa passando poi all’alimentazione e fondando L’Chanvre nel 2002, primo obiettivo l’olio di semi di canapa, poi la progettazione di macchine per sgusciare gli stessi semi senza schiacciarli ottenendo la massima qualità del prodotto base. Nuova, funzionale e ampia sede a Gouarec dal 2013 con due frantoi, due sgranatrici e tanto altro.
SAS L’ Chanvre
2 route de Plounévez-Quintin
22570 Gouarec
Tel: +33-296365712
E-mail: contact@lchanvre.com
Nelle analisi degli oli concorrenti hanno operato i dipartimenti di Farmacia e di Agraria dell’Università degli studi di Napoli Federico II, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna.
Gli assaggi del buffet che tutti hanno potuto gustare alla fine del Concorso sono stati preparati dal Vega Cafè Ristorante (link) a Frattamaggiore (Napoli) e sono stati preparati con prodotti tipici campani. Panini, biscotti, cialde, birra ecc a base di farina di canapa. Per le preparazioni a crudo, utilizzo di olio di semi di canapa.
Olio di semi di canapa, studi scientifici per la selezione sempre più accurata e la definizione di uno standard per produzione d’eccellenza
“In particolare, quello che mi preme mostrarvi qui raccontando la storia di Campa è, in qualche modo è la storia dell’olio da semi di campa che molti, soprattutto fra i presenti, danno per scontato. In realtà non è affatto un alimento scontato giacché tanto ancora deve essere scoperto. Non lo si conosceva sette anni fa, al contrario di come oggi invece sappiamo fare. Cosa avvalora tutto questo? Semplicemente il numero di analisi che negli anni sono state introdotte per corroborare la bontà unica di questo olio”.
Queste le parole della professoressa Severina Pacifico che con il suo intervento ha preceduto la premiazione del miglior olio si semi di canapa. La scienziata ha tracciato un quadro netto che ha mostrato le mutazioni nei metodi delle valutazioni, dei mezzi e delle analisi che si sono aggiunte e articolate per definire i migliori di Canapa è.
Un processo scientifico, ma anche sensoriale per definire pure il gusto di questo prodotto sposandolo con le rilevate caratteristiche chimico-fisiche. Quindi anche note sul colore, sull’acidità massima accettabile e molto altro, certificando così standard e metodi sempre più precisi che hanno chiarito correlazioni su caratteristiche fisiche, nutraceutiche, benefici per i consumatori.
(foto © Giuseppe Grifeo)
Di seguito parte dell’intervento di Severina Pacifico che dà maggior chiarezza sui concetti e sui processi mentali che stanno alla base di un procedimento maturo.
“Noi partiamo dalla considerazione che siamo un paese produttore di olio di oliva. Di conseguenza, qualsiasi olio deve, in qualche modo, soddisfare quelle che sono le nostre attitudini alimentari. Quindi, il tutto riportabile all’olio di oliva nel quale noi ci siamo storicamente e fattivamente identificati. Comunque, ci sono voluti anni di studio per la definizione della bontà, della qualità, della genuinità, dell’autenticità e di quant’altro definisce oggi l’olio di oliva. È proprio quello che, da sette anni a questa parte, si sta facendo con l’olio di semi di canapa.
“Quindi, per il primo anno, un panel test, l’analisi sensoriale, solo tre analisi chimiche, quelle che definiscono la qualità di un olio. Ma l’olio di semi di canapa si arricchisce di tante molecole, tante cose nuove, elementi che possono anche risultare da contaminazione e devono essere monitorati.
Come ci ricordava la professoressa Toschi, finalmente, dagli ultimi due anni c’è una norma UNI a cui noi possiamo rifarci per definire, attraverso tutta una serie di varianti chimico-analitiche, quella che è la bontà dell’olio di canapa.
In ultimo, sull’olio di semi di canapa sono state applicate tutte le analisi necessarie, incrementate anche rispetto allo scorso anno. Abbiamo valutato clorofille, carotenoidi, i fenoli, i tocoferoli, gli acidi grassi, di steroidi, abbiamo misurato i livelli di ossidazione, il profilo fitocannabinoidico, ma soprattutto abbiamo sottolineato quello che è il rapporto tra acido cannabidiolico e cannabidiolo. Lo voglio sottolineare: in un olio di semi di canapa un acido cannabidiolico alto è cosa buona, un cannabidiolo alto dà sentore di una conservazione non propriamente adeguata.
Così come oggi noi sappiamo che un alto valore di fenoli totali -registrato con un’analisi spettrofotometrica, quella che comunemente si adotta- ci stima indirettamente anche il contenuto fitocannabinoidico. Tant’è che lo abbiamo registrato proprio quest’anno. Laddove i fitocannabinoidi sono quasi del tutto assenti anche nella componente acido cannabidiolico, si vede decrementare anche il contenuto di fenoli totali.
Qui in alto nelle immagini, alcuni dei prodotti e delle combinazioni al piatto con l'utilizzo di olio e farina di semi di canapa in unione con prodotti e ingredienti tipici della Campania e Frattamaggiore. Inoltre, la Birra artigianale Frieden alla Canapa - (foto © Giuseppe Grifeo)
Quali sono i risultati?
Questi oli ci sono arrivati con una scheda, quella che noi chiediamo ai produttori di compilare e chiediamo di completare in ogni parte.
Perché compilarla con attenzione?
È emerso, già dalle prime relazioni, che uno dei problemi più grossi che si ha durante la coltivazione è la presenza di agenti patogeni che possono minare la coltivazione stessa e quindi anche la rete di prodotto.
Quest’anno sono state consegnate 14 schede per 14 prodotti, da sottolineare al 50% italiani e 50% extra Italia, ma comunque europei.
In nessuna delle 14 schede viene denunciata la presenza, l’azione di un agente patogeno. Questo però non ci aiuta perché in qualche modo la scheda serve a noi ricercatori e ai produttori per definire qual è la condizione di bene comune.
Quindi, se vi viene chiesto a che altitudine state lavorando o che cosa avete seminato prima, è fondamentale indicarlo perché in questo modo si traccia la storia della produzione.
Noi dobbiamo costruire questa storia che non si costruisce in un anno, non si costruisce in sette anni.
Io spero -e lo speriamo tutti- che nell’arco del primo decennio si costruisca una vera storia su questo prodotto che, come si diceva, può essere funzionale, sicuramente funzionale, in virtù di quello che è il suo valore nutrizionale e il suo valore di componenti bioattive.
Non voglio parlare di nutraceutica, ma sicuramente ha delle componenti bioattive che lo rendono unico nel panorama degli oli attualmente esistenti.
Quindi, questi prodotti partecipanti al concorso 2024 per il migliore olio di semi di canapa, ci sono arrivati così, sono stati distribuiti nei quattro dipartimenti che partecipano alle analisi.
Il colore non presenta unicità, ma non presentano unicità anche adesso i valori di acidità.
La norma UNI ci dice che il valore di acidità deve essere sotto all’uno per cento. Siamo a due anni dalla norma UNI, ma ancora abbiamo diversi oli che purtroppo superano questo limite.
Il solo fatto però che ce ne siano tanti anche largamente al di sotto, ci dice che la possibilità di ottenere un olio non acido è realizzabile.
L’acidità è qualcosa che noi non percepiamo, ma l’acidità è un indice di qualità. Come operato anche negli scorsi due anni, tenuto conto del dato di acidità, tutti gli oli che hanno un valore di acidità di percentuale di acido oleico superiore al 2% sono stati scartati, non sono stati considerati: a tutti i produttori verranno inviati i dati di tutte le analisi.
Gli scartati non sono stati considerati per la definizione degli standard di quello che è l’olio vincitore o di tutti quelli che poi fanno parte del podio.
Allo stesso modo, dopo aver considerato l’acidità, si è tenuto conto del valore dei perossidi che non deve superare il 20. Tra questi oli abbiamo osservato un olio che ha un valore di perossidi superiore a 20, quindi anche questo è stato eliminato.
Di questi ultimi oli che hanno superato queste fasi di analisi, sono stati considerati i pigmenti fotosintetici, in particolare il loro rapporto, giacché un incremento della produzione carotenoidica è definito come qualcosa di buono, ancora i fenoli totali.
Abbiamo quantizzato attraverso analisi HPC il contenuto di tocoferoli: quello che ci è sembrato strano è che alcuni degli oli tra quelli non ammessi, non presentavano altro tocoferolo se non il gamma, in particolare l’alfa completamente assente.
Ancora, il rapporto tra acidi Omega 6 e Omega 3 -ricordo che quanto più è basso questo rapporto, tanto più l’olio diventa funzionale.
Tutti gli oli qui considerati sono in quel rapporto ottimale – quello considerato dall’OMS e dalla FAO – di 4 a 1 per il benessere dell’individuo.
Ancora, il rapporto tra acidi grassi insaturi, compreso l’acido oleico e gli acidi saturi. Quest’anno, per la prima volta, grazie anche alla collaborazione con il CNR, è stato definito il profilo in steroli, in questo caso ho ripreso alcune delle parole del dottor Picarello, il quale sottolineava la norma UNI per un valore dell’ESC o EICRC del 62% minimo. Laddove questo valore non è rispettato, si può parlare di sofisticazione? Questo è qualcosa su cui sicuramente tutte le università coinvolte e tutti i centri di ricerca che vogliono darci una mano, lavoreranno per dare una risposta.
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