“Cooperativa agricola Semi Antichi”, a Cassino una filiera della canapa e di grani antichi
All’ombra dell’abbazia di Montecassino, nella provincia di Frosinone, si lavora tanto per dare nuovo vigore al mondo dell’agricoltura e si opera per far nascere qualcosa di nuovo e di tradizionalmente puro allo stesso tempo: a Cassino una filiera della canapa e di grani antichi, di pregio ma dimenticati.
Fra i coraggiosi e convinti, anche in forza di un’esperienza pluriennale, c’è una vecchia conoscenza, Vittorio Di Sessa, già al centro di un articolo di Canapa Oggi per la sua azienda agricola Agri.Api.Bio che produce una crema spalmabile alla canapa. E fra lotti dove crescono magnifici carciofi, dove si stanno impiantando piantine di pomodoro e aglio, dove hanno già trovato dimora le cipolle, ecco emergere dal terreno anche quelle di Canapa Sativa in due varianti. Rigorosa agricoltura biologica.
Vittorio Di Sessa (VDS): “Abbiamo dato vita a una cooperativa agricola, composta da quattro donne e da me, l’unico uomo a farne parte. L’abbiamo composta per uno scopo preciso, dare a Cassino una filiera della canapa e di grani antichi. Sarà un matrimonio perfetto fra colture, l’una non può fare a meno delle altre. È l’unione ideale per creare prodotti d’eccellenza, la riscoperta della canapa e delle sue proprietà insieme a quei grani che non sono caratterizzati da grandi volumi di produzione. ma da grande qualità e proprietà nutrienti. Si tratta di riscoprirli, riutilizzarli, recuperare quella memoria in gran parte dimenticata”.
Canapa Oggi (CO): Canapa e grani antichi per fare cosa? Quali obiettivi di prodotto?
(VDS): “Prodotti di qualità, di nicchia, abbiamo cominciato già a lavorarci, abbiamo già i grissini di canapa, la crema spalmabile, il pane, i semi di canapa da mangiare così, crudi. Per adesso stiamo imbastendo la filiera e la stiamo dirigendo al settore alimentare. Questo è il primo passo”.
(CO): La seconda fase? L’ulteriore sviluppo riguarderà un altro aspetto che starete pensando, progettando.
(VDS): “Sì, poi passeremo ad altro e forse anche presto. C’è fra noi una persona che ha forti legami con un costruttore romano, da qui si capisce bene dove vogliamo andare a parare, visto che da operatori del mondo edile questi partner hanno un forte interesse nella bioedilizia e hanno una connessione con l’Università di Tor Vergata e l’Ateneo di Roma Tre. Da qui l’inizio della progettazione per proposte adatte a costruire case con il grande beneficio del materiale da canapa in unione alle paglie da cereali, il tutto su base naturale e con grandi vantaggi per l’ambiente e la salute di chi abiterà queste case”.
(CO): È una bella scommessa per il territorio, dare a Cassino una filiera della canapa e di grani antichi.
(VDS): “È l’occasione giusta per creare qualcosa qui nel basso Lazio. Altri in zona ancora non hanno fatto nulla o hanno compiuto ben poco, ci vogliono tanti denari da investire. Quindi ci stiamo avvantaggiando. Stiamo dialogando anche con l’Università della Tuscia. Vogliamo fare un gruppo riunito intorno a un unico progetto, coinvolgendo anche realtà dell’Abruzzo come Hemp Farm. Se il progetto raggiungesse già i suoi primi obiettivi, sarebbe ottimo per i nostri contatti essendo noi in una zona strategica al confine con Campania, Molise, l’Abruzzo stesso.
(CO): E andando ancora avanti cosa c’è da aspettarsi da voi?
(VDS): “Bisogna tirare le somme e guardare oltre. Grazie all’aiuto di tecnici stiamo stilando un progetto da presentare in Unione Europea, diretto al migliore sfruttamento della canapa e a profilarne nuovi utilizzi sviluppando quelli già conosciuti. Sarebbe oro per il territorio, si creerebbero posti di lavoro e sarebbe un utile sostegno per l’agricoltura che potrebbe avere un recupero di almeno il 15 per cento dando respiro alle aziende del settore”.
(CO): Volendo quantificare la vostra forza iniziale di produzione, su quanti ettari a canapa potete contare?
(VDS): “A Cassino adesso cinque ettari a canapa li ho impiantati io, altri quattro ettari due amici, insomma, per la prima volta in questo territorio, possiamo contare su un’estensione totale, fra tutti i coinvolti, di circa 12 ettari a canapa. Sono due anni che lavoro questa pianta, ho fatto esperienza e ora stiamo scommettendo su più larga scala. È un fatto del tutto nuovo, dobbiamo avere a che fare con le condizioni ambientali, le temperature questo aprile 2017 con questi colpi di coda freddi stanno rallentando la crescita iniziale. Accumuliamo esperienza. A Roma stiamo pure cercando di avere una fattoria abbandonata a Torpignattara, presa da amici per un progetto, ma oggi in disuso, così da utilizzarla per il nostro piano, a cominciare proprio dalla canapa”.
(CO): Le accortezze previste dalla legge 242 sulla promozione della filiera della canapa, esigono scrupolosità, ma sono meno pressanti che nel passato.
(VDS): “Il tutelarsi è d’obbligo facendo effettuare le analisi di laboratorio per monitorare il rispetto dei valori stabiliti dalla legge, passo che faccio a mie spese per i miei lotti: mi costa circa 1.200 euro. Se la facessero le forze dell’ordine costerebbe 60 euro, ma preferisco premunirmi e stare sul sicuro, visto che la legge non indica l’obbligo nel farle. Inoltre, il ministero entro il mese di giugno dovrebbe dare i valori di Thc ammessi per i prodotti alimentari. Se venissero riutilizzati i valori stabiliti per la canapa in campo ci andrebbe benissimo: chi ci arriva a un valore superiore a 0,6 per cento di Thc? Proprio nessuno. E ancora, secondo la legge, basterebbe tenere conservati i contrassegni e le ricevute dei semi utilizzati. Io invece ho fatto di più andando alla Forestale dei Carabinieri denunciando l’utilizzo di questi terreni. Più nella legalità di così non si può”.
(CO): A proposito di semi, da dove vi fornite?
(VDS): “I semi di Canapa Sativa arrivano tutti dalla Francia, dalla Romania, dalla Norvegia, tutti controllati. Quelli nostri, del tutto italiani, li avremmo pure. Istituti di ricerca e di biologia li hanno, ma non si decidono a mollarli: si dovrebbe avviare una produzione di semi nostrani, avere delle sementiere, dei centri dislocati nel Paese per evitare di dipendere dall’estero. Due i tipi di semi di canapa da noi utilizzati, la Uso 31, pianta precoce che dovrebbe venire alta circa 80 centimetri, mentre l’altra, tipo Secuieni Jubileu, a ciclo vegetativo precoce, raggiungerà 1,5 metri. Non potremmo mai usare la Carmagnola che raggiunge anche i quattro metri d’altezza. In questa prima fase produttiva serve la canapa più bassa, anche per una questione di mancanza di strumenti per la trebbiatura, anche se in internet si trovano mini trebbie come un modello cinese che, ho letto proprio su Canapa Oggi, viene utilizzata in Trentino… e costa poco (leggi a questo link)”.
Sono proprio le varietà più precoci che si prestano maggiormente come colture di nicchia per l’ottenimento di prodotti di alta qualità, come già rilevato fra 2009 e 2011, tanto per citare uno degli studi possibili, dalla ricerca della dottoressa Carla Da Porto dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti – Università degli Studi di Udine. A Cassino una filiera della canapa e di grani antichi è avviata a diventare una realtà complessa e completa.
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