Canapa Day, alla ricerca della canapa perfetta per la Campania così da renderla nuovamente Felix
Individuazione delle varietà più adatte di Canapa Sativa, formulazione delle più efficaci tecniche di coltura, una fase avanzata di sperimentazione e messa in pratica nei terreni campani. Canapa Day, alla ricerca della canapa perfetta per la Campania, evento organizzato il 20 Giugno 2017 dalla Cooperativa Canapa Campana nella propria sede di Caivano.
Il tutto patrocinato da Confagricoltura Napoli e dal Comune di Caivano, con il supporto scientifico di docenti dei dipartimenti di Agraria e di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli e del Cip (Canapa Info Point) di Salerno, realtà che hanno curato parte della sperimentazione in terreni prescelti.
La Cooperativa agricola Canapa Campana è nata grazie a tre soci, “tutto nel 2015, oggi ne fanno parte 20 realtà – racconta Valentina Capone, fra i tre che diedero vita a questa realtà – Dai 20 ettari a canapa del primo anno siamo passati oggi a sfiorare i 100. Il nostro inizio è stato legato al settore alimentare e a varietà monoiche la Uso 31 e Futura 75 anche per una semplificazione della lavorazione in campo che aiutava gli agricoltori. Oggi guardiamo oltre, per esempio alla sostituzione di materie prime a cominciare da quelle di origine petrolchimica, quindi l’attenzione si sposta anche sulle varietà dioiche” (intervista più ampia a questo link).
“Per la canapicoltura bisogna eliminare ancora una zona d’ombra legislativa che ancora esiste, come nel comparto alimentare – ha rincarato la Capone – ma il legislatore deve sentire gli operatori di settore per apportare questi cambiamenti. Poi gli impianti di trasformazione che servono e che in Campania non esistono: a noi portare il materiale a Taranto non conviene, è troppo oneroso. Occorre mettere su una filiera e su questo siamo avanti, in modo da ottenere una trivalenza anche dalla bacchetta di canapa, così da giustificare tecnologie e impianti locali connettendosi col mercato e con chi utilizzerà il nostro materiale”.
Bilancio a 360 gradi quindi in questo Canapa Day del 20 giugno, ma anche festa per toccare con i propri sensi le possibilità della canapa.
Il maestro Beppe Vessicchio, storico direttore d’orchestra del Festival di Sanremo e l’azienda vitivinicola Giorgi Wines hanno fatto degustare il Crudoo (pinot nero 80% e Chardonnay 20%) spumantizzato e per l’occasione servito in un cocktail con fiori e semi di canapa. Oppure la pizza fritta alla farina di canapa (al 10%) creazione sapiente e gustosa del maestro pizzaiolo Gianfranco Iervolino della Pizzeria Morsi&Rismorsi ad Aversa.
Senza tralasciare Lo spazio dedicato a White Tree Brewing Birra Artigianale, realtà che è assurta agli onori della cronaca di settore con Bufala, Milk stout artigianale derivante dalla lavorazione del siero di latte di bufala e con Liburia, una Blond Ale alla canapa 100% campana ottenuta con l’utilizzo di semi, farina e fiori di canapa sativa coltivata nel casertano e comunque in Campania.
Poi la pizzeria New Old Village di Succivo, la Cooperativa Siani con il miele ai semi di canapa, la Macelleria Vegetariana con hamburger di canapa e, naturalmente, i prodotti della cooperativa Canapa Campana.
Tutto questo a coronamento di un’esplorazione di colture sperimentali e di coltivazioni avviate a canapa, teso a conoscere sempre di più le capacità e i possibili sviluppi, già in campo, di questa pianta. Senza tralasciare il processo di spremitura a freddo dei semi per trarre olio di canapa, lavorazione che come sottoprodotto ha una sorta di pasta da essiccare per poi ottenere le farine, come illustrato da Salvatore Faugno, docente di Macchine agricole all’Ateneo di Napoli Federico II.
“Grazie a Canapa Campana abbiamo avuto la possibilità di allestire delle parcelle sperimentali che stiamo utilizzando per validare le tecniche agronomiche sulla base di quelle che sono le esigenze dell’azienda – ha detto Nunzio Fiorentino, docente del dipartimento di Agraria della Federico II – L’obiettivo è valutare come alcuni input di fertilizzazione e tecniche di semina possano influenzare la resa in granella di una varietà di canapa, la Uso 31, che è di origine est europea, la più utilizzata per la produzione proprio di seme”.
“Come prodotto di interesse abbiamo appunto il seme, ma anche l’olio che si estrae da questo e il sottoprodotto, i panelli proteici, da utilizzare, per esempio, nella mangimistica – ha proseguito Fiorentino – Sotto nostra osservazione sono otto parcelle su un impianto da un ettaro, ognuna di circa 1.200 metri quadri. Su ciascuna parcella abbiamo combinato diversi fattori e tecniche. Innanzitutto la densità di coltura scelta, 50 piante a metro quadro e una più ridotta del 20-25 per cento per comprendere la compensazione della pianta che dovrà competere maggiormente con le infestanti”.
La riduzione della densità di semina sembra essere compensata da una diversa architettura della pianta in fase di crescita che va a coprire il terreno competendo con successo con le infestanti.
“Secondo fattore è la fertilizzazione alla semina utilizzando un supporto idoneo alla coltura biologica contenente pollina e pennone, circa 40 chili a ettaro, confrontato il tutto con parcelle di terreno non concimate – ha descritto il docente universitario di Agraria – Un confronto necessario per verificare il potenziale del terreno stesso, uno dei suoli più fertili d’Italia, nella speranza che ritorni Terra Felix: questo fattore serve anche per avere idea di quanti nutrienti il suolo è in grado di fornire in autonomia. Stiamo validando anche un trattamento fogliare effettuato in prossimità della fioritura per favorire il riempimento dei semi”.
“Tutti questi fattori sono mescolati fra loro e abbiamo un totale di otto combinazioni – ha aggiunto Fiorentino – In ogni parcella individuiamo della aree-saggio di dimensioni opportune affinché abbiano una corretta valenza statistica, con tre repliche per ogni parcellone: campionamenti di suolo per comprendere se le tecniche utilizzate depauperano o hanno effetto sulle capacità di dare nutrimento, presenza nel ciclo di carbonio organico, azoto organico, fosforo e potassio, il ph, il contenuto di carbonati e un profilo su tutti i mnerali presenti nel suolo per rilevare eventuali interazioni con la pianta; campionamenti di vegetazione per misurare l’altezza del fusto, il numero delle foglie, il peso di ciascuna frazione, dalle infiorescenze alle foglie. Con la presenza della granella misureremo la sua incidenza sul totale della pianta, quindi la resa”.
“Sulla parte vegetale si fanno altre analisi, per esempio sull’azoto che maggiormente influenza la crescita delle piante e la qualità della granella. Sul seme invece verificheremo la resa in olio, la qualità di quest’ultimo e quella del panello residuo dopo l’estrazione – ha concluso Fiorentino – Alla raccolta si farà, invece, una validazione sulla meccanizzazione e un piccolo approfondimento sugli apparati radicali per verificare l’attitudine di questa pianta a estrarre diversi elementi presenti nel suolo, non solo i nutrienti ma anche dei metalli normalmente presenti nei terreni, non tipici di problemi ambientali: verificheremo l’affinità della pianta con questi elementi”.
Altra sezione dei campi di Caivano e altro “attore”, Domenico Loreto, tecnico di Canapa Campana, “Circa sette ettari la parte da noi curata, poi quella di sperimentazione. La varietà considerata è la Uso 31 che dà i maggiori risultati, una produzione di granella che va dagli 8 ai 12 quintali a ettaro (dati 2016, granella pulita), con 60-70 piante a metro quadro: un esame vitale in quanto facciamo trattamento del seme e trasformazione in olio e farina. L’investimento è stato di 38 chili a ettaro su un terreno di medio impasto”.
Questo tipo di suolo detto anche terreno franco, ha percentuale di sabbia dal 35 al 55% permettendo una buona circolazione idrica, sufficiente ossigenazione e facile penetrazione delle radici. Ha limo dal 25 al 45% e argilla dal 10 al 25% per mantenere un sufficiente grado di umidità nei periodi asciutti, una corretta strutturazione e ritenzione dei nutrienti.
“Fertilizzazione con concime organico pari a 5 quintali per ettaro – ha proseguito Loreto – Questa è una pianta monoica con fiori femminili e parte di fiori maschili circostanti che non producono granella. Trebbiatura della sola parte alta, delle cime, con mezzi che si utilizzano per il grano. Anche per la semina utilizziamo macchine adoperate per il grano. In questo periodo, 20 giugno, i fiori maschili stanno appassendo, quindi andremo a raccolta fra circa 20-30 giorni al massimo a seconda del tempo meteorologico e comunque non oltre al 70% della granella matura per non perdere quella nelle parti inferiori. I fiori maschili in una pianta monoica non dovrebbero superare il 15 per cento. Quest’anno per una questione di siccità abbiamo avuto meno piantine, quindi siamo dovuti intervenire con delle irrigazioni, specialmente nella fase del terzo nodo per dare una spinta alla pianta. Su questo appezzamento abbiamo fatto anche della concimazioni fogliari per far superare alla pianta lo stress iniziale perché non vegetava per carenza d’acqua: quindi irrigazione e sostegno. Una seconda concimazione invece per riempire la granella”.
Una prima semina fu fatta il 30 marzo ma le gelate dal 19 al 21 aprile hanno rovinato tutto. Si è dovuto seminare di nuovo il 26 aprile.
A seguire il Canapa Info Point, “in collaborazione con Canapa Campana abbiamo utilizzato questa sezione di campi per testare dieci varietà di canapa industriale in modo da comprendere meglio le differenze fra le piante, i diversi sviluppi, ottenendo dati preziosi per il mondo canapicolo”, ha descritto Gian Maria Baldi.
“Abbiamo utilizzato varietà monoiche straniere e altre dioiche italiane – ha proseguito Baldi – La prima varietà presenta sulla pianta fiori di entrambi i sessi. La seconda ha per ogni pianta solo fiori femminili o solo maschili. In questa fase di sviluppo le piante più alte sono tutti dioiche italiane come la Carmagnola, la Eletta Campana e la Fibranova. Sono varietà utilizzate principalmente per la produzione di fibra come ci insegna anche la storia italiana e locale. Sono state messe a confronto diradando la densità di impianto permettendo loro di svilupparsi ancora di più esprimendo tutto il loro fenotipo: possono raggiungere i sei metri, sono più ramificate e con foglie più larghe. In questo 20 giugno, devono ancora entrare in fioritura a differenza della monoica Uso 31 che è già fiorita. Questo perché le varietà dioiche citate si basano sul fotoperiodo: quando iniziano a diminuire le ore di luce rispetto a quelle di buio, andranno verso la fioritura. Quindi da metà agosto a fine settembre, inizi ottobre”.
Il tutto è servito a rilevare la germinabilità delle piante, la capacità di crescita e di superare degli stress come quello più evidente di questo 2017, forte caldo e mancanza di piogge.
“Poi le varietà straniere e monoiche come la Uso 31 seminata nello stesso periodo delle dioiche – ha concluso Baldi – Oggi, rispetto alle altre, è più bassa, meno ramificata e ha già fiorito, con ciclo più breve perché è tipica di aree geografiche, dell’Est Europa, con minore ore di luce: il ciclo di crescita è determinato, va sui 90 giorni, poi avviene la raccolta, in generale fra i 40 e 60 giorni dalla semina va in fioritura. È ottima e maggiore produttrice di seme, l’altezza inferiore permette di avere un post-raccolta semplificato, la sbarra falciante della mietitrebbia riesce a tagliare la zona di maggiore interesse, quindi l’apice e c’è una minore resistenza meccanica delle fibre”.
È stato fatto un altro confronto tra stesse varietà piantando il seme in epoca tardiva in modo da controllarne la capacità di resistere a stress idrici e termini della stagione più calda: con un sistema di irrigazione localizzata, a goccia, le piante si stanno sviluppando ugualmente. L’idea è quella di poter avere due cicli produttivi in uno stesso periodo estivo.
“Tutto quanto avviene oggi e tutto quanto avverrà in futuro, è frutto di un grande sforzo amministrativo e della Regione Campania che ha dato vita a una sua legge, la prima fra tutte le regioni italiane – ha sottolineato Gennaro Oliviero, consigliere regionale, presidente della VII Commissione Ambiente, Energia, Protezione Civile nonché relatore della Legge campana sulla Canapa – Il cammino per giungere a questo traguardo è stato agevole, frutto di un impegno assunto durante un incontro a Marcianise promosso da tutti gli attori impegnati nel settore della canapa. Abbiamo fatto riemergere un comparto che era storicamente fra i più valorizzati e floridi della nostra Campania. Abbiamo anche fatto in modo che quegli immobili di proprietà della Regione, gli ex canapifici, siano valorizzati di nuovo, a cominciare proprio dalla lavorazione della canapa: una struttura o molto importante vicina alla Reggia di Caserta potrà diventare uno showroom della canapa con tante altre attività. Aspettiamo che la Regione emetta un bando per mettere a frutto quanto la legge prevede in modo tale che questa opportunità riceva l’interesse da parte degli operatori”.
“Per quanto riguarda i centri di lavorazione della canapa e prima trasformazione, è necessario che i produttori si mettano insieme – ha concluso Oliviero – La Regione li aiuterà senza problemi, però abbiamo bisogno che crescano le reti di impresa e che con esse cresca la filiera della canapa”.
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