Le contraddizioni degli Usa – Utah State University e cannabis terapeutica, no alla ricerca su esseri umani
I differenti comportamenti degli stati che compongono l’amministrazione territoriale degli Usa, complicano il quadro della ricerca legandone le sorti a seconda della politica prevalente nello scacchiere federale. Un esempio viene dal Sud Ovest della nazione nordamericana. Un duro colpo per la crescita della canapa: Utah State University e cannabis terapeutica, no alla ricerca su esseri umani.
Lo Stato dello Utah ha espresso rappresentanti repubblicani in Senato, è il tredicesimo stato più ampio degli Usa e il 33° per popolazione fra i cinquanta (più il distretto federale di Columbia) che compongono il quadro degli stati federati. Sulla Cannabis terapeutica lo Stato nordamericano si è dotato di una sua legge sulla ricerca medica nel settore, eppure la USU, Utah State University non è interessata a fare sperimentazioni nell’ambito della cannabis medica sugli esseri umani.
L’Ateneo non lo reputa un iter di sviluppo conveniente, almeno per adesso, non con una materia prima come i cannabinoidi che per legge federale sono inseriti fra le “sostanze controllate“.
È bene ricordare che il CSA – Controlled Substances Act, lo statuto federale che regola la fabbricazione, il possesso, l’uso e la distribuzione di determinate sostanze, è suddiviso in cinque classificazioni: marijuana e cannabinoidi fanno parte della Tabella I che incorpora elementi secondo tre tipologie, farmaco o altra sostanza con un alto potenziale di abuso, farmaco o altra sostanza non ha attualmente accettato per l’uso medico negli Stati Uniti, mancanza di sicurezza accettata nell’uso del farmaco o altra sostanza sotto controllo medico (si consiglia di leggere questo articolo: Usa, la Hemp Industries Association contro la Dea che equipara cannabinoidi ed estratti da marijuana).
Anche se l’Ateneo dello Utah dispone delle strutture necessarie a coltivare sostanze controllate per scopi di ricerca, al massimo potrebbe arrivare ad analizzare solo i processi di crescita, sempre che le leggi federali e statali diventino più chiare e meno ingarbugliate rispetto alla situazione attuale.
Lo ha detto a chiare lettere Mark McLellan, vicepresidente per la ricerca dell’USU nonché decano della Scuola di studi universitari, dichiarandolo al The Herald Journal di questa settimana. Nel suo ruolo il professore è responsabile della direzione e della supervisione delle missioni di ricerca e di laurea.
Il suo virgolettato è giunto in risposta proprio alla una nuova legge statale, la HB130, che ha approvato la ricerca medica sugli esseri umani per prodotti a base di cannabinoidi e di cannabinoidi espansi.
“In questo disegno di legge, non c’è nessuna ricerca di produzione. Questa è tutta ricerca medica – ha detto McLellan – Sarebbe qualcosa che l’Università dello Utah potrebbe esplorare, ma noi non abbiamo alcuna ricerca medica/sperimentazione sull’uomo per quanto riguarda le sostanze controllate, nessuna. E non ci aspettiamo di iniziare con questa tipologia di ricerca”.
Precisando ulteriormente, McLellan ha sottolineato che il 35% delle ricerche dell’USU tratta di soggetti umani, ma non ha nulla a che fare con le sostanze controllate come quelle da cannabis.
“Per sovrintendere a questo tipo di lavoro si va incontro a un peso amministrativo pesante, molto pesante e non avrebbe senso per noi senza avere una notevole quantità di ricerche – rincara McLellan – Allo stato attuale per noi non c’è sufficiente garanzia di avvio per questo tipo di analisi di laboratorio”.
In più, il vicepresidente della Utah State University e il decano hanno detto che tale studio medico nell’Ateneo richiederebbe medici addestrati a essere ricercatori, “è un fattore necessario aumentare il numero di ricercatori più tradizionali e spinti – aggiunge McLellan – e questa nuova combinazione di uomini e lavoro richiederebbe una trasformazione della facoltà, intesa come dipartimento medico, ma non stiamo andando in questa direzione”.
Pur rifiutando la ricerca sulla cannabis terapeutica nei suoi effetti sull’uomo, all’Usu però si conducono studi con sostanze controllate sugli animali per analizzare il comportamento di questi ultimi dopo la somministrazione di tali preparati. La professoressa di psicologia Amy Odum, sempre dell’USU, ha diffuso notizie in merito, anche tramite il suo sito web, su almeno due studi sugli animali e sulla loro risposta a trattamenti tramite dette sostanze.
McLellan, cercando di dare maggior valore alla sua tesi che vede l’opposizione oggi alla sperimentazione sull’uomo, ha voluto far capire che anche nel caso della sperimentazione sugli animali nulla è semplice: si tratta di un complesso procedimento burocratico e di controllo, necessario e obbligatorio: “si va a un comitato speciale che sovrintende al tutto. Naturalmente, ogni studio che riguardi sostanze controllate deve essere essere approvato dal DEA. Poi comitato e DEA sovrintendono a come vengono gestite queste particolari materie prime classificate nel Controlled Substances Act”.
La nuova legge dello Utah che permette la ricerca sull’uomo riguardo cannabis e cannabinoidi, la norma HB130, ha per primo firmatario il repubblicano Brad M. Daw. La norma arriva quasi tre anni dopo il passaggio di HB105, nota come legge di Charlee che ha permesso l’uso dell’olio di cannabis per i bambini con epilessia e che comprendeva una disposizione per gli istituti di istruzione superiore per la produzione di canapa industriale per “l’agricoltura o la ricerca accademica”.
Un portavoce del DEA, Drug Enforcement Administration, ha sottolineato che il governo ha permesso la ricerca della marijuana, tuttavia “è necessario registrarsi al DEA con un protocollo di ricerca approvato dalla Food and Drug Administration. Contestualmente, è stato stabilito che l’Università del Mississippi è l’unica fonte/produttore di marijuana per le persone e istituzioni che portano avanti la ricerca nel settore”.
Commenti recenti