Canapicoltura in Italia, primo bilancio di settembre 2017 con rese in forte calo per i periodi di siccità
Estate molto calda, prolungata assenza di piogge, fattori ambientali pesanti hanno inciso profondamente nella gestione dei campi a canapa e nello sviluppo delle piante. Per la Canapicoltura in Italia, primo bilancio di settembre 2017 con rese in calo per la siccità trascorsa. Molti agricoltori non hanno neppure trebbiato.
Ovviamente ci sono state differenziazioni fra le regioni.
Scrivendo di resa, si intende quella di seme trebbiato, essiccato e ventilato, quindi seme integrale pieno, depurato da semi vuoti e residui, pronto alla trasformazione. Se la quantificazione si riferisse altro o a qualcosa di similare, è stato indicato nell’articolo.
Subito evidenti differenze tra latitudini diverse con un Sud più colpito dalla grave mancanza di precipitazioni e, in molti casi e non solo al Meridione, dalla mancanza di esperienza di alcuni agricoltori i quali, reputando facile coltivare canapa, non hanno aiutato le piante con un apporto d’acqua nei momenti più opportuni.
Per un quadro esauriente è bastato ascoltare alcune associazioni o raggruppamenti di agricoltori, dalle Alpi alle isole, in modo da avviare una prima visione di questa stagione. A questo seguirà un secondo esame in fase ultima di stagione, da pubblicare in seguito grazie ad altre testimonianze.
– Cooperativa Agricola Canapa Campana (anche gruppo Facebook), Francesco Mugione, responsabile produzione delle colture che segue direttamente, “in Campania abbiamo già raccolto, fatto le nostre stime, essiccato e stoccato. Entro ottobre inizieremo la spremiture. La stagione secca è stata una delle peggiori e lì dove i campi non sono stati annaffiati abbiamo avuto una resa di 2-3 quintali a ettaro, invece dove è stata data l’acqua si è arrivati anche a 12 quintali a ettaro, misure da intendere come semi finali secchi”.
“L’anno scorso, quando trattavamo circa 87 ettari, come media abbiamo avuto 7,80 quintali a ettaro – racconta Mugione – Quest’anno, curando 100 ettari, la resa non è andata oltre i 5,50 quintali per ettaro. Pur nella criticità della stagione, siamo stati fortunati ad aver raccolto, mentre in altre aree alcuni agricoltori non hanno trebbiato: in Sicilia non è stato raccolto neppure il 5 per cento della semina fatta, in Calabria pochissimi hanno raccolto, in Puglia solo il 30 per cento delle colture ha dato una resa e un nostro amico e associato di quell’area, su 10 ettari ci ha spedito solo 10 quintali di prodotto”.
“Ne ha risentito il seme come quantità che qualità in alcune aree, pur con analisi in corso che daranno il responso finale. Il problema ha investito anche la parte erbacea vera e propria – prosegue il responsabile produzione di Canapa Campana – Nell’80 per cento circa dei nostri terreni utilizziamo la varietà di Sativa Uso 31, la nostra preferita. Raggiunge solitamente da 1,50 a 1,80 metri d’altezza. Quest’anno non ha superato il metro circa. Bisogna comprendere poi quale sarà la qualità dell’olio. Nel giro di un mese scarso avremo i dati, ci sta pensando l’Università di Portici. Sarà un anno da dimenticare, ma ci ha insegnato molto. C’è chi dà colpa al seme o al terreno. La verità è soprattutto un’altra. La canapa va irrigata e trattata come si deve, non bisogna stare dietro a quello che dicevano nonni e bisnonni perché i tempi sono cambiati profondamente a cominciare dalle condizioni climatiche e pedoclimatiche”.
“Va preparato un ottimo letto di semina e si mette a dimora il seme in epoche giuste – continua Mugione – Quando occorre bisogna dare acqua. Non c’è bisogno di trattamenti anticrittogamici e, similarmente, contro parassiti e fitopatologici. Per la gestione si è quasi a costo zero, tranne una concimazione fogliare, ma solo in casi estremi se proprio la pianta ne avesse bisogno, eventualità molto rara”.
Nel 20 per cento dei 100 ettari coordinati dall’associazione, Canapa Campana utilizza le varietà Futura 75, Carmagnola e Santhica 27 per produrre particolari farine o tagliare alcuni prodotti, “comunque ogni anno facciamo campi sperimentali osservando il comportamento di dieci o dodici varietà e valutiamo: adesso ce n’è una promettente, la stiamo studiando, ma non riveliamo quale; probabile che nel 2018 le dedicheremo una decina di ettari. Infine, ottima da sempre la fibra della nostra area, color oro, molto desiderata da tante aziende, mentre da altre parti sono più ‘spessorate’, un po’ ruvide, difficili da ridurre al giusto spessore”, conclude Mugione.
– Associazione Canapa e Filiera (anche gruppo Facebook), Antonino Chiaramonte, presidente di questa aggregazione nata nel Sud. Queste sono giornate di gran lavoro fra trebbiature e risultati di sperimentazioni e realizzazione di una società che organizzerà al meglio la vita della canapa curata da questa aggregazione di agricoltori e trasformatori, dai campi fino alla commercializzazione.
“Nelle aree marine e pianeggianti della Calabria è andata malissimo – dice Chiaramonte – Avevamo un campo meraviglioso ed è stato distrutto dalla siccità. Dove è andata in maniera decente è stato sulla Sila e in provincia di Vibo Valentia dove la qualità del raccolto è rimasta ottima, con una resa di circa 6 quintali a ettaro. Comunque, in Calabria la produzione ha avuto un crollo del 50 per cento circa”.
“Nelle altre realtà che curiamo e sosteniamo – continua il presidente di Canapa e Filiera – come a Perugia per esempio abbiamo appena trebbiato, campi in ottima salute, seme buonissimo, fra 6 e 7 quintali di seme secco a ettaro. Bene in Friuli e Veneto ma lì continuando a piovere stiamo aspettando per trebbiare. Sono tutti terreni dove si è seminato per la prima volta, con risultato non confrontabile quindi rispetto a situazioni precedenti. Per queste aree possiamo prevedere una media di 7 o 8 quintali di seme a ettaro vista la floridezza dei campi che non abbiamo concimato come facciamo dove seminiamo canapa per la prima volta proprio per testare la risposta delle pianta sui terreni”.
In questo caso i pesi indicati per le rese si ridurranno di un 10-15 per cento, perché non comprendono la fase di essiccazione che l’associazione porta avanti con un processo di asciugatura naturale.
“Noi utilizziamo solo Futura 75 – conclude il presidente di Canapa e Filiera – Riguardo le altissime temperature, ma ancora di più la siccità, la fase critica per la crescita della canapa in mancanza d’acqua è quella iniziale e lì bisogna sostenere la pianta. Se questo manca, è la fine”.
– Canapa Live (anche gruppo Facebook), Emiliano Stefanini, presidente dell’associazione laziale, “abbiamo completato tutte le trebbiature ed essiccato il seme. C’è da sottolineare che nell’area buona parte dei campi non sono neppure stati trebbiati perché i circa 200 euro chiesti per la mietitrebbia gli agricoltori non erano sicuri di poterli ripagare con la produzione di seme da quei campi”.
“Quest’anno la resa si aggira su oltre 3 quintali a ettaro di seme, conforme all’anno precedente, anche se abbiamo cambiato cultivar – continua Stefanini – L’anno scorso scegliemmo la Uso31, Ferimon, Felina 32 e Fedora. Quest’anno la Zenit che è l’unica certificata biologica, anche se una realtà associativa italiana ha giocato, proprio prima della semina, con le ditte sementiere francesi perché in Italia non arrivasse seme, se non a loro: noi acquistavamo a un euro meno. Ci sarebbe arrivato solo ad aprile inoltrato, impossibile e assurdo come tempo di semina per territori a Sud, sarebbe stato troppo tardi”.
“Così abbiamo dovuto rivolgerci, assieme con l’Associazione Lucanapa (ndR: aspettiamo i dati da Lucanapa per avere la loro visione della stagione), a un’azienda romena per acquistare questa semente, la Zenit certificata bio – continua il presidente di Canapa Live – utilizzata nella nostra azienda agricola, in quelle a noi legate a cominciare dal Viterbese, alle università agrarie di Allumiere e di Tolfa. Stiamo attrezzando un laboratorio di trasformazione acquistando macchine in Cina: ci abbiamo impiegato un anno e, cosa strana, pagando questa ditta di Hong Kong, la triangolazione monetaria è passata dall’Iran. Per come ci hanno spiegato, nelle transazioni monetarie con gran parte delle ditte cinesi, il sistema di trasferimento bancario passa per l’Iran. Abbiamo preso un selezionatore dimensionale di semi e una decorticatrice per una spesa totale di circa 10.000 euro”.
“Problema notevole di quest’anno è la presenza di seme vuoto nella raccolta – sottolinea Stefanini – Da una parte dipende da carenze di azoto, ma quest’anno soprattutto da carenze idriche. Sembrerebbe che su questo aspetto incida anche l’invasione delle cimici che pungono il seme immaturo, il quale poi non cresce più: si sta facendo una ricerca in merito all’Università della Tuscia. I terreni nostri e degli associati sono spesso in zone umide vicino a corsi d’acqua, per questo, pur non avendo mai visto la pioggia, hanno sopportato meglio la siccità di questa estate”.
Le coltivazioni spaziano da Allumiere a Valenzano, da Civitavecchia a Labico, in quest’utima problemi nei tre ettari di un’azienda dove con terreno argilloso e in assenza di corsi d’acqua vicini, le piante sono letteralmente morte di sete.
“Un ettaro lo abbiamo dedicato alla sperimentazione con fertirrigazione – descrive Stefanini – diverse soluzioni con tre ripetizioni per parcella, con fertirrigazioni a diversi dosaggi e irrigazioni senza fertilizzanti: abbiamo registrato produzioni di almeno il 60 per cento superiori, il che si traduce in future possibili rese pari a 10/15 quintali di seme a ettaro. Poi con l’Università della Tuscia stiamo portando avanti una sperimentazione su cultivar Ferimon che promette molto bene, grazie al professore Campiglia e al dottor Radicetti. Ci stiamo inserendo anche nella vendita delle infiorescenze, 13 euro la vendita di fiori al consumatore finale; al venditore li forniamo a 9 euro, fiori di prima qualità”.
– Salute Sativa (anche gruppo Facebook), Davide Galvagno, vicepresidente della cooperativa con sede centrale ad Asti, una realtà importante del Piemonte, area italiana dove prevale la sua presenza in campo, nata nel 2014, circa 500 gli ettari a canapa. Una vera e propria filiera per la produzione in campo, trasformazione, commercializzazione all’ingrosso e al minuto di derivati della Canapa prodotti solo in Italia.
“Quando si deve fare canapa appunto industriale, si deve farlo su una grandezza appropriata di aree, non su fazzoletti di terra – chiarisce subito Galvagno – Quest’anno è andata come è andata, male come per il resto dell’agricoltura, a causa delle condizioni climatiche avverse. Da quando facemmo partire la nostra realtà, questo è l’annus horribilis. Seme ne portiamo a casa questo sì, non ci manca, vista anche l’estensione delle nostre coltivazioni. Iniziammo anni fa in Piemonte, oggi collaboriamo anche con altre aziende in Lombardia nella zona Mantova, in Veneto fra Vicenza e Verona, poi in Emilia zona Imola-Bologna”.
“Per quanto riguarda la trebbiatura, in Emilia abbiamo già raccolto tutto, in Veneto si comincia adesso e in Piemonte iniziamo in questi giorni, tempo permettendo – continua Galvagno – Per una media ponderata, questo è stato un anno problematico per il gran caldo, pesante soprattutto per le semine tardive o i secondi raccolti, casi per i quali la pianta non è nata o è seccata, la resa è stata bassissima. Dove è andata bene, la produttività è rimasta ai livelli degli anni scorsi. L’anno scorso per esempio la media è stata di 7 o 7,5 quintali di seme essiccato a ettaro”.
“I problemi, dove si sono manifestati, non sono stati di germinabilità come si sono lamentati alcuni, ma di caldo eccessivo: molti terreni hanno fatto tanta crosta e la pianta non è uscita – rimarca Davide – Sulla presenza di seme vuoto, è vero che il caldo stressa la pianta e può esserne causa evidente, ma da tempo esistono casi che mettono in evidenza anche altri fattori scatenanti. Nelle Marche il problema è presente da un paio di anni e lì hanno avuto il 70 per cento di seme vuoto: sono problemi dovuti a terreni con poca sostanza nutritiva, come la mancanza di azoto. La siccità ha di certo peggiorato la situazione”.
“Tornando a Salute Sativa, l’anno scorso siamo partiti stentatamente poi ad agosto ci si è ripresi e si è salvato quasi tutto – racconta il vicepresidente di Salute Sativa – Quest’anno su una certa percentuale di terreni si è dovuto riseminare e siamo sotto sugli ettari raccolti. In campi ampi di tre ettari, nel centro con piena insolazione c’è il nulla. Dove c’erano alberature importanti e quindi con luce filtrata e meno incessante, la canapa ha vegetato: come per qualsiasi altra coltura, le temperature influiscono in maniera determinante sulla germinabilità del seme”.
“Avendo tanti clienti, di confronti ne abbiamo avuti molti in tutta Italia, soprattutto quelli al Sud, dove è andata malissimo – descrive Galvagno – Ma la cosa ha coinvolto l’ortofrutta, la viticoltura, è un problema che ha colpito molti comparti dell’agricoltura. Per la canapa, l’Emilia è stata la più problematica come lo è stata la zona Lombarda del Po. In quest’ultima poi, col bisogno di acqua che c’era, l’approvvigionamento da parte dei uno dei laghi si era pure complicato perché si paventava il blocco della fornitura. Sperimentiamo molto, ci sono tante cose da approfondire e da capire sull’acidità dell’olio e del seme. Comunque utilizziamo in prevalenza semi dalla Francia. Per quanto riguarda quelli dall’Est Europa non sai mai quello che trovi e che ottieni. Quindi ci sono delle scelte obbligate se si intende portare avanti con successo una realtà produttiva. Posso dirlo senza timore d’essere smentito”.
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