Evolve e cresce la canapicoltura in Veneto. Quadro e riflessioni
Oltre 250 ettari coltivati da 25 aziende. Evolve e cresce la canapicoltura in Veneto dove aumenta progressivamente il numero di ettari dedicati alla canapa. È quanto venuto fuori in un confronto Coldiretti Padova e Assocanapa regionale nel corso di una giornata dimostrativa a Cervarese Santa Croce durante un focus group per produttori che potessero essere attratti da una partecipare alla filiera coordinata dalla stessa Coldiretti di zona.
A descrivere questa crescita del comparto in Veneto è stato Davide Buratto di Assocanapa Veneto. D’altra parte questa regione ha già dimostrato di saper sorprendere, a cominciare dal primato sulle case in canapa-calce.
“Cinque anni fa eravamo partiti praticamente da zero – ha sottolineato Buratto – oggi in Veneto contiamo oltre 250 ettari coltivati da 25 aziende. A Padova la canapa è presente su una trentina di ettari in dieci aziende. Ora dobbiamo unire le forze per arrivare in tempi brevi al raddoppio della superficie in modo da fare economie di scala sui costi di trasformazione”.
“La reintroduzione della canapa in agricoltura è una interessante opportunità di diversificazione e di integrazione del reddito per le nostre imprese agricole”, ha detto Giovanni Roncalli, direttore di Coldiretti Padova.
La canapa era molto diffusa decenni fa in Italia, “e la sua reintroduzione favorisce la biodiversità – ha rimarcato Ettore Menozzi Piacentini, presidente Coldiretti Padova Ovest – Le nostre aziende si stanno mettendo in rete per rendere competitiva e vincente questa scelta imprenditoriale che qualifica la nostra agricoltura e porta sul mercato prodotti di qualità in svariati settori. È una coltura a chilometri zero in tutti i sensi perché anche la trasformazione avviene direttamente sul territorio”.
Certo, concordemente con quanto già monitorato da Canapa Oggi nel settore, il quadro descrive ancora un mosaico parecchio frammentato di aziende agricole, ognuna con ettari coltivati che vanno dagli oltre dieci a uno solo. Per le più piccole, proprio perché di canapa industriale si parla, l’unione in aggregazioni è una strada obbligata per riuscire ad avere una materia prima che non costi troppo nella sua trasformazione. Poi entrano in ballo questioni di quantità che non possono limitare l’azione dell’azienda alla sola partecipazione in piccole fiere con l’unica prospettiva di guadagni risibili.
Come non può mancare né tardare un decalogo ben più professionale e particolareggiato sul controllo dell’acidità dei semi, dell’olio, dell’aspetto igienico-presenza di muffe.
La canapicoltura italiana deve avere progetti e prospettive ben diversi, a cominciare dalla formazione e dalla preparazione che ancora oggi mancano fortemente nel settore. Sarà motivo di una più particolareggiata analisi.
Allo stesso appuntamento di Cervarese Santa Croce anche Alessandro Di Paolo, docente dell’Università di Padova e allo Studium Generale Marcianum di Venezia, ha ripercorso la storia della canapa rimarcando come le nuove normative sulla coltivazione permettano finalmente la reintroduzione su larga scala di questa coltura, una nicchia di grande valore. Dalla canapa infatti si ottengono tessuti e materiali edili, ma anche olio, vernici, saponi, cere, cosmetici, detersivi, carta o imballaggi. Gli usi sono i più disparati, a partire da quelli più innovativi.
E su questi ultimi argomenti si rimanda a precedenti articoli di Canapa Oggi cliccando su questo link che sfrutta come parola chiave di ricerca il termine “innovazione” nella banca dati del nostro bollettino di informazione: ne viene fuori una bella lista di approfondimenti e di annunci-descrizioni.
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