L’Università di Berna non può distribuire cannabis per uno studio scientifico pur essendo ritirabile solo in farmacia
La legge svizzera sugli stupefacenti ha obbligato l’Ufficio Federale della Sanità pubblica a decidere per un provvedimento immediato: l’Università di Berna non può distribuire cannabis per uno studio scientifico.
La vicenda, raccontata da Swissinfo, ha inizio a maggio 2017 quando l’Ateneo elvetico ha compilato e presentato una domanda di autorizzazione eccezionale per distribuire canapa a scopo ricreativo portando avanti uno studio scientifico. Il progetto era stato ideato dall’Unità di Studio Clinico (CTU Bern) e dall’Istituto di Medicina Sociale e Preventiva dell’Università di Berna (ISPM). a febbraio 2017 il progetto era già stato approvato dalla commissione cantonale per l’Etica della Ricerca (CCER Berne).
Non si trattava di una distribuzione libera, ma coloro che avrebbero partecipato al programma sarebbero stati messi nelle condizioni di comprare la cannabis solo in farmacia.
Scopo dell’Ateneo di Berna era procedere a una doppia verifica: osservare gli effetti della vendita legale e regolata attraverso le farmacie sui consumatori e anche quelli sul mercato illegale della stessa città. Più nello specifico, studiare gli effetti dell’uso di cannabis, le abitudini d’acquisto, lo stato di salute dei partecipanti all’osservazione scientifica e dei “clienti” del mercato nero.
Una ricerca che, allo stato attuale, è impossibile senza un’integrazione alla domanda inserendo, per esempio, un articolo sulla sperimentazione… ma non solo.
L’attuale legge svizzera sugli stupefacenti non permette due comportamenti, consumare canapa per motivi che non siano di tipo terapeutico-medico, né di vendere cannabis in farmacia a un cliente che sia sprovvisto di ricetta medica. Più che ai vietato il consumo a scopo ricreativo, come la coltivazione, produzione, commercializzazione e possesso di cannabis.
Ai vertici dell’Ateneo in questione non rimane altro che fare ricorso e dovranno farlo entro un mese, integrare la domanda e aspettare la nuova decisione dell’Ufficio Federale della Sanità pubblica.
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