Consiglio Superiore di Sanità contrario alla vendita di Cannabis Light… reazioni e controreazioni
Non è stata un’ondata di calore che ha dato alla testa… La notizia, vera, ha creato forte scompiglio in un settore che rappresenta oggi uno dei più lucrosi per la canapicoltura e il commercio di prodotti da canapa. Il Consiglio Superiore di Sanità contrario alla vendita di Cannabis Light rispondendo al ministero della Salute rimarcando che “Non può essere esclusa la pericolosità” di questo prodotto.
Una posizione venuta fuori adesso, ma il parere è dello scorso 10 aprile, quindi fuori dalle calure di inizio estate che possono incrinare gli equilibri mentali. Da considerare che il 22 maggio 2018 una circolare del ministero delle Politiche agricole ha ribadito e chiarito alcuni punti della legge 242 in special modo sul discorso infiorescenze-Cannabis Light inquadrandole nel settore florovivaismo fissando alcuni concetti. Urge quindi un confronto tra i ministri di oggi.
Negli scorsi dodici mesi sono nate circa un migliaio di aziende produttrici legate strettamente a questo comparto, sono stati aperti centinaia di punti vendita, dal 2013 a oggi gli ettari a Cannabis Sativa L. si sono decuplicati nei campi italiani e molti, in quest’ultimo periodo, grazie anche alla Cannabis Light che però richiede metodi di coltura particolari.
Una chiara manifestazione di cambiamento e di fermento tipici del settore, nonché desiderio di voler afferrare una parte del mercato rivelatasi molto remunerativa.
Non sono mancati gli avventurieri, persone che si sono messe a “fare” Cannabis Light senza conoscere la pianta, i sistemi di coltura. La selezione naturale sulla sopravvivenza o del tramonto di aziende sarebbe arrivata presto.
Intanto, come un fulmine a ciel sereno o come un colpo di clava sulla nuca, è venuta fuori la posizione del Consiglio Superiore di Sanità in barba anche a chi stava tentando di dare forma a disciplinari per regolamentare il settore. E le reazioni, come potrete leggere, non si sono di certo fatte attendere.
Consiglio Superiore della Sanità contrario alla vendita di Cannabis Light: il ministro della Salute
In merito c’è anche una comunicazione del ministro della Salute, Giulia Grillo, che prende una posizione d’attesa.
“Seguo con grande attenzione la questione della commercializzazione della cosiddetta cannabis light. Il precedente ministro della Salute il 19 febbraio scorso ha chiesto un parere interno al Consiglio superiore di sanità sulla eventuale pericolosità per la salute di questa sostanza. Il Consiglio si è espresso il 10 aprile scorso e il ministro ha investito della questione l’Avvocatura generale dello Stato per un parere anche sulla base degli elementi da raccogliere dalle altre amministrazioni competenti (Presidenza del Consiglio e Ministeri dell’Interno, Economia, Sviluppo economico, Agricoltura, Infrastrutture e trasporti). Non appena riceverò tali indicazioni assumerò le decisioni necessarie, d’intesa con gli altri ministri”.
Vedremo cosa frutterà questo incrocio di pareri e consultazioni.
Consiglio Superiore della Sanità contrario alla vendita di Cannabis Light: il parere dell’organo consultivo
La posizione del Consiglio Superiore della Sanità è che il Thc o delta-9-tetraidrocannabinolo (unico elemento psicotropo della Cannabis e, per obbligo di legge, da tenere in concentrazione massima dello 0,2%) anche se a concentrazione molto bassa, ha effetti ancora troppo poco studiati su alcuni soggetti come anziani, madri in allattamento o persone con patologie particolari.
Il Css risponde al ministero della Salute scrivendo che per i “prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa… non può essere esclusa la pericolosità”.
Anche se la Cannabis Light viene venduta come prodotto da collezione o “uso tecnico” o come da ultima circolare del ministero dell’Agricoltura, da inserire nel florovivaismo, quindi non destinato al consumo, il Consiglio Superiore di Sanità mette in guardia rispetto a un possibile uso di tale prodotto (cosa ci fa chi se porta in casa la Cannabis Light? Già solo questa possibilità fa alzare gli scudi all’organo consultivo).
Ergo?
Contrarietà alla vendita di Cannabis Light.
Già a febbraio 2018 il segretariato generale del ministero della Salute aveva chiesto il parere allo stesso Consiglio Superiore di Sanità che, in risposta, ha rivolto l’invito a che fossero “attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti”.
Come hanno scritto anche il quotidiano La Repubblica o il Sole24Ore, il parere del Css è stato dato. Adesso la palla passa al ministero della Salute che dovrebbe agire di conseguenza.
Consiglio Superiore della Sanità contrario alla vendita di Cannabis Light: le reazioni
- Michele Raciti, socio fondatore della società Mr. Myld (descritta in un articolo di febbraio 2018)
Questa mattina ho appreso con stupore e perplessità quanto dichiarato dal Consiglio Superiore di Sanità – sottolinea Raciti – In primis esiste una circolare del 22 maggio che classifica i nostri prodotti come florivivaistici e, sulla base di ciò la nostra azienda li immette nella filiera distributiva riportando sull’etichetta che non sono adatti all’uso umano.
Oltre a ciò, per tutela di tutta la filiera oltre che del cliente finale precisiamo sull’etichettatura che la confezione viene venduta e va mantenuta sigillata in modo ermetico.
Personalmente ritengo che ad oggi ci siano dei gravissimi problemi all’interno del nostro settore in quanto, seppure ci siano molte realtà, come la nostra del resto, che lavorano nel pieno rispetto della leggi, prodigandosi per far crescere un nuovo settore che può essere un ottimo valore aggiunto per la crescita economica del nostro paese, per la creazione di nuovi posti di lavoro, nella totale legalità, molte altre realtà si beffano dello Stato e delle leggi, immettendo sul mercato prodotti non conformi che vengono coltivati al di fuori dell’Unione Europea e vengono illegalmente immessi sul territorio italiano.
Complice della situazione è la scarsa organizzazione legislativa e l’assoluta mancanza di controlli. Troppe volte vedo nei negozi prodotti provenienti dalla Svizzera che palesemente non rientrano nelle categorie consentite dalla legge.
Quotidianamente combattiamo per portare informazione ai rivenditori che troppe volte ignari vendono prodotti palesemente illegali.
Ritengo personalmente che sia arrivata l’ora di fare chiarezza e pulizia, lo Stato non può più fare finta di niente, servono controlli più rigorosi, servono norme più chiare, serve un’adeguata preparazione Delle forze dell’ ordine, che ad oggi non sono in grado di stabilire cosa è legale e cosa non lo è.
È inutile fare leggi se non si è in grado di farle rispettare.
La nostra azienda lavora in modo etico, i nostri prodotti rispecchiano tutti i canoni previsti dalla legge e i nostri informatori sul territorio quotidianamente combattono una guerra contro l’illegalità con cui dobbiamo convivere. Siamo costretti a scontrarci con prodotti illegali di più basso costo è spesso non è facile giustificare qualche spicciolo in più a fronte di garanzie concreti, certificati attendibili e trasparenza.
Purtroppo molti preferiscono risparmiare, ma a che prezzo? Non si rendono conto che vendere un prodotto non conforme equivale a spacciare. Ci sono troppe aziende improvvisate, troppa poca preparazione, troppa superficialità da parte di molti, che si vogliono arricchire a discapito della legge, facendo rischiare la licenza costate sudore e sacrifici ai rivenditori ignari.
Penso personalmente che quando accaduto oggi debba essere un monito per tutti del cancro che sta invadendo il nostro settore. Bisogna intervenire tempestivamente e con precisione chirurgica per estirparlo, prima che causi danni peggiori.
Nella scena europea e mondiale stiamo assistendo un un cambio di vista e di mentalità importante sui prodotti da noi commercializzati. In tutto il mondo si parla di legalizzazione, il proibizionismo sta cadendo lentamente.
É un momento storico importante, un po’ come la caduta del muro di Berlino o la rivoluzione francese. l’Italia oggi ha la possibilità di essere d’esempio per tutta l’Europa, la mia speranza è che per una volta nel nostro paese si possano fare Delle scelte giuste e coerenti, senza che vengano condizionate da tangenti o sotterfugi.
- La sottolineatura dell’avvocato Stefano Sbordoni dello studio legale Sbordoni & Partners di Roma sollecitato da Michele Raciti di Mr. Myld
Il Consiglio superiore di sanità, organo di consulenza tecnico scientifica del Ministro della salute, ha espresso in data odierna un parere in materia di vendita di prodotti a base Cannabis Legale che – pur non potendo avere alcun effetto limitativo sulla normativa vigente, trattandosi di mero parere, che si conclude con una raccomandazione – si pone, tuttavia, in netto contrasto con la normativa vigente ed ha una portata tale da destare preoccupazione tra gli operatori del settore, che svolgono regolarmente la loro attività a fronte delle prescritte autorizzazioni.
In particolare, il Consiglio esprime apoditticamente un giudizio del tutto superficiale (o meglio un dubbio) sui prodotti a base Cannabis Light, ossia a ridotta concentrazione di Thc (peraltro, secondo i parametri forniti dallo stesso legislatore), rilevando come non ne siano ancora stati compiutamente studiati e chiariti gli effetti, specie su anziani, soggetti con patologie, madri che allattano.
Dunque, il parere, lungi dal fornire elementi da cui desumere con certezza l’asserita pericolosità del prodotto, pone solo un riflessione, a titolo cautelativo che, peraltro, appare del tutto ingiustificata a fronte degli studi scientifici che hanno condotto all’emanazione della normativa vigente.
In altri termini, anche ad un profano verrebbe da chiedersi come possa il CSS giungere a simili conclusioni, in nome di un “principio di precauzione” che giunge decisamente “in ritardo”, dopo l’approvazione di una articolata disciplina di settore ed il conseguente sviluppo commerciale dell’attività in questione, con centinaia di punti vendita.
Inoltre, il parere pone dei dubbi che non trovano alcuna giustificazione scientifica né idonei riscontri ed, anzi, si pongono in contrasto con gli studi in materia, ovviamente posti alla base della normativa di settore.
La letteratura scientifica da più di 30 anni indica nello 0,5% il limite di nocività del THC e l’individuazione della soglia dello 0,2% è il risultato di una valutazione fondata su inequivocabili riscontri.
Il tutto posto, come detto, alla base della disciplina di settore, data dalla legge n. 242/2016, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”
Normativa cui ha fatto seguito la recente circolare del Ministero delle Politiche Agricole del 22 maggio 2018 che ha, fra l’altro, ricondotto le infiorescenze nell’ambito dell’attività florovivaistica.
Evidente, dunque, il contrasto del parere in esame con l’impianto normativo vigente e soprattutto la circostanza che tale parere si fonda sul “nulla” ed anzi è contraddetto da consolidati riscontri scientifici.
- Stefano Zanda di My Joint (descritta in un articolo di dicembre 2017)
Assurdo quello che hanno scritto. Appena ho letto non volevo crederci. La pianta è depotenziata, quello che fa la differenza semmai è come viene coltivata e trattata, queste le uniche discriminanti che possono rendere pericoloso un prodotto.
Di contro, sono contento che il ministro Giulia Grillo abbia preso questa sua posizione volendo interpellare avvocatura e altri ministri prima di prendere una qualsiasi misura.
Contemporaneamente sono arrabbiato con le testate giornalistiche che hanno forzato i titoli calcando la mano solo per vendere qualche copia in più.
Rassicuro in maniera assoluta che nei nostri 9.000 punti di commercializzazione – il nostro prodotto agricolo è distribuito anche in edicole – la possibilità di vendita della nostra Cannabis Light è totale ed è del tutto lecita.
Di contro stiamo lavorando ampiamente con i più autorevoli responsabili sia in campo medico che legale per stilare un’autoregolamentazione molto più stringente rispetto a quella che ho visto da Federcanapa, perché riguarderà prodotto da vaporizzazione e da fumo. Abbiamo fatto già un interpello ai monopoli di stato.
La Canapa è un alimento, ha un utilizzo erboristico e può anche avere un uso per vaporizzazione e da fumo.
Ci battiamo affinché la rete di distribuzione sia completa e fatta da professionisti. Quindi chi può essere migliore dei tabaccai che hanno licenze adeguate e alta formazione?
- L’avvocato Carlo Alberto Zaina
Il legale, da sempre protagonista nei “ring” occupati da parti contrapposte sulla Cannabis, ha risposto subito tramite Facebook con una sua considerazione riguardante il parere della Commissione Superiore di Sanità:
Si tratterebbe di un parere sicuramente assai ponderato – visto che sarebbe stato richiesto a febbraio – ma che ad avviso di chi scrive non può essere immune da critiche, ha scritto Zaina.
In primo luogo sgombriamo il campo da isterismi giuridici.
Il parere è indicativo, ma non è vincolante e non ha alcuna valenza tale da potere modificare ex se la legge vigente.
Non a caso li parere si conclude raccomandando “che siano attivate nell’interesse della salute individuale e pubblica misure atte a non consentire la libera vendita”.
Dunque la portata effettiva e giuridica dello stesso è tutta da verificare in assenza di precise disposizioni legge.
Nel merito, mi permetto di osservare:
- che il parere non sancisce la pericolosità del prodotto; solamente non la esclude.
Si tratta dell’usuale atteggiamento ipocritamente italiano, in base al quale si mira a vietare condotte o situazioni, pur in assenza della certezza assoluta della loro illegalità o nocività. E ciò è principio inaccettabile. Ben diverso sarebbe stato il potere affermare tassativamente – visto il lungo tempo usato per riflettere – che il prodotto fosse certamente nocivo; - si afferma che la biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (0,2%-0,6%,) non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche. Dimentica il CSS che la letteratura scientifica da oltre 30 anni ha fissato nello 0,5% il limite di nocività drogante del THC e che l’individuazione della soglia dello 0,2% è frutto di una valutazione complessiva che la scienza a livello europeo ha prodotto dopo attente valutazioni. Dunque emerge un grave contrasto con una situazione di fondo ormai sedimentata, che anzi già più volte aveva subito gravi critiche da chi intendeva (ed esiste una movimento in tal senso che ha sede in Spagna) portare il limite percentile all’1%;
- sorprende non poco la preoccupazione per gli effetti delle inalazioni di infiorescenze di cannabis sativa che “possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili” e per la circostanza che “tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”. Non pare però che simile forma di accorata preoccupazione sia stata manifestata in relazione al tabacco o all’alcol e questa induce a pensare davvero e concretamente male;
- il CSS non tiene, poi, conto della circolare del 22.5.2018 del Ministero delle Politiche Agricole che ha ricondotto le infiorescenze nell’alveo della attività florovivaistica. Quando «il Css ritiene che «tra le finalità della coltivazione della canapa industriale» previste dalla legge 242/2016 – quella che ha «aperto» al commercio, oggi fiorente, della cannabis light – «non è inclusa la produzione delle infiorescenze né la libera vendita al pubblico; pertanto la vendita dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, in forza del parere espresso sulla loro pericolosità, qualunque ne sia il contenuto di Thc, pone certamente motivo di preoccupazione», sostiene una grava inesattezza, con altrettanto gravi conseguenze sul piano informativo.
Nella specie viene dimostrato il fatto che i compartimenti della PA operano in ordine sparso, solo cercando solo di sancire un’autoreferenzialità assolutamente inaccettabile, arrivando ad affermare principi tra loro inammissibilmente confliggenti.
È necessario un intervento serio, perché di questo passo avremo una proliferazione di pareri puramente soggettivi (e poco fondati a livello giuridico e scientifico) che minano la credibilità dello Stato.
- Il Gruppo Canapa Sativa Italia (un articolo che li ha riguardati il 12 maggio 2018)
Il gruppo CSI, Canapa Sativa Italia, non è favorevole a queste limitazioni e pareri non corroborati da studi scientifici. Non ha senso lanciarsi in lapidari giudizi, ancora più grave se espressi da un organo consultivo che si avvale di tecnici per i suoi pareri.
Qualunque decisione prendano, speriamo sia presa nell’interesse dei produttori e dei consumatori, in quanto noi chiediamo una corretta regolamentazione del mercato. E siamo stati fra gli unici insieme a freeweed a richiedere una normativa specifica per l’uso umano del fiore.
“Il parere del css sembra uscito da una commissione degli anni 30 data la superficialità e il qualunquismo con cui viene trattato l’argomento Cannabis Light – rimarca Matteo Calzuola, membro di Canapa Sativa Italia, vicepresidente di Grifanapa e agronomo accreditato al mipaaf per il settore canapa.
“Vorrei davvero sapere a quale letteratura abbiano fatto riferimento – prosegue Calzuola – dato che i più aggiornati studi scientifici in materia sono di parere opposto. Come opposto è il parere dell’Oms che già si espresse sul cbd!. Mentre il mondo va avanti l’Italia si appresta forse al ritorno degli anni piu bui del proibizionismo?”.
“Tornando al parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità – conclude il membro di Canapa Sativa Italia – non si capisce poi come mai tutta questa apprensione sulla pericolosità del Thc quando ci sono in commercio droghe ben più pericolose quali tabacco e alcool. Pericolosità di queste ultime supportata da una serie infinita di studi che arricchiscono la letteratura scientifica”.
- Confagricoltura
“Siamo stati i primi ad avvertire la necessità che vengano fornite alle imprese coltivatrici specifiche indicazioni – ha fatto presente Confagricoltura – In attesa di un decreto del ministero della Salute sulle diverse destinazioni d’uso dei prodotti della canapa ed in particolare delle infiorescenze, abbiamo deciso di farci parte attiva”.
“Insieme a Cia-Agricoltori e Federcanapa, abbiamo definito – ha annunciato Confagricoltura – un disciplinare di produzione della infiorescenza di canapa da destinare ai diversi usi consentiti dalla legge 242/16. Il disciplinare, che a breve verrà messo a disposizione delle aziende, è finalizzato a regolamentare la filiera di coltivazione ed a porre l’agricoltore in una posizione di massima rispondenza alle disposizioni della L. 242/16 in ordine alla tracciabilità dei materiali vegetali prodotti, alla loro qualità e salubrità e prestando forte attenzione agli aspetti agronomici e di sostenibilità ambientale”.
“Il percorso volontario delineato nel disciplinare – ha ribadito Confagricoltura – ha l’obiettivo di rafforzare la filiera agricola della canapa che, teniamo a sottolineare, ha un alto valore ambientale, è funzionale alla lotta al consumo di suolo ed alla perdita di biodiversità e si coniuga completamente con i nuovi concetti di bioeconomia circolare”.
Confagricoltura ricorda che c’è stato un potenziamento della filiera, avvenuto in pochi anni e che oggi coinvolge circa 5.000 ettari di coltivazione in pieno campo e in serra, e più di mille nuove aziende che vi operano, considerando anche le imprese della trasformazione e commercializzazione dei prodotti di canapa.
- Istituto Milton Friedman Institute
Anche il Milton Friedman Institute, associazione di studiosi, politici e imprenditori con sede a Roma in piazza del Popolo, architettata per “promuovere le teorie, le idee e le proposte del liberalismo e dei suoi principali sviluppi e filoni di pensiero”, prende posizione in merito alla valutazione sulla Cannabis Light articolata dal Consiglio Superiore di Sanità.
“La decisione del Consiglio superiore di sanità per quanto rispettabile nel merito e nelle sue considerazioni tecniche che mirano alla tutela della salute pubblica, distrugge una filiera e un mercato lecito fiorente, che vale centinaia di milioni di euro, nonché decine di migliaia di posti di lavoro e svariati milioni di gettito erariale. Non poco considerando la crisi economica. Mercato quello della cannabis light che stava emergendo finalmente nella legalità andando così a sottrarre proventi al mercato nero e alla criminalità organizzata”.
“Se a questa decisione non seguiranno opportune misure atte a regolamentare il mercato, andando a determinare nello specifico quale dovrà essere la filiera produttiva e distributiva, le conseguenze per l’Italia non potranno che essere negative”.
“Come Istituto Friedman, auspichiamo un quadro normativo trasparente che possa generare una filiera seria ed affidabile, dalla produzione fino alla vendita al dettaglio, la quale rete potrebbe essere costituita ad esempio dalle tabaccherie, indissolubilmente legate ai Monopoli dello Stato . Il proibizionismo, come affermiamo da tempo, non può che danneggiare economia e società in favore delle mafie e del sommerso, di qualsiasi settore si tratti”.
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