L’ESA, Ente Sviluppo Agricolo di Sicilia è disponibile per la coltivazione di Cannabis Terapeutica
Nicolò Caldarone, presidente dell’ESA, Ente Sviluppo Agricolo di Sicilia è disponibile per la coltivazione di Cannabis Terapeutica.
Lo stesso Ente, come sottolineato anche dal Gazzettino di Sicilia, ha messo a disposizione propri mezzi e uomini e offerto l’utilizzo dei terreni per questa specifica coltivazione indirizzata ai pazienti siciliani che, fino a oggi, hanno dovuto interrompere terapie a base di Cannabis Terapeutica per mancanza di materia prima. Problema che li accomuna e li ha “gemellati” a tutti i pazienti sparsi nel territorio nazionale e che devono seguire prescrizioni rilasciate dal Sistema Sanitario.
Il Sicilia questo punto riguarda oltre 500 malati di Sla e la loro terapia del dolore, oltre a quella mirata a chi deve seguire terapie di lotta contro forme di tumore, gli immunodepressi da virus Hiv.
L’Esa ha preso questa posizione e l’ha resa pubblica all’uscita della notizia riguardante il tavolo tecnico istituito da Ruggero Razza, a capo dell’assessorato regionale alla Salute. Un impegno preso circa un mese fa durante un incontro con le associazioni dei pazienti che si erano fatte sentire a gran voce anche lo scorso marzo (vedi articolo).
“L’Esa intende andare incontro alle esigenze del territorio – ha detto Caldarone a ialmo.it – condividendo questa battaglia di civiltà e riconoscendo il valore del decreto firmato dall’assessore Razza. Molte regioni d’Italia si sono adeguate alle crescenti richieste dei pazienti, anche la Sicilia doveva fare la sua parte, anche per evitare il ricorso al mercato nero. Per quanto riguarda l’Esa, possiede terreni e mezzi all’avanguardia e personale specializzato. Ritengo doveroso metterci a disposizione della comunità siciliana”.
Come a smorzare i primi entusiasmi e ad andarci molto cauto è proprio l’assessore Razza: “Non siamo ideologicamente contrari, ma verificheremo la fattibilità attraverso il tavolo tecnico”.
Eppure l’opportunità è immensa per l’Isola. Occorrerà naturalmente un confronto serrato con il governo centrale e unirsi ad altre regioni che da tempo chiedono produzioni delocalizzate e moltiplicate rispetto al solo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze che non potrà mai fare fronte alle richieste nazionali di materia prima, come non sono sufficienti le forti importazioni (che, tra l’altro, fanno dipendere il Paese da produzioni estere).
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