CSI Associazione Canapa Sativa Italia vs Quattroruote: l’inchiesta del mensile sulla Cannabis Light è fuorviante, contraddittoria e senza dati provanti
CSI Associazione Canapa Sativa Italia vs Quattroruote, è passato un mese dalla comunicazione dell’Associazione come reazione alla strana inchiesta pubblicata dal mensile dedicato al mondo dell’automobile, ma non c’è stata alcuna risposta sulle criticità fatte rilevare dall’unione di canapicoltori.
La nota nonché storica rivista italiana intendeva approfondire il tema Cannabis Light (forse?) e i possibili effetti di questo prodotto alla guida, ma non c’è riuscita. I dati inseriti nell’inchiesta ci sono sì… ma non hanno evidenziato praticamente nulla.
Al centro del contendere anche una palese confusione fatta nell’inchiesta giornalistica sul mondo e sui prodotti da Canapa.
Confusione tra Canapa alimentare e Light/Legale stranamente accomunati nell’articolo come sinonimi l’una dell’altra quando, invece, la prima è frutto dei semi di canapa (farine e oli), mentre la Light è da infiorescenze della pianta.
In più, tra i dati pubblicati nell’articolo e in alcune delle frasi descrittive, la rivista va in contraddizione con il titolo e il sommario che sono le “vetrine” di qualsiasi articolo e servizio giornalistico.
In breve, i dati rilevati e pubblicati non danno risultati che confermino quanto affermato dal titolo dell’inchiesta “Non così Leggera” in riferimento alla Cannabis Light . Non convalidano quanto descritto nel sommario dell’articolo in due sezioni diverse, “La chiamano cannabis light ed è in vendita sotto forme disparate (dal trinciato alla cioccolata alla birra)”… “Ma siamo sicuri che sia così innocua, soprattutto se si guida? Per capirlo abbiamo svolto test in pista. E sentito esperti. Risultato: meglio essere prudenti”.
CSI Associazione Canapa Sativa Italia vs Quattroruote, parla Davide Galvagno, presidente del gruppo di canapicoltori ed esperti
“Abbiamo messo in luce le contraddizioni e le confusioni rilevate nell’articolo, punti che un mese fa abbiamo inviato alla Redazione di Quattroruote per farli notare e per avere un riscontro – confronto. A oggi non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta dal mensile e dai suoi responsabili – afferma Davide Galvagno, presidente dell’Associazione Canapa Sativa Italia nonché vicepresidente e amministratore di Salute Sativa – Non è possibile trattare un argomento del genere senza una preparazione adeguata, senza capire che diversi settori della Canapa italiana non possono essere usati come sinonimi l’uno dell’altro visto che rappresentano tipologie diversissime di prodotti con altrettanto diverse destinazioni d’uso”.
Invece su Quattroruote abbiamo letto di Cannabis Light usata per preparare cibi, dolcetti e altro – prosegue Galvagno – compresa l’estrazione dei principi attivi tramite latte accomunandola nelle prove a quella per infusione in acqua. Ricordo che l’unico principio psicotropo, il THC, nella Cannabis Light italiana deve essere tenuta per legge in concentrazione massima dello 0,2% e che tale sostanza è solubile in grassi, ma non è idrosolubile. I due sistemi sono quindi cosa diversissima anche per risultati”.
Tanto per esser ancora più chiari, seguendo quanto riportato nella stessa rivista Quattroruote riguardo le analisi di laboratorio sui piloti-tester, nulla è stato riscontrato nelle fasi pre e post assunzione cibo e bevande incriminate… niente è stato trasmesso agli organismi di quelle persone da estrazioni a base di latte, figuriamoci se potevano mai trovare qualcosa grazie agli infusi a base d’acqua.
Continuando a rimarcare le “disfunzioni” nell’impostazione dell’articolo, per i prodotti alimentari come dolci, pasta, pane, pizza e similari non si usa la Cannabis Light che è fatta dalle infiorescenze della pianta, ma si utilizza la farina di canapa ricavata dai semi utilizzati anche per ottenere il benefico e prezioso olio di Canapa. “Non riusciamo quindi a comprendere i criteri utilizzati dalla rivista” rimarcano gli associati nel loro comunicato.
La sottolineatura dell’Associazione CSI è che deve essere evitata ogni considerazione superficiale e ogni uso strumentale dell’argomento Canapa, visto che oggi questa pianta ha enormi prospettive di sviluppo nei settori alimentare, bioedilizia, per i materiali green innovativi in sostituzione delle plastiche derivate dal petrolio, nella farmaceutica, come integratori e tanto altro.
Sono circa 3.000 le aziende che oggi in Italia producono Canapa Sativa L. Decine di migliaia i nuovi posti di lavoro creati dal settore e milioni gli euro in tasse e contributi.
Nel suo comunicato Cannabis Sativa Italia CSI evidenzia un altro punto: “Oltretutto per fare queste prove la rivista Quattroruote ha utilizzato un prodotto olandese che non si sa a quali regole risponde, normative, quali caratteristiche, quali controlli. Il mensile dedicato all’automobilismo non ha adoperato un prodotto italiano frutto del lavoro della filiera nostrana, quello che deve rispondere a caratteristiche dettate da norme ben precise: da una testata italiana che intende parlare del mercato che arricchisce il Bel Paese, ci si aspetterebbe che nelle sue indagini prenda come punto di riferimento un prodotto della nostra terra”.
CSI Associazione Canapa Sativa Italia vs Quattroruote: i dubbi sull’inchiesta del mensile dedicato all’automobilismo
Il gruppo associativo “forte delle sue azioni, dei suoi studi, frutto dell’esperienza di canapicoltori, produttori, trasformatori, accademici ed esperti che ne fanno parte”, pone seri dubbi sulla presunta inchiesta giornalistica di Quattroruote e “prendere posizione netta in difesa della Filiera della Canapa per il suo migliore, più ordinato, più forte e sereno sviluppo” nella piena osservanza delle norme e regolamenti italiani, facendo anche da sprone per un miglioramento del quadro legislativo in modo da coprire quegli aspetti che oggi sono ancora incompiuti.
L’Associazione CSI vorrebbe capire quale filo logico è stato seguito per confezionare l’articolo di Quattroruote e comprendere “i palesi errori nell’adoperare il solo prodotto Canapa Light per confezionare l’indagine giornalistica. Perché utilizzare questo prodotto per preparare dolci da far assumere a chi era protagonista dei test? L’atto compiuto dalla rivista è stato un utilizzo non previsto dalla legge 242, una metodologia che l’Associazione non ritiene molto educativa e al limite della legalità. Possibile che in redazione abbiano fatto confusione dei termini mescolando tra loro cose diverse? Oppure la definizione “Cannabis Light”, molto adoperata nel web e nel cartaceo, è stata adoperata come “acchiappa click” infilandoci, non correttamente, l’intero universo Canapa Sativa L.?”.
Nel servizio giornalistico, all’interno del riquadro “Glossario”, è evidente che è stata fatta una totale, quindi erronea, sovrapposizione tra la Cannabis Light (“termine utilizzato per indicare la canapa la cui coltivazione è consentita… dalla legge…”) e la Legge 242 del 2016 “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”: la norma non è stata fatta per definire la Cannabis Ligh, ma riguarda una pluralità di prodotti da Canapa dei quali la Light rimane solo uno dei tanti.
CSI Associazione Canapa Sativa Italia vs Quattroruote, i risultati delle analisi e dei tempi di reazione non raccontano nulla
Nella conclusione clinico-analitica del servizio pubblicato nel mensile, si legge la frase “per vari motivi i laboratori non hanno rilevato tracce di thc, cbd e cbn nei campioni biologici dei tre test”.
Come sottolinea CSI, la cosa lascia di stucco ed è in contrasto con il titolo dell’inchiesta e con il tenore iniziale dell’esposto.
“I risultati sono praticamente nulli, mentre all’inizio dell’articolo le parole creano un certo allarmismo. Anche i dati numerici sulle reazioni alla guida dei piloti, pre e post assunzione di alimenti alla Canapa Light, fanno rilevare differenze di un millisecondo in più, se non addirittura otto millisecondi in meno; 0,4 secondi in più o 0,6 secondi in meno e così via”.
Risultati del tutto contrastanti con la tesi editoriale, per nulla indicativi di qualcosa che sia concreto.
In più, nel riquadro “Quanti rischi al volante”, la redazione scrive che lo studioso chiamato a testimoniare, può solo fare delle ipotesi sulle conseguenze di assunzione della Cannabis Light “basate su quanto ormai è noto sulla canapa illegale e di quella terapeutica la cui produzione in Italia è consentita solo allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze”.
Ma… la illegale, sottolinea l’Associazione, è tutt’altra cosa, come lo è la Cannabis terapeutica che ha diverse gradazioni di THC combinate al CBD per interagire nelle cure, riconosciuta dal Sistema Sanitario Nazionale per la terapia del dolore, malattie degenerative del sistema nervoso e altri trattamenti. Che c’entra basarsi su illegale e terapeutica per fare ipotesi sull’utilizzo e sull’effetto alla guida della Cannabis Light, prodotto che normativa e circolari dettano solo per il florovivaismo e con tassativi limiti infinitesimali di sostanza psicotropa?
Come rincara CSI nel suo comunicato, su questo punto lo studio effettuato dal mensile Quattroruote è deficitario. Nello sforzo di voler dimostrare qualcosa, ha messo in luce soltanto che l’effetto placebo è maggiore di quello che hanno in realtà le sostanze prodotte utilizzando Cannabis Sativa L.
La redazione, visto anche l’uso che ne ha fatto, ha considerato l’infiorescenza come uso alimentare facendola rientrare nel punto “A” comma 2 dell’articolo 2 sulla “liceità della coltivazione” (alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori) della legge 242/2016.
ERRORE!
L’infiorescenza oggi deve essere considerata secondo il punto “G”, stessa legge, articolo e comma, riguardante le “coltivazioni destinate al florovivaismo”.
Da ricordare che il 23 maggio 2018 il ministero della Politiche agricole ha diffuso una circolare, la 5059, nella quale si precisa che le infiorescenze della canapa rientrano nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo e devono essere frutto di varietà ammesse, da semi certificati a livello europeo riconosciute con THC (UNICO elemento psicotropo della pianta) entro lo 0,2 per cento.
Altra “svista” che poi l’autore aggiunge al suo articolo è l’attribuzione di effetti “sedativi e ipnotici” al CBD Cannabidiolo, principio attivo presente anche nelle infiorescenze di Canapa oltre che nei semi. Purtroppo per l’estensore del servizio pubblicato da Quattroruote, la letteratura scientifica ha più volte ribadito e continua a sottolineare che il CBD stesso incide sul sistema nervoso periferico, ha rivelato proprietà antitumorali (leggere a questo link), antiepilettiche (certificato soprattutto in alcune forme, vedi a questo link) e non interferisce sul sistema nervoso centrale, non ha effetti sedativi-ipnotici.
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