Cia Ferrara a Portomaggiore per la Canapa: “Più ricerca colturale e maggiore chiarezza legislativa”
Grande interesse e partecipazione al grande convegno organizzato per il 4 dicembre da Cia Ferrara a Portomaggiore per la Canapa, per conoscere le ultime novità legislative e colturali e per comprendere se conviene investire su questa coltura.
A partecipare agricoltori da tutta l’Emilia-Romagna, un momento di forte approfondimento dominato dal titolo “La canapa: nuove opportunità di coltivazione”.
A fare gli onori di casa è stato Massimo Piva, vicepresidente di Cia Ferrara: “Questo incontro – ha spiegato – risponde a una richiesta arrivata dai nostri associati che hanno mostrato curiosità e interesse nei confronti di una possibilità produttiva ‘nuova’. D’altra parte nel ferrarese ci sarebbero il clima e il terreno adatti e c’è già un certo know-how sulla coltura, quella che alcuni imprenditori stanno già coltivando”.
“L’obiettivo della nostra associazione non è quello di promuoverla – ha rimarcato Piva – ma di capire, grazie alla presenza di esperti, se può essere un’alternativa reddituale in un momento di crisi delle principali produzioni, penso ad esempio alla barbabietola da zucchero”.
Cia Ferrara a Portomaggiore per la Canapa, ma c’era anche un protagonista del settore, il professore Giampaolo Grassi
Grande protagonista del settore e anche di questo appuntamento emiliano, il professore Giampaolo Grassi del CREA-CIN, Centro di ricerca di Cerealicoltura e Colture Industriali di Rovigo (link pagina Facebook), uno dei pochi centri dove si fa ricerca sulla canapa.
“A livello legislativo due leggi, una del 2014 e una del 2016, hanno reso la canapa coltivabile a livello vivaistico e non viene più considerata una sostanza stupefacente in senso stretto – ha spiegato il professore Grassi – a patto, naturalmente, che il livello di THC, il principio attivo della Cannabis prodotto dal fiore ad azione stupefacente e quindi illegale, rimanga ad un livello dello 0,2%, con una tolleranza fino allo 0,6%”.
“Altre limitazioni riguardano la ricerca varietale – ha proseguito il ricercatore – perché le aziende private non possono lavorare per selezionare nuove varietà e attualmente si possono utilizzare solo quelle certificate: in Europa sono una cinquantina e in Italia circa nove, nessuna delle quali è davvero adatta a produrre fiori, la parte della canapa che il mercato richiede maggiormente”.
“Ma questo non significa che non si possa coltivare canapa in Italia – ha aggiunto Grassi – perché le nostre varietà ammesse hanno un buon contenuto di CBD (cannabidiolo), uno dei metaboliti della Cannabis che ha incredibili effetti terapeutici e può essere usato come antinfiammatorio, antistress, e pare abbia effetti positivi contro morbo di Parkinson, Alzheimer e tumori. Il cannabidiolo viene pagato molto bene, quindi potrebbe essere remunerativo per le aziende. Bisogna porre comunque molta attenzione alla quantità di THC per non produrre, ovviamente, canapa considerata illegale”.
“A livello produttivo la canapa è una coltura rustica che si adatta facilmente e somiglia alla coltivazione del pomodoro – ha concluso Giampaolo Grassi – Il problema sono i costi delle piantine che si trovano anche selezionate, separate dai maschi perché sono le femmine quelle produttive, ma possono arrivare a costare anche 3-4 euro ciascuna e con una densità consigliata di circa 20.000 piantine per ettaro, possiamo tranquillamente parlare di considerevoli costi di impianto. Speriamo che ci sia presto più chiarezza legislativa e una maggiore attenzione per la ricerca che andrebbe concessa alle aziende sementiere per immettere sul mercato varietà più produttive, capaci di rispondere maggiormente alle richieste di mercato”.
Cia Ferrara a Portomaggiore per la Canapa: le nuove frontiere e i punti vincenti delle lampade a led per la coltura indoor
Mirco Berti, tecnico della società C-Led (Gruppo Cefla), ha poi spiegato come un aiuto prezioso per la coltivazione della canapa e delle altre specie florovivaistiche arrivi da un innovativo uso della luce.
“Quando il sole non può attivare la fotosintesi, viene naturalmente utilizzata nelle serre la luce artificiale – ha spiegato Berti – ma non tutte le luci sono uguali. Le lampade tradizionali, da quelle a fluorescenza fino a quelle al sodio (HPS), comunemente utilizzate nel florovivaismo, hanno uno spettro statico che non individua i colori e sono solitamente concepite per la risposta dell’occhio umano non delle piante, che reagiscono alla luce nella regione dello spettro del rosso e blu”.
“Le lampade al led, invece, hanno uno spettro dinamico con lunghezze d’onda diverse che agiscono sulla clorofilla, quindi, contribuiscono al miglior sviluppo della pianta – ha sottolineato il tecnico della società C-Led – I led, inoltre, sono efficienti, durano a lungo e sono di piccole dimensioni, quindi non ombreggiano le piante. La loro efficacia è stata provata anche sulla canapa, su due installazioni sperimentali dove abbiamo ottenuto buoni risultati con la lo spettro rosso-blu per incrementare la fioritura e la dimensione fogliare”.
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