Lettera aperta di un associato di CSI-Canapa Sativa Italia: “Nascono come i funghi… ma non sono velenosi! L’inutile crociata contro la Cannabis light”
A scrivere è Mattia Cusani, uno dei tanti che hanno investito nel mondo della canapa formandone l’ossatura di oggi. È la lettera aperta di un socio CSI-Canapa Sativa Italia: “Nascono come i funghi… ma non sono velenosi! L’inutile crociata contro la cannabis light“, uno scritto che fa il punto della situazione dando l’esatta panoramica di quanto accade in questo comparto della filiera della Canapa italiana.
È un socio dell’Azienda Agricola Jure Srl (pagina Facebook), denominazione che evoca l’espressione “Fiore della Legalità” per una combinazione voluta del lemma: in dialetto sangiovannese (l’azienda ha sede a San Giovanni in Fiore – Cosenza), Jure vuol dire “Fiore”. Declinando il vocabolo latino “ius”, l’ablativo “iure” deve essere inteso “per il giusto” o per la legalità. Così il gioco è fatto, ecco il concetto di “Fiore della Legalità”.
Di seguito, la lettera tracciata da Mattia. Le frasi in colore verde e quelle solo scritte in corsivo sono link, citazioni di sentenze, interviste-dichiarazioni che Mattia concatena per evidenziare contraddizioni, asserzioni azzardate/fuorvianti, ultime posizioni dell’Alta Corte della Magistratura.
— Salve a tutti sono “un socio qualunque” dell’associazione nazionale “Canapa Sativa Italia” e faccio parte di una società di giovani imprenditori, studente di giurisprudenza nonché appassionato coltivatore di infiorescenze di canapa sativa. Sono stato colpito dall’articolo pubblicato su ZERO Milano, “Cannabis legale: da trend a fenomeno culturale, si può?” del quale riporto i seguenti brani di testo:
Perché la diffusione di tali punti vendita?
Questo fenomeno pone una questione di carattere squisitamente culturale – che oggi è anche politica – tendente ad ingenerare non solo confusione ma anche una ingiustificata campagna di demonizzazione, tutta italiana.
Grazie alla mia personale esperienza nel settore, non solo come produttore ma anche in qualità di attivista nell’Associazione, spero di riuscire a offrire una chiara lettura delle questioni relative all’attuale mercato dei fiori di Canapa Sativa L. e mettere in evidenza il valore di un mercato in crescita e ricco di potenzialità, avvalendomi dei chiarimenti espressi in una recente sentenza della Corte di Cassazione.
L’inutile crociata contro la cannabis light…
La confusione insorge quando si mescolano due fattispecie distinte, ciascuna disciplinata da leggi specifiche: la legge 242/2016 la quale reca “norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa” e la legge 309/90, che è il “testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”.
A dirimere inequivocabilmente la questione è stata la sentenza 4920 della Cassazione penale, sezione VI, emessa il 31 gennaio 2019, pubblicata sul quotidianogiuridico.it :“La cassazione ci ripensa è illegittimo il sequestro della cannabis light”, decreto che recita testualmente a pagina 5:
Infatti, nella sentenza i giudici rilevano che la cannabis light non è una droga, è un prodotto lecito e di conseguenza deve poter circolare liberamente.
Questo comporta che la percentuale dello 0,6% di THC costituisce il limite minimo al di sotto del quale i possibili effetti della cannabis non devono considerarsi psicotropi o stupefacenti secondo un significato che sia giuridicamente rilevante per il D.P.R. n° 309/1990…”
“….Dalla piena legittimità dell’uso della cannabis proveniente dalle coltivazioni lecite deriva che il suo consumo non costituisce illecito amministrativo ex art. 75….”.
(ndR: altro link al pdf della Corte di Cassazione sulla sentenza. I riferimenti di cui sopra sono da pagina 9 in poi al punto 4.2)
Alla luce delle considerazioni espresse nella sentenza, la preoccupazione manifestata dall’onorevole Politi, riportata dagli organi di stampa e, in particolare, nell’articolo citato “… Nostra priorità tutelare la salute pubblica, la Lega dichiara guerra alla “cannabis light…” ”… Già, perché il facile business… sconta un vuoto normativo di fondo” risulta assolutamente priva di fondamento oltre che fuorviante.
Allarmato da questa “dichiarazione di guerra” e allo scopo di evitare la confusione ingenerata da una certa “politica del sospetto”, vorrei argomentare sui diversi punti emersi dalle dichiarazioni dell’onorevole Politi e riportati nell’articolo citato, di cui si riporta un significativo estratto:
Bisogna che sia chiaro che la cannabis light non è una droga e non ha nulla a che fare con la “liberazione dalla morsa degli spacciatori” se non per il fatto che, al contrario, possa essere considerata un blando, lecito succedaneo e, di conseguenza, costituire un efficace deterrente al consumo di cannabis, attualmente fiorente nel mercato illegale.
Il fatto è che sia noi produttori di cannabis light che l’onorevole Politi ci proponiamo lo stesso obiettivo che è quello di tutelare la salute pubblica! Anche se, evidentemente, con un approccio totalmente diverso.
I produttori che operano in questo settore hanno deciso correttamente, fin dal dicembre 2017, di non vendere i propri prodotti ai minori di 18 anni, esercitando la facoltà di richiedere al cliente il documento a dimostrazione della maggiore età, ed impegnandosi ad effettuare, a proprie spese, decine di costosissime analisi di laboratorio per testare il prodotto prima della sua commercializzazione.
Non a caso, tutti gli associati a “Canapa Sativa Italia” si impegnano a garantire non solo un prodotto a norma di legge, ma anche privo di pesticidi, agenti patogeni, sostanze chimiche, un prodotto regolarmente tracciato e certificato, confezionato secondo normative alimentari e quindi salubre, tale da ricevere l’apprezzamento dai consumatori.
Avendo acquisito una mia personale esperienza sul campo, posso testimoniare che l’attività del coltivatore di fiori viene condotta con scrupolosa attenzione al fine di ottenere prodotti della massima qualità e a norma di legge, impegnandosi in un’attività fatta di sacrifici, rinunce e sforzi continui. Altro che business facile!
Per realizzare questi obbiettivi l’associazione è costantemente impegnata ad offrire una corretta informazione sull’argomento e, in particolare, sulla coltivazione delle infiorescenze, fattore trainante e strategico per la promozione di tutta la filiera, capace di innescare una vera e propria rivoluzione ecologica nel nostro paese, come dimostra la fioritura di 7.000 nuove aziende del settore negli ultimi due anni.
Non dimentichiamoci che, nella prima metà del Novecento, l’Italia, proprio per una serie di condizioni ambientali favorevoli, era il primo produttore mondiale di questa pianta dalle mille proprietà!
Se riuscissimo a evitare la confusione ingenerata da inutili allarmismi, grazie alla diffusione capillare di queste produzioni si potranno presto reperire, a costi accettabili, i co-prodotti del fiore di canapa quali, a titolo di esempio, la biomassa da produzione energetica, il seme alimentare iperproteico con particolari proprietà e poi la fibra bio-plastica, il materiale edile nonché tessuti di alta qualità, tutte orientate alla promozione di un nuovo mercato basato sull’economia circolare.
Entrando nel merito della questione, riportiamo un estratto dell’articolo pubblicato su “Romatoday.it” nel quale si afferma testualmente:
la legge 242/2016 che regolamenta la vendita di prodotti di canapa light consente la coltivazione della sostanza con scarso principio attivo (Thc fino a 0.6), il commercio (con Thc fino a 0.2), ma vieta anche l’utilizzo “a scopo ricreativo”. Tradotto: le infiorescenze, sulla carta, non si potrebbero fumare. La norma limita l’uso al solo “scopo ornamentale”. Un punto debole evidenziato da chi guarda con sospetto al mercato della droga “legale”, puntando a limitare il più possibile l’espansione…”.
“…E ancora, sul fronte legale, cita il “predominante orientamento giurisprudenziale” che circoscrive la “liceità della cannabis legale alla sola coltivazione…”
In merito a tali affermazioni ci sembra doveroso riportare in risposta le parole dei giudici della suprema corte:
“… L’ordinamento considera le norme incriminatrici come (tassative) eccezioni rispetto alla generale libertà di azione delle persone per cui eventuali ridimensionamenti delle loro portate normative non costituiscono eccezioni (norme eccezionali non estensibili analogicamente per il divieto posto dall’art. 14 preleggi) ma fisiologiche riespansioni (ben estensibili analogicamente) delle libertà individuali…”
In altre parole se la disciplina sugli stupefacenti è esclusa dalle fattispecie regolate dalla L. 242/2016, la quale reca “norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa”, c’è una fisiologica riespansione della libertà individuale per quanto riguarda l’uso e la libera circolazione di questi prodotti cosiddetti “light” che devono considerarsi beni leciti.
“… Dovranno, pertanto, ordinariamente provarsi le condizioni e i presupposti per la sussistenza del reato, compreso il superamento della soglia drogante e, ovviamente, la consapevolezza del consumatore: un reato ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 può configurarsi solo se si dimostra con certezza, che il principio attivo contenuto nella dose destinata allo spaccio, comunque oggetto di cessione, è di entità tale da potere concretamente produrre un effetto drogante…”
Secondo la Cassazione l’uso di cannabis light non costituisce illecito. Al contrario, incalza l’articolo su Romatoday.it:
Tali affermazioni, se riferite alla cannabis light , possono solo ingenerare pericolosi (e inutili) fraintendimenti.
Deve essere ben chiaro che la Cannabis “light” con un contenuto irrisorio dello 0,6% di THC, a differenza delle varietà psicoattive che arrivano anche oltre il 30%, non può essere considerata una droga, tantomeno un farmaco, perché non possiede effetti di tipo “drogante”, né proprietà “farmacologiche”.
Pertanto è necessario non generare equivoci.
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